Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15992 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 01/08/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 01/08/2016), n.15992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1856-2012 proposto da:

F.R.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato BRUNO

TAVERNITI, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE DE SIMONE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.B.N., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA A. POLLAIOLO 5, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI CESARE,

rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA RICCIARDI, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 545/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/07/2011 R.G.N. 718/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienze del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato DE SIMONE SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 545/2011, depositata il 6 luglio 2011, la Corte di appello di L’Aquila respingeva il gravame di F.R. avverso la sentenza del Tribunale di Vasto che, in accoglimento del ricorso di D.B.N., lo aveva condannato al pagamento della somma di Euro 17.036,56 per differenze retributive derivanti dall’attività svolta da quest’ultimo nel periodo dall’1 giugno 2000 al 6 giugno 2002.

La Corte di appello riteneva, come già il primo giudice, che il lavoratore avesse dato prova del fatto che il rapporto era iniziato nel giugno 2000 e non – come sostenuto dal datore di lavoro – nel marzo 2001, quando il rapporto era stato regolarizzato; rilevava poi come l’appellante non avesse preso posizione sui conteggi prodotti dal D.B., anche per ciò che riguardava le differenze retributive reclamate per il periodo in cui era stato messo in regola, esprimendo, sul punto, come motivo d’appello, il difetto di prova circa la prestazione di lavoro straordinario, che peraltro non aveva formato oggetto di domanda.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il F. con due motivi, illustrati da memoria; il D.B. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, deducendo violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, il ricorrente censura la sentenza di secondo grado nella parte in cui la Corte ha ritenuto la inidoneità della documentazione offerta dal datore di lavoro (contratto in data 12/3/2001 e buste paga sottoscritte dal lavoratore “per ricevuta e quietanza”) a dimostrare l’effettiva durata del rapporto e la corrispondenza tra le somme ricevute e l’ammontare risultante dai prospetti.

In particolare, secondo il ricorrente, le buste paga prodotte, in quanto sottoscritte anche per quietanza, costituirebbero una presunzione semplice (di corrispondenza della retribuzione percepita rispetto all’importo dalle stesse risultante) suscettibile di prova contraria da parte del lavoratore, prova che peraltro quest’ultimo non aveva fornito.

1.2. Inoltre, il ricorrente denuncia con lo stesso mezzo l’insufficienza della motivazione a giustificare la decisione assunta, là dove la sentenza ha escluso apoditticamente l’idoneità della prova documentale offerta, senza valutare l’inesistenza di alcuna prova diversa e/o contraria da parte del lavoratore.

2. Con il secondo motivo, denunciando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta la mancata ammissione, senza alcuna motivazione, di una consulenza tecnica diretta alla quantificazione degli importi dovuti al lavoratore, nonostante che la relativa istanza fosse stata già dal D.B. proposta nel giudizio di primo grado e in seguito ripresa dall’appellante.

3. I motivi proposti possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi.

4. Ciò premesso, il ricorso deve ritenersi fondato, per le ragioni e nei limiti di cui infra.

5. La sentenza impugnata si sottrae alle censure che le vengono mosse nella parte in cui ha accertato la decorrenza effettiva del rapporto di lavoro dal giugno 2000, anzichè dal marzo 2001, e ciò, superando il dato formale risultante dal contratto e dalle buste paga, mediante il richiamo alla deposizione di uno dei testi escussi, il quale ha riferito che il D.B. aveva lavorato, insieme con il F., tra il (OMISSIS).

Nel pervenire a tale accertamento la Corte ha invero fatto applicazione del consolidato principio, secondo il quale la forma del contratto di lavoro è generalmente libera, non essendo per esso previste particolari modalità di manifestazione del consenso; con la conseguenza che, rilevando anche le forme tacite di manifestazione del consenso e, in particolare, il comportamento concludente posto in essere dalle parti, assume valore preminente, rispetto alla manifestazione formale della loro volontà, il comportamento di attuazione consistente nell’esecuzione della prestazione.

Ed è egualmente consolidato l’orientamento di questa Corte, per il quale la deduzione di un vizio di motivazione (nella formulazione previgente alla modifica introdotta nel 2012) attribuisce al giudice di legittimità il potere di sottoporre a controllo il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, spettando in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere dal complesso delle risultanze del processo quelle ritenute più Idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr., fra le molte, Cass. 18 marzo 2011 n. 6288).

6. La motivazione della sentenza impugnata risulta invece del tutto carente nella parte relativa alla determinazione dell’ammontare delle differenze retributive rivendicate dal lavoratore.

Essa, infatti, muovendo da una lettura del motivo di appello che non trova riscontro nelle effettive ragioni di gravame (quali emergono dalle sintesi compiute nel presente ricorso a pag. 3 e nel controricorso a pag. 5), trascura totalmente di considerare la produzione delle buste paga da parte del datore dì lavoro, recanti la sottoscrizione del lavoratore “per ricevuta e quietanza”, posto che il richiamo, che alle stesse viene fatto nel passaggio precedente, è da intendersi confinato (pur nell’ambito di un percorso motivazionale esente, per quanto rilevato, da vizi logici e giuridici) alla loro inidoneità, unitamente al contratto individuale, a dimostrare la decorrenza effettiva, e non solo formale, del rapporto di lavoro dal mese di marzo 2001.

7. La sentenza deve conseguentemente essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, la quale procederà: (a) a esaminare le buste paga prodotte dal datore di lavoro per il periodo marzo 2001 – giugno 2002; (b) a valutarne la rilevanza probatoria, previa applicazione (in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1324 c.c.) delle disposizioni in materia di interpretazione dei contratti, in particolare stabilendo, all’esito di tale indagine (da condursi non sulla base esclusiva dell’elemento letterale ma con ricorso anche agli altri criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e ss.), quali siano le implicazioni della sottoscrizione “per ricevuta e quietanza”, sia sul piano dell’effettivo pagamento dell’importo risultante dalla busta paga, sia sul piano dell’idoneità dell’atto a determinare eventuali effetti abdicativi; (c) a disporre, ove ritenuto necessario, consulenza tecnica contabile volta ad accertare la corrispondenza delle somme complessivamente percepite ai minimi tariffari previsti dalla contrattazione collettiva.

PQM

la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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