Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15990 del 25/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15990 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 19219-2007 proposto da:
BECHI GENZANO RICCARDO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio
dell’avvocato SANCI EDOARDA, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati GIALLONGO NATALE,
SEBASTIANI SEBASTIANO;
– ricorrente contro

PANELLI

UGO

PNLGU030A11F839J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, presso
lo

studio

dell’avvocato

FIDENZIO

SERGIO,

Data pubblicazione: 25/06/2013

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

OLIVIER’

GIUSEPPE;
DI PALO CARMELA, GENZANO PAOLO, CUOMO GIUSEPPE,
GENZANO GIANLUIGI, CUOMO EMILIA, DANISI OSLAVIA,
GENZANO ELVIRA, GENZANO MARIA CRISTINA, elettivamente

dell’avvocato CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e
difesi dall’avvocato CACACE FELICE;
– controri correnti nonchè contro

GENZANO CHIARA;
– intimata –

avverso la sentenza n.

2231/2006 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato OLIVIERI Giuseppe personalmente e
con delega per l’Avvocato CACACE Felice, difensori
dei rispettivi resistenti che hanno chiesto il
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del 1 0 motivo, accoglimento dei restanti
motivi di ricorso.

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso lo studio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24-25 e 26 10-1983 Riccardo Bechi Genzano assumeva:

– con testamento olografo del 18-3-1960 Luigi Genzano aveva riconosciuto l’esponente suo

all’anagrafe egli risultava essere figlio legittimo dei coniugi Pia Bechi ed Agostino Formichi:

con successivo testamento del 13-7-1965 Luigi Genzano aveva revocato ogni altra sua
precedente disposizione di ultima volontà ed aveva lasciato l’intero suo patrimonio alla
moglie Maria Cuomo;

in data 14-7-1965 era deceduto Luigi Genzano;

con testamento olografo del 26-10-1965 Maria Cuomo aveva lasciato il suo patrimonio al
fratello Arnoldo ed ai cognati Mario Genzano e Chiara Genzano nonché il legato di un
appartamento ad Ugo Panelli;

– Maria Cuomo era deceduta il 16-6-1966;

con sentenza n. 1463/1980 il Tribunale di Firenze aveva escluso il suo stato di figlio
legittimo di Agostino Formichi.

Tanto premesso l’attore conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Oslavia Danisi, Emilia
Cuomo e Giuseppe Cuomo (eredi di Arnoldo Cuomo nel frattempo deceduto), Mario Genzano e
Chiara Genzano nonché Ugo Panelli chiedendo dichiararsi il suo stato di figlio legittimo o
comunque legittimarlo avente diritto alla quota di riserva.

I convenuti si costituivano in giudizio e si opponevano alla domanda formulando diverse eccezioni.

A seguito del decesso di Mario Genzano si costituivano in giudizio i suoi eredi Carmela Di Palo ed i
figli Elvira Genzano, Gianluigi Genzano, Maria Cristina Genzano e Paolo Genzano.

i

figlio naturale nato da una relazione con Pia Bechi:

Con sentenza non definitiva del 17-2/22-7-1993 il Tribunale di Napoli accertava la validità del
riconoscimento contenuto nel testamento del 1960 e conseguentemente dichiarava che l’attore
era figlio naturale di Luigi Genzano, rigettava la domanda volta ad ottenere la revoca delle
disposizioni contenute nel successivo testamento del 13-7-1965 e disponeva la prosecuzione del

e lesive della quota di legittima spettante all’attore sull’eredità lasciata dal padre.

A seguito della impugnazione di tale sentenza il Tribunale disponeva la sospensione del processo
in attesa della definizione della questione pregiudiziale di stato.

Tanto la Corte di Appello che la Corte di Cassazione confermavano la sentenza non definitiva.

Cessata la causa di sospensione, il Tribunale con sentenza del 7-10-2002 rigettava la domanda di
riduzione, ritenendo che l’attore avrebbe potuto vantare diritti sulla successione del padre
soltanto se nei tre anni dalla apertura della successione stessa avesse fatto valere le sue ragioni sui
beni ereditari.

Proposto gravame da parte del Bechi Genzano cui resistevano Emilia Cuomo, Giuseppe Cuomo,
Oslavia Danisi, Chiara Genzano, Carmela Di Palo, Elvira Genzano, Gianluigi Genzano, Maria Cristina

Genzano e Paolo Genzano da un lato ed il Panelli dall’altro la Corte di Appello di Napoli con
sentenza del 28-6-2006 ha rigettato l’impugnazione.

Avverso tale sentenza il Bechi Benzano ha proposto un ricorso articolato in quattro motivi cui
Emilia Cuomo, Giuseppe Cuomo, Oslavia Danisi, Carmela Di Palo, Elvira Genzano, Gianluigi
Genzano, Maria Cristina Genzano e Paolo Genzano da un lato ed il Panelli dall’altro hanno resistito
con separati controricorsi; tutte le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
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giudizio in ordine alla domanda di riduzione delle disposizioni contenute nel testamento del 1965

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., premesso
che il Tribunale di Napoli con la sentenza del 22-7-1993, dopo aver dichiarato che l’esponente era
figlio di Luigi Genzano, aveva disposto la rimessione della causa sul ruolo al fine della necessaria
istruzione della domanda subordinata di riduzione nei confronti degli eredi di Luigi Genzano,

giudicato della accertata sussistenza del diritto del Bechi Genzano ad ottenere la riduzione
dell’eredità di Luigi Genzano in qualità di erede necessario a seguito del riconoscimento del suo

“status” di figlio del “de cuius”; erroneamente pertanto la sentenza impugnata ha svolto una
delibazione sulla ammissibilità della domanda di riduzione.

La censura è infondata.

Con la sentenza non definitiva del 22-7-1993 il Tribunale di Napoli si era limitato ad accertare la
veridicità del riconoscimento contenuto nel testamento del 1960, a dichiarare che l’attore era
figlio naturale di Luigi Genzano ed a rigettare la domanda volta ad ottenere la revoca delle
disposizioni contenute nel testamento del 13-7-1965, disponendo con separata ordinanza la
prosecuzione del giudizio in ordine alla domanda di riduzione delle disposizioni contenute nel
suddetto testamento e lesive della quota di legittima spettante all’attore sull’eredità lasciata dal
padre; pertanto le questioni relative alla ammissibilità ed alla fondatezza o meno della suddetta
domanda non hanno costituito oggetto di alcuna statuizione da parte della richiamata sentenza
non definitiva, cosicché correttamente la sentenza impugnata si è pronunciata al riguardo.

Con il secondo motivo il Bechi Genzano, denunciando violazione degli artt. 230 terzo comma L n.
151/1975-253-2967 e 2935 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che Pia Bechi,
quale curatrice di Riccardo Bechi, onde non incorrere nella decadenza prevista dal menzionato art.
230 terzo comma, avrebbe dovuto promuovere, entro tre anni dall’apertura della successione del
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sostiene che la mancata impugnazione di tale statuizione aveva determinato il passaggio in

padre naturale (quindi entro il luglio del 1968, essendo il Genzano deceduto il 14-7-1965)
un’azione giudiziale nei confronti degli eredi volta al riconoscimento delle pretese ereditarie del
figlio.

Il ricorrente rileva in senso contrario che il divieto sancito dall’art. 253 c.c. (secondo cui “in nessun

la persona si trova”) era un elemento ostativo al riconoscimento, che impediva alla madre del
Bechi, fino a quando quest’ultimo aveva lo “status” di figlio legittimo del Formichi, di promuovere
l’azione di riconoscimento nei confronti del Genzano ed avanzare le conseguenti pretese sulla
relativa eredità; considerato che ai sensi dell’art. 2935 c.c. la prescrizione comincia a decorrere dal
giorno in cui il diritto può essere fatto valere, i diritti dell’esponente avrebbero potuto essere fatti

caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui

I

i

valere solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Firenze n.
1463/1980 che aveva escluso lo stato di figlio legittimo di Agostino Formichi (quindi il 15-9-1981,
esattamente un anno e 45 giorni dopo la pubblicazione della sentenza avvenuta in data 30-61980); pertanto l’assunto che il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione in questione fosse
decorso nonostante il diritto non fosse in concreto tutelabile costituisce una ingiustificata ed
irragionevole compressione del diritto di azione del comparente.

Con il terzo motivo il Bechi Genzano, deducendo violazione del combinato disposto degli artt. 230
terzo comma L. n. 151/1975 e 2909 c.c. e del combinato disposto degli artt. 230 citato e 274 c.c.
prima della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale del 102-2006 n. 50, assume che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che, anche a voler
accedere alla tesi del ricorrente, la domanda non avrebbe potuto essere accolta essendo
comunque decorso il termine triennale di cui all’art. 230 terzo comma sopra menzionato anche
dalla data di deposito della sentenza del Tribunale di Firenze del 30-6-1980 che aveva escluso lo

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stato di figlio legittimo del Bechi, posto che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo
grado della presente controversia era stato notificato il 24-10-1983.

Anzitutto soltanto l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni
effetto tra le parti, gli eredi e gli aventi causa, cosicché solo con il passaggio in giudicato della

c.c.; inoltre il giudice di appello ha omesso di considerare che l’esponente, prima di notificare
l’atto di citazione nell’ottobre del 1983, aveva promosso il ricorso ex art. 274 c.p.c. per
l’ammissibilità dell’azione depositato in cancelleria il 24-2-1982, e che il rispetto del termine
triennale di cui all’art. 230 terzo comma L. n. 151/1975 avrebbe dovuto essere valutato con
riferimento a tale data, in quanto è con tale procedimento che il comparente aveva attivato la
procedura volta a far valere le proprie ragioni ereditarie sulla successione di Luigi Genzano.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondate.

La Corte territoriale ha richiamato anzitutto l’art. 230 della L. 19-5-1975 n. 151 che, dopo aver
previsto al primo comma che le disposizioni della suddetta legge relative al riconoscimento dei figli
naturali si applicano anche ai figli nati o concepiti prima della sua entrata in vigore, ed aver
aggiunto al secondo comma che il riconoscimento di figli naturali compiuto prima di tale data, ed
invalido secondo la normativa all’epoca vigente, non poteva essere annullato se al momento in cui
era stato fatto concorrevano le condizioni di ammissibilità secondo le disposizioni della nuova
legge di riforma del diritto di famiglia, al terzo comma stabilisce che “Tale riconoscimento vale

anche agli effetti delle successioni aperte prima dell’entrata in vigore della presente legge, purché i
diritti successori del figlio non siano stati esclusi con sentenza passata in giudicato o definiti con
convenzione tra le parti interessate o non siano trascorsi tre anni dall’apertura della successione
senza che il figlio abbia fatto valere alcuna ragione ereditaria sui beni della successione”.
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sentenza del Tribunale di Firenze sopra richiamata era stato rimosso il divieto di cui all’art. 253

Il giudice di appello, quindi, rilevato come dato incontroverso che nell’arco di tre anni dal 14-71965 (data della morte di Luigi Genzano) il Bechi non aveva promosso alcuna azione in ordine
all’eredità del padre, ha ritenuto ininfluente il fatto che al momento dell’apertura della
successione del padre naturale l’appellante, in quanto figlio adulterino e formalmente dotato dello

un’azione nei confronti della successione di Luigi Genzano; infatti la Corte territoriale ha sostenuto
che, al di là del rilievo che la formulazione della disposizione sopra menzionata nella sua ampiezza
non consente di procedere a distinzioni nell’ambito della categoria dei riconoscimenti invalidi di
cui al secondo comma dell’art. 230 citato, l’ostacolo giuridico invocato dall’appellante a suo favore
risultava comunque rimosso dalla sentenza del Tribunale di Firenze n. 1463/1980 che, in
accoglimento dell’azione di disconoscimento della paternità promossa da Pia Bechi, aveva
dichiarato che Riccardo Formichi non era figlio del presunto padre Agostino Formichi, ed aveva
ordinato all’ufficiale dello stato civile di procedere alle relative annotazioni e correzioni sull’atto di
nascita; pertanto una interpretazione della richiamata disposizione tendente ad escludere la
decorrenza e la maturazione del termine per effetto dell’impossibilità giuridica a far valere i propri
diritti ereditari nel termine triennale dall’apertura della successione, ancorché fosse corretta,
avrebbe comportato la decorrenza del suddetto termine triennale dal momento in cui
l’interessato aveva effettivamente avuto la possibilità giuridica di promuovere le azioni a tutela dei
suoi diritti successori, ovvero nel termine triennale dalla pubblicazione della suddetta sentenza del
Tribunale di Napoli, quindi entro il 30-6-1983, mentre il Bechi Genzano aveva notificato l’atto di
citazione introduttivo del giudizio di primo grado della presente controversia soltanto il 24-101983.

Orbene tale assunto trascura anzitutto il rilievo fondamentale che al riconoscimento dell’attuale
ricorrente quale proprio figlio naturale operato da Luigi Genzano con il testamento olografo del
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stato di figlio legittimo dei coniugi Formichi e Bechi, non fosse nelle condizioni di potere esercitare

18-3-1960 non poteva attribuirsi originariamente alcuna validità in quanto in insanabile contrasto
con lo stato di Riccardo Formichi di figlio legittimo dei coniugi Pia Bechi ed Agostino Formichi; al
riguardo deve richiamarsi l’art. 253 c.c. secondo il quale

“In nessun caso è ammesso un

riconoscimento in contrasto con Io stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova”;

nel senso che è inammissibile che un soggetto sia investito da un duplice stato di filiazione nei
confronti di persone diverse, ovvero contemporaneamente di figlio legittimo di genitori uniti da
matrimonio e di figlio naturale di un terzo.

Conseguentemente ai fini di far valere i propri diritti sulla successione di Luigi Genzano quale suo
figlio naturale era necessario per l’attuale ricorrente rimuovere l’impedimento giuridico costituito
dal suo stato di figlio legittimo del Formichi e della Bechi, come in effetti è avvenuto con la
sentenza del Tribunale di Firenze n. 1463/1980 che aveva accolto l’azione per il disconoscimento
di paternità prevista dall’art. 235 c.c., con l’ovvia precisazione che al riguardo occorreva il
passaggio in giudicato di tale sentenza, posto che evidentemente prima di allora sarebbe stata pur
sempre possibile una riforma della predetta sentenza; Il giudice di appello, quindi, nel fare
riferimento all’art. 230 terzo comma della L n. 151/1975, non ha considerato che il termine ivi
previsto per far valere da parte del figlio naturale riconosciuto le proprie ragioni ereditarie sui beni
della successione del padre naturale, nella fattispecie poteva decorrere soltanto dal passaggio in
giudicato della suddetta sentenza del Tribunale di Firenze, atteso che altrimenti eventuali pretese
ereditarie sarebbero state inammissibili; questa Corte del resto in una fattispecie simile ha
ritenuto che l’atto con il quale un figlio concepito durante il matrimonio sia stato in precedenza
riconosciuto da altri come figlio naturale con testamento olografo, se originariamente privo di
effetti, perché inidoneo a contrastare il più favorevole stato di figlio legittimo, viene ad acquistare
piena operatività a seguito della retroattiva caducazione di tale stato per il passaggio in giudicato
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invero tale norma intende impedire una sovrapposizione di stati di filiazione tra loro in contrasto,

della sentenza che accoglie l’azione di disconoscimento di paternità del suddetto figlio (Cass. 3-61978 n. 2782); non sarebbe quindi ammissibile introdurre una azione per far valere ragioni
ereditarie da parte di un figlio naturale nei confronti dei beni della successione del padre naturale
anche in presenza di una sentenza di accoglimento di una azione di disconoscimento del proprio

impugnazione, non sarebbe idonea a superare la permanenza del contrasto con lo stato di figlio

legittimo che ai sensi dell’art. 253 c.c. determina appunto l’inammissibilità di ogni pretesa fondata
sullo stato di figlio naturale.

Le argomentazioni finora espresse comportano l’assorbimento del profilo di censura articolato nel
terzo motivo in ordine all’asserito rilievo, ai fini dell’osservanza del termine triennale di cui all’art.
230 terzo comma citato, dell’awenuta proposizione da parte dell’attuale ricorrente del ricorso ex
art. 274 c.c. per l’ammissibilità dell’azione giudiziale di paternità naturale.

Con il quarto motivo il Bechi Genzano denuncia omessa e comunque insufficiente motivazione
delle ragioni per le quali secondo il giudice di appello, con riferimento alle successioni aperte
prima dell’entrata in vigore della L n. 151/1975, lo stato di figlio legittimo di un terzo non
impedirebbe la decorrenza del termine triennale previsto dall’art. 230 terzo comma della suddetta
legge per far valere le ragioni ereditarie nella successione del padre naturale; in particolare il
richiamo al mero dato fattuale del decorso del termine di tre anni dall’apertura della successione,
nonché all’azione proposta il 5-4-1971 dalla Bechi in qualità di curatrice del figlio Riccardo per
ottenere un vitalizio proporzionato alle sostanze ereditarie lasciate da Luigi Genzano, e l’asserita
ampiezza della norma in questione, che non consentirebbe di procedere a distinzioni nell’ambito
della categoria dei riconoscimenti invalidi di cui al secondo comma dell’art. 230 citato, non
costituivano elementi idonei a consentire una sia pur minima disamina delle ragioni poste a
fondamento della decisione.
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stato di figlio legittimo non passata in giudicato in quanto quest’ultima, essendo soggetta ad

Il ricorrente poi solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 230 terzo comma della L. n.
151/1975 con riferimento agli artt. 3-24 e 30 Cost. qualora questa Corte condividesse
l’impostazione della Corte territoriale, in quanto si determinerebbe una ingiustificata distinzione
tra figli naturali riconosciuti con sentenza e figli naturali riconosciuti per volontà del genitore,

violazione del principio di uguaglianza dell’art. 3 della Costituzione, oltre che della

“ratio”

ispiratrice della legge di riforma del diritto di famiglia.

Il motivo è inammissibile.

Invero il ricorrente, nel censurare l’interpretazione resa dal giudice di appello dell’art. 230 terzo
comma più volte menzionato, lungi dal denunciare una violazione di legge a causa di una errata
ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, deduce invece omessa o insufficiente motivazione,
ovvero vizi relativi all’ “iter’ argomentativo che attengono piuttosto alla valutazione delle
risultanze di causa e non all’ ambito di operatività di una determinata disposizione di legge.

La questione di legittimità costituzionale resta poi assorbita all’esito dell’accoglimento del secondo
e del terzo motivo di ricorso.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti; rilevato poi
che la pronuncia rescissoria invocata dal ricorrente è preclusa dalla necessità di accertamenti di
fatti inammissibili in questa sede, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte di
Appello di Napoli anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte

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posto che solo per i primi si farebbe valere la decadenza prevista dalla norma “de quo”, in palese

Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il quarto,
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per la pronuncia
sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

Il Presidente

Così deciso in Roma il 4-4-2013

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