Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15991 del 11/07/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15991 Anno 2014
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso 7643-2011 proposto da:
DE ROCCO LUCIA DRCLCU54L50D762T, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA EURIALO 91, presso lo studio
dell’avvocato DARIA DELL’AQUILA, rappresentata e difesa
dall’avvocato DELL’AQUILA GIUSEPPE giusta procura in calce al
ricorso;

– ricorrente contro
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA, – Società con unico socio
soggetta a direzione e coordinamento di Enel Spa, in persona del suo
procuratore, nella duplice qualità di procuratrice di ENEL

Data pubblicazione: 11/07/2014

DISTRIBUZIONE SPA, ed in proprio quale beneficiaria del ramo di
azienda trasferitogli da ENEL DISTRIBUZIONE SPA elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 42, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE LAGOTETA, che la rappresenta e difende
giusta procura a margine del controricorso;

avverso la sentenza n. 889/2010 del TRIBUNALE di LAMEZIA
TERME del 22/07/2010, depositata il 10/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’08/05/2014 dal Presidente Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI.

1r-

Ric. 2011 n. 07643 sez. M3 – ud. 08-05-2014
-2-

– controricorrente –

..

7643/2011

FATTO E DIRITTO
Con sentenza depositata il 10.8.2010 il Tribunale di Lamezia
Terme accolse l’appello proposto da Enel Distribuzione S.p.A.
avverso la sentenza del Giudice di Pace che l’aveva

inadempimento del contratto di somministrazione di energia
elettrica, e rigettò la domanda.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi Lucia De Rocco.
Resiste con controricorso Enel Servizio Elettrico s.p.a.,
nella qualità di procuratore speciale di Enel Distribuzione
S.p.A. nonché Enel Servizio Elettrico s.p.a., quale
beneficiaria di ramo di azienda di Enel Distribuzione spa.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o
falsa applicazione di norme di diritto, ovverosia dell’art.
342 c.p.c., comma l, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma
l, n.3.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, ovverosia dell’art. 342
c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma l,
n.3.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, ovverosia degli artt. l e
2, comma 12, lett. h, e comma 37 D.L. n. 163/1995, 1196 c.c.,
1339 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..

3

condannata a risarcire a Lucia De Rocco il danno da

7643/2011

I primi tre motivi, intimamente connessi, sono esaminati
congiuntamente.
Essi non sono fondati.
Le censure proposte con l’atto di appello dall’odierna
thema decidendum riguardando,

sotto diversi profili, il potere regolamentare dell’Autorità
per l’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G.) di incidere sui
contratti individuali di somministrazione di energia
elettrica.
Questa Corte si è già pronunciata, in svariate occasioni, sui
temi oggetto di tali motivi affermando che:

Il potere

normativo secondario (o, altrimenti, il potere di emanazione
di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità
per l’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G.) al sensi
dell’art. 2, comma 12, lett. h), della legge 14 novembre
1995, n. 481, si può concretare anche nella previsione di
prescrizioni specifiche, che non lascino al destinatario
margini di scelta sul “quando” e sul “quomodo”, le quali,
tramite l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al
comma 37 dello stesso art. 2 citato, possono in via riflessa
integrare, al sensi dell’art. 1339 cod. civ., il contenuto
dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in via
derogatoria delle norme di legge, ma alla duplice condizione
che queste ultime siano meramente dispositive – e, dunque,
derogabili dalle stesse parti e che la deroga venga

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resiste rientrano appieno nel

7643/2011

comunque

fatta

dall’Autorità

a

tutela

dell’interesse

dell’utente o consumatore, restando invece esclusa – salvo
che una previsione speciale di legge o di una fonte
comunitaria ad efficacia diretta non la consenta – la deroga

di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore
(Cass. 21.2.2013 n. 4395; Cass. ord. 7.2.2012 n. 1734; Cass.
12.12.2011 n. 26610; Cass. 27.7.2011 n. 16401).
Concludendo che

la prescrizione dell’art. 6, comma 4, della

deliberazione dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999 non ha comportato
la modifica o integrazione del regolamento di servizio del
settore esistente all’epoca della sua adozione e, di
riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza al sensi
dell’art. 1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità
per inadempimento contrattuale esercitata dalla parte attrice
risulta priva di fondamento, perché basata su una clausola
contrattuale inesistente, perché non risultava introdotta nel
contratto di utenza.
La giurisprudenza così formatasi è pienamente condivisibile
ed i principi enunciati possono essere posti alla base della
presente decisione di rigetto dei primi tre motivi.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, ovverosia dell’art. 92,
comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1,
n. 3.

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a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme

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Il motivo è inammissibile.
In tema di compensazione delle spese processuali ex art. 92
c.p.c.„ poiché il sindacato della Corte di cassazione è
limitato ad accertare che non risulti violato il principio

della parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel
potere discrezionale del giudice di merito la valutazione
dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese
di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia
nell’ipotesi di concorso di altre giuste ragioni, senza che
la relativa statuizione sia censurabile in cassazione, poiché
il riferimento a “giusti motivi” di compensazione denota che
il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo
complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai
punti della controversia (fra le tante Cass.6.10.2011 n.
20457; v. anche S.U. 22.2.2012 n. 2572).
Nella specie, peraltro, il giudice del merito non ha ritenuto
di compensare fra le parti le spese giudiziali ponendole – in
virtù del principio della soccombenza – a carico dell’odierna
ricorrente.
Una tale statuizione, ancorata correttamente alla soccombenza
in entrambi i gradi di merito, non è censurabile in questa
sede.
Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

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secondo il quale le spese non possono essere poste a carico

7643/2011

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in
dispositivo, sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al

giudizio di cassazione, liquidate in euro seicento, di cui
euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori
di legge.
Così deciso in Roma, il giorno 8 maggio 2014, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile – 3 della Corte suprema
di cassazione.

pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese del

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