Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15992 del 07/07/2010

Cassazione civile sez. III, 07/07/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 07/07/2010), n.15992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ENTE OPERE RIUNITE E CRISCIONE LUPIS E ASILO BOSCARINO E FAMIGLIE

(OMISSIS) in persona del Commissario straordinario DOTT.

L.B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE B. RUOZZI 1.9,

presso lo studio dell’avvocato GRIMALDI PAOLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SCHININA’ GIAMBATTISTA con studio in 97100

RAGUSA, VIA V.E. ORLANDO 5 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SFATA GIORGIA & C. SAS (OMISSIS) in persona de socio

accomandatario e amministratore pro tempore Sig.ra S.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, CSC) VITTORIO EMANUELE 326,

presso lo studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO RENATO, rappresentata e

difesa dagli avvocati DISTEFANO GIOVANNI, DISTEFANO CARMEILO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 566/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, li

SEZIONE CIVILE, emessa il 6/6/2005, R.G.N. 592/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2010 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel l’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

“Con ricorso depositato il 3.4.2004, l’ente Opere Pie Riunite “E Cristiane Lapis e Asilo C. Boscarino e Famiglie”, con sede in (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, conveniva, dinanzi a questa Corte, la società “Spata Giorgia e C. S.a.s. “, con sede in (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, proponendo appello avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa del 10.2.2003, la quale aveva rigettato le domande con le quali l’ente Opere Pie aveva chiesto la condanna della suddetta società al rilascio in suo favore del terreno concessole in locazione nonchè al risarcimento dei danni e, in parziale accoglimento delle domande riconvenzionali proposte dalla Spata S.a.s., aveva dichiarato che la prima scadenza del contratto di locazione era quella del (OMISSIS) (salva la rinnovazione per un seiennio in assenza di valido e tempestivo diniego) e che la ditta resistente aveva diritto alla corresponsione della indennità per la perdita dell’avviamento “secondo forme e modalità di legge”; aveva infine compensato tra le parti un terzo delle spese del giudizio, condannando l’ente ricorrente a rifondere la restante parte di tali spese alla convenuta.

Formulando vari motivi di impugnazione, l’appellante chiedeva che la Corte di Appello, in riforma della impugnata sentenza, dichiarasse che il rapporto di locazione tra le parti era cessato a far data dal (OMISSIS) e, comunque, dal (OMISSIS); dichiarasse in ogni caso risolto il contratto di locazione per grave inadempimento della società conduttrice; in subordine, dichiarasse il detto contratto cessato alla data del (OMISSIS) e non suscettibile di rinnovazione e, in ulteriore subordine, per avere l’ente locatore negato la rinnovazione ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 29; condannasse la società convenuta ai rilascio dell’immobile locato e al risarcimento dei danni; dichiarasse in ogni caso che nulla spettava alla società convenuta per indennità di avviamento e, in subordine, desse atto della offerta, nella misura di legge e salvo conguaglio, della indennità di avviamento che eventualmente fosse riconosciuta alla conduttrice; condannasse infine quest’ultima a rifondergli le spese dei due gradi del giudizio. Costituitosi il contraddittorio, la società “Spata Giorgia e C S.a.s. con sede in (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, resisteva all’impugnazione proposta nei suoi confronti, chiedendone il rigetto, con la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell’appellante alla rifusione, in suo favore, delle spese del nuovo grado del giudizio.

All’udienza del 6.6.2005, dopo la discussione, la Corte pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo”.

Con sentenza 6,6 – 4.10.05 la Corte di Appello di Catania provvedeva come segue:

“… definitivamente pronunziando, rigetta l’appello proposto dall’Ente Opere Pie Riunite “E. Criscione Lupis e Asilo C. Buscarino e Famiglie”, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, nei confronti della società “Spata Giorgia e C. S.a.s. “, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa del 10.2.2003, che – per l’effetto – conferma; condanna l’appellante a rifondere all’appellata le spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.253,00 (di cui € 753,00 per competenze ed Euro 1.500,00 per onorari), oltre alle spese generali nella misura di legge ….”.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la parte locatrice esponendo tre motivi.

Ha resistito con controricorso la “Spata Giorgia C. sas”.

L’Ente Opere Pie Riunite E. Criscione Lupis C. Boscarino e F.C. Moltisanti ha depositato comparsa di costituzione di nuovo difensore che deve ritenersi valida quanto alla nuova elezione di domicilio (c/o avv. Paolo Grimaldi via Bruno Buozzi 19 Roma) ma invalida quanto alla nomina del nuovo difensore avv. Angelo Sala (“… oltre …” – v. alla quintultima riga della prima facciata – all’avv. G. Schininà) in quanto trattasi di procura in calce all’atto predetto (con firma autenticata dall’avv. Angelo Sala stesso) e quindi irrituale (eri”. Cass. Ordinanza n. 7241 del 26/03/2010: “Nel giudizio di cassazione, il nuovo testo dell’art. 83 cod. proc. civ., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2”).

Detta parte controricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il controricorso, contrariamente a quanto assume la parte ricorrente nella sua memoria, deve ritenersi depositato nel termine di legge (va considerata la data emergente dal plico postale).

La parte ricorrente, con il primo motivo, denuncia: “Violazione e falsa applicazione L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, e successive modifiche ed integrazioni; artt. 1362 e ss., artt. 1418 e 1463 cod. civ.; artt. 1453 e 1455 cod. civ.;

Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5” prospettando doglianze da riassumere nel modo seguente.

Il Giudice dell’appello ha confermato la nullità della clausola in questione (con la quale, nella ipotesi di rilascio all’ente locatore della concessione edilizia richiesta per la edificazione nell’area locata, si faceva obbligo alla Spata s.a.s. di rilasciare il suolo locato e di trasferire l’impianto nell’altra area indicata in contratto e posta dall’ente nella disponibilità della conduttrice) per violazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, non già però, per come si era ritenuto dal primo decidente per la “… incertezza circa la individuazione dell’area alternativa su cui trasferire il rapporto di locazione ..”, a causa della quale si era impedito alla conduttrice di potere richiedere l’autorizzazione ai trasferimento dell’impianto, ma, piuttosto, per non avere subordinato le parti “… l’obbligo del conduttore di rilasciare il terreno locato all’ottenimento di autorizzazione a trasferire l’attività di distribuzione del carburante sulla nuova area individuata dalle parti”.

L’impugnato capo della decisione appare viziato sotto diversi profili:

– in quanto contraddice quanto in precedenza affermato, in sentenza, dalla stessa Corte, sulla non rilevanza, nell’economia del dedotto rapporto locativo, della disciplina amministrativa;

– per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., per avere, la Corte, assegnato, alla cennata clausola, un contenuto diverso da quello suo proprio;

– per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, artt. 1418 e 1463 cod. civ., artt. 1453 e 1455 cod. civ., non sussistendo nessuna violazione dell’art. 27 cit., atteso che l’eventuale mancato rilascio della autorizzazione al trasferimento dell’impianto, se mai richiesta dalla società conduttrice, avrebbe potuto comportare, tutt’al più, la risoluzione della cennata clausola per impossibilità sopravvenuta della prestazione;

– per violazione e falsa applicazione artt. 1453 e 1455 cod. civ., poichè la società conduttrice, sulla quale ricadeva il relativo onere, non aveva dato prova di avere richiesto la autorizzazione al trasferimento.

Le doglianze ora riassunte e le ulteriori non potute citare per brevità non possono essere accolte in quanto i vizi denunciati non sussistono. Si è infatti di fronte ad una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.

In particolare appare preliminare procedere ad un’esatta interpretazione dell’impugnata decisione.

Non è esatto che la Corte di merito non ha condiviso le argomentazioni del Tribunale. Detto Giudice di secondo grado ha infatti pienamente confermato quanto rilevato nell’impugnata sentenza di primo grado, limitandosi ad aggiungere ulteriori considerazioni (come si evince chiaramente da tutte le argomentazioni sul punto ed, in particolare, da quanto esposto nell’ultimo periodo di pag. 6 della sentenza; e nel primo periodo di pag. 7). Quanto al riferimento all’ottenimento di autorizzazione amministrativa per il trasferimento dell’impianto, se si considera tale punto insieme al contesto, ben si intende che la Corte ha semplicemente voluto ribadire che le clausole in questione del contratto non sono valide (ex art. 79 L. cit.) in quanto non hanno subordinato l’obbligo del conduttore di rilasciare il terreno alla messa a disposizione di tale parte di una idonea area alternativa, in modo conforme alla disciplina legislativa (ex L. n. 392 del 1978) in questione (e cioè ad una messa a disposizione realmente e pienamente utilizzabile in quanto concreta ed effettiva in fatto; e integralmente conforme al diritto, anche dal punto di vista amministrativo); ed ha quindi correttamente concluso che di conseguenza dette clausole violano il diritto del conduttore a godere della locazione per il periodo previsto dal legislatore.

Una volta chiarito ciò appare ancor più chiaro che si è di fronte ad una motivazione che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto sufficiente, logica, non contraddittoria ed impeccabile pure dal punto di vista giuridico.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione L. n. 392 del 978 cit., art. 36 e art. 1406 cod. civ.; artt. 1453, 1455 c.c., ed art. 1594 cod. civ.; art. 324 c.p.c.; artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.; Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. L’Ente aveva lamentato che il Tribunale di Ragusa non avesse dichiarato risolto il cennato contratto di locazione per l’inadempimento in cui era incorsa la conduttrice, anche, in quanto l’intervenuta stipula del “contratto di comodato e fornitura”, intercorso tra la conduttrice e la ditta Dipasquale, integrava una cessione del contratto di locazione in palese violazione dell’art. 1406 cod. civ. e dell’art. 8, di contratto che faceva divieto di sublocazione anche parziale del suolo. La Corte ha rigettato la censure ritenendo che il rapporto di comodato aveva riguardato le sole attrezzature e gli impianti per la distribuzione del carburante e non anche il terreno locato, così che non poteva configurarsi alcun inadempimento a carico della conduttrice, non rivestendo, a dire della Corte, l’intervenuto comodato nessuna rilevanza nell’economia del rapporto.

Anche detto capo di decisione è viziato:

– per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 36 ed art. 1406 cod. civ.; poichè la mancata comunicazione del convenuto comodato vale, da sola, ad integrare l’inadempimento della conduttrice; non può configurarsi un utilizzo delle attrezzature e degli impianti separatamente dall’area sulla quale gli stessi ricadono, costituendo gli uni e l’altra beni funzionalmente inscindibili, e quindi è da ritenere, una volta escluso dalla Corte che il comodato abbia riguardato l’area locata e restando la stessa necessariamente asservita alla attività del comodatario, che il predetto suolo sia stato comunque ceduto al comodatario ad altro titolo, di natura onerosa e che, pertanto, io stesso, inevitabilmente, abbia formato oggetto di sublocazione e comunque di cessione a terzi, in palese violazione delle richiamate norme ;

– per violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 112 c.p.c.; poichè la Corte, nell’escludere che il rapporto di comodato avesse riguardato anche l’area locata, ha finito con il riformare la sentenza del primo giudice il quale, con decisione sul punto passata in cosa giudicata, per non avere formato oggetto di censura da nessuna delle parti, aveva accertato che il contratto di comodato aveva riguardato anche il suolo oggetto di locazione;

– per violazione e falsa applicazione del cit. art. 324 c.p.c.: essendosi formato giudicato sul punto, la Corte non poteva rimettere in discussione la sussistenza dell’inadempimento in capo alla conduttrice; il comodato non era opponibile all’Ente locatore perchè mai allo stesso comunicato e perchè neppure rispondente allo schema tipo di legge, essendosi convenuta tra i contraenti una durata di anni sette, inferiore a quella novennale normativamente imposta ed espressamente prevista al p. 6 dell’Allegato al Decreto Ass.le n. 432 del 19.03.1998 non operando la minore durata prevista dal D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, non applicabile nella Regione Sicilia, nonchè, con causa illecita, per integrare, lo stesso, seppure redatto nelle apparenti forme del contratto di comodato, un vero e proprio contratto di sublocazione; in ogni caso, la Corte avrebbe dovuto provvedere sulla richiesta di esibizione avanzata dall’appellante e pronunciare sulla stessa.

Il motivo non può essere accolto in quanto i vizi denunciati non sussistono.

Va premesso che sono inammissibili le censure riguardanti la sentenza di primo grado e non quella di secondo grado.

Con riferimento a quest’ultima va rilevato anzitutto che la Corte d’Appello ha chiaramente, pur se implicitamente, ritenuto che, sulla base delle contrapposte tesi difensive di entrambe le parti in appello, anche i punti in questione (e dunque, tra l’altro, l’individuazione dell’oggetto de comodato e la sussistenza dell’inadempimento della parte conduttrice) dovevano ritenersi facenti ritualmente parte della materia processuale de giudizio di appello, e non sussisteva dunque il giudicato con riferimento ad alcuni di detti punti; di fronte a tale assunto la parte ricorrente si è limitata a contestazioni sostanzialmente apodittiche (poichè in violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso, applicabile pure in materia processuale., ha omesso di riportare ritualmente i brani di tutti gli atti processuali che dovrebbero sorreggere il suo assunto) e quindi inammissibili, prima ancora che prive di pregio (in quanto comunque oggettivamente incapaci di evidenziare la sussistenza dei vizi denunciati).

La tesi secondo la quale il rapporto di comodato non era opponibile all’Ente locatore;perchè mai allo stesso comunicato e perchè neppure rispondente allo schema tipo di legge è inammissibile poichè non è stata considerata nell’impugnata decisione, quindi la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare ritualmente se ed in quale atto, nonchè (per il principio di autosufficienza del ricorso; cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 7767 del 29/03/2007; Cass. Sentenza n. 6807 del 21/03/2007; Cass. Sentenza n. 15952 del 17/07/2007) in che termini, le tesi medesime erano state sottoposte al giudizio del Giudice di secondo grado (cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 20518 del 28/07/2008; “Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa”, cfr. anche Cass. N. 14590 del 2005). Anche la doglianza circa la richiesta di esibizione è inammissibile in quanto generica (il supporto argomentativo non è esauriente, specie in ordine al contenuto ed alla rilevanza dell’oggetto della richiesta) ed inoltre in quanto non viene riportato l’esatto contenuto della richiesta medesima come a suo tempo esposta (violando il principio di autosufficienza del ricorso).

Le doglianze residue sono prive di pregio, infatti si è di fronte ad una motivazione che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto sufficiente, logica, non contraddittoria ed impeccabile pure dal punto di vista giuridico.

Con il terzo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione artt. 115 e 116 c.p.c.; artt. 1230 e ss. cod. civ.; L. n. 392 del 1978, artt. 27 e 28 cit.; Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente.

La Corte, malamente interpretando gli atti processuali, ha escluso che il contratto del (OMISSIS), in questione, costituisse prosecuzione del precedente contratto corrente tra le stesse parti, quando, invece, lo stesso, per come, peraltro, si da atto dalla resistente nei propri scritti (così, nel giudizio di primo grado alla pag. 2 nella memoria di costituzione ed alla pag. 1 della memoria conclusionale), era intervenuto “in continuazione del rapporto d’affitto Pluchino” rapporto nel quale la Spata s.a.s. era subentrata a seguito dell’atto di transazione del 16.01.1997, Di detto precedente rapporto, le parti, la Spata s.a.s. e l’Ente Opere Pie, con il successivo, richiamato accordo del (OMISSIS), si erano limitate a modificare il canone ed il termine di scadenza, modifiche inidonee a configurare una ipotesi di novazione del rapporto; mentre nulla è dato sapere dei diversi patti, richiamati in sentenza e che sarebbero intervenuti tra le parti, non essendosi chiarito ove i due contratti divergono e quali siano i patti che, contenuti nell’uno, non si ritrovano nell’altro. Dalla ricostruzione offerta dalla Corte si desume, inoltre, che dalla cessazione del rapporto con la ditta Pluchino alla stipula del contratto del (OMISSIS) con la Spata s.a.s., vi sia stato un periodo di vacatio, per essere cessato “il rapporto di locazione con la ditta Pluchino già prima della stipulazione del contratto del (OMISSIS), con la conseguenza che non è ipotizzabile nessuna prosecuzione dell’originario apporto “quando, invece, è documentato in atti che in data 16.01.1997 la ditta Spata s.a.s. ebbe a subentrare nel contratto del Pluchino e che detto rapporto ebbe a proseguire con la stessa senza soluzione di continuità sino alla data del (OMISSIS) alla cui data risale il contratto in oggetto.

Il motivo è privo di pregio, infatti la Corte di merito ha esposto una motivazione basata su valutazioni tipicamente di merito, che si sottraggono ai sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati.

A proposito dell’inidoneità delle censure ad inficiare in modo convincente detta motivazione va rilevato in particolare che l’espressione “… continuazione …” (nel comune linguaggio giuridico-commerciale) non equivale (sempre e necessariamente) all’espressione “…prosecuzione.” (nel senso in questione), ed è quindi compatibile con l’eventualità di una mera successione cronologica di un rapporto locativo ad un precedente e diverso rapporto locativo (con o senza intervallo cronologico intermedio).

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

La particolare complessità e singolarità in fatto della fattispecie autorizza a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2010

 

 

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