Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15990 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 09/06/2021), n.15990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19025/2014 R.G. proposto da:

Ritzland Records s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del

ricorso, dall’Avv. Cimmino Andrea, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio dell’Avv. Fratini Francesco in Roma alla via delle

Quattro Fontane n. 31, con il seguente domicilio digitale:

ffratini.pec.studiolegalefratini.com;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è

domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12

– intimata –

costituita avverso la sentenza n. 304/14, depositata in data

23/1/2014, della Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Roma;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 dicembre 2020 dal Dott. Napolitano Angelo, svoltasi mediante

collegamento da remoto.

 

Fatto

Con contratto del 19/4/2006, registrato presso l’ufficio delle Entrate Roma 3 in data 9/5/2006, la società “Studio Zeta Disco Radio s.r.l.”, successivamente incorporata dalla “Ritzland Records s.r.l.”, odierna ricorrente, titolare di concessioni per la radiodiffusione sonora in ambito locale, a carattere commerciale, denominate “Discoradio (prot. 905125)” e “Discoradio Piemonte (prot. 903960)”, da un lato, e la società “Radio Dimensione Suono s.p.a.”, titolare di una concessione per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale, rilasciata il 28 febbraio 1994 prot. 901522, dall’altro, stipulavano un contratto denominato “contratto di cessione di impianti e di diritti di godimento di frequenze radiofoniche”, con cui la società acquirente acquistava una serie di impianti radiofonici operanti su alcune frequenze, per il corrispettivo complessivo di Euro 2.900.000 oltre iva.

Deduce la ricorrente che oggetto della cessione erano esclusivamente gli impianti e il diritto di godimento delle frequenze, di modo che la società acquirente subentrasse solo nei rapporti giuridici attivi e passivi relativi agli impianti e alle frequenze ed in tutti i diritti e facoltà ad esse inerenti, con esclusione della concessione dell’utilizzo delle frequenze radiofoniche, in quanto la società acquirente intendeva procedere all’operazione non per acquisire una seconda impresa di radiodiffusione sonora, ma per integrare la copertura radioelettrica della propria azienda radiofonica.

Coerentemente con tale intendimento, le parti dichiaravano contrattualmente che la cessione era soggetta ad imposta sul valore aggiunto e pertanto le parti richiedevano l’applicazione della tassa fissa di registro a carico della parte cessionaria.

Avendo la società odierna ricorrente ottenuto dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Lombardia, una risposta ad un interpello con la quale l’amministrazione, seppure in relazione ad una diversa ma analoga fattispecie, riteneva non applicabile l’iva alla vendita de qua, e dunque non applicabile l’imposta di registro in misura fissa, essa si risolveva a versare precauzionalmente anche l’imposta di registro in misura proporzionale, onde evitare l’irrogazione di sanzioni da parte dell’amministrazione.

In sostanza, mentre l’Agenzia mostrava di ritenere che il contratto di compravendita dovesse essere qualificato come cessione di ramo di azienda, soggetta all’imposta di registro proporzionale, la società ricorrente era invece dell’avviso che il contratto contenesse una mera compravendita di beni assoggettabile ad iva.

Essa, dunque, presentava domanda di rimborso dell’imposta di registro versata in misura proporzionale ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77, senza tuttavia ricevere alcuna risposta dall’amministrazione.

Spirato il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, la società odierna ricorrente impugnava il silenzio rifiuto dinanzi alla CTP di Roma, che respingeva il ricorso ritenendo che la fattispecie integrasse una cessione di azienda e non una mera compravendita di beni.

La società odierna ricorrente presentava appello avverso la sentenza della CTP, che veniva rigettato sul presupposto che il contratto integrasse una cessione di azienda, sottoposta ad imposta di registro proporzionale, e non una compravendita di beni, sottoposta ad iva.

Avverso la sentenza di appello la Ritzland Records s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato un atto di costituzione.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 5 e comma 7-bis; dell’art. 2555 c.c.; del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 40 e 41, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. b); nonchè della direttiva n. 388/77/CE e della direttiva 2006/112/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la ricorrente deduce che la normativa vigente all’epoca della stipulazione del contratto inter partes consentiva di qualificare il trasferimento dei beni, come posto in essere, quale vendita di beni (D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 5).

Tale norma, avente ad oggetto lo specifico settore dell’emittenza radiofonica, impediva di qualificare come cessione di azienda o di ramo di azienda il mero trasferimento tra emittenti radiofoniche di impianti e di frequenze, non accompagnato da ulteriori fattori produttivi e, segnatamente, dal trasferimento della relativa concessione detenuta dal venditore.

Asserisce la ricorrente che il tratto distintivo e caratterizzante l’azienda radiofonica è costituito dalla concessione di cui è titolare il cedente, che però nella fattispecie portata all’attenzione di questa Corte non sarebbe stata oggetto di cessione.

Nel caso che ci occupa sarebbero stati trasferiti da un concessionario all’altro solo impianti unitamente alle frequenze, senza la concessione, sicchè non potrebbe parlarsi di cessione di azienda o di ramo di azienda.

Conferma della correttezza della prospettazione della società ricorrente verrebbe dal tenore del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis, in sede di conversione da parte della L. n. 214 del 2011.

Tale norma dispone: “la cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo di azienda.. Gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari”. Secondo la società ricorrente, la disposizione testè citata avrebbe portata innovativa e non retroattiva, anzi: rendendo non rettificabili ai fini tributari le cessioni di impianti poste in essere in data anteriore alla sua entrata in vigore, anche aventi ad oggetto attrezzature e frequenze, con esclusione delle concessioni, il legislatore avrebbe voluto sottrarre il contribuente al rischio di accertamenti fondati sulla riqualificazione in cessioni di azienda di mere vendite di impianti con frequenze.

Inoltre, la società ricorrente deduce che l’esclusione delle concessioni radiofoniche dall’atto di vendita degli impianti e delle frequenze non darebbe luogo ad una “‘continuazione di un’attività economica autonoma” che giustificherebbe la non applicazione dell’iva quale tributo armonizzato, sicchè l’operazione negoziale che in questa sede ci occupa, non consentendo la prosecuzione di un’attività economica autonoma, avendo avuto ad oggetto solo impianti con le relative frequenze, non potrebbe che essere soggetta all’applicazione dell’iva con l’imposta di registro in misura fissa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, del citato D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, nonchè dell’art. 20 del citato D.P.R. n. 131 del 1986, e dei canoni ermeneutici vigenti in materia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la ricorrente censura la sentenza impugnata deducendo che con l’invocato art. 27, comma 7-bis il legislatore ha inteso esprimere l’esigenza di ancorare l’interpretazione del contratto alla qualificazione ad esso data dalle parti. Esse hanno voluto una cessione di beni e non una cessione di azienda, con la conseguenza che non è dovuta l’imposta di registro proporzionale, essendo l’atto imponibile ai fini iva; e lo stesso risultato esegetico si avrebbe in base al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20.

3. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la società ricorrente ripropone, in sostanza, le stesse argomentazioni spese in relazione ai primi due motivi di ricorso, sulla base di un diverso parametro normativo.

4. I primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati e decisi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.

Il Collegio intende dare continuità all’orientamento già espresso dalla sezione, secondo la quale, “in tenia di qualificazione giuridica del contratto come cessione di azienda radiotelevisiva (con conseguente assoggettamento ad imposta di registro) o di cessione di un ripetitore singolarmente considerato (con conseguente assoggettamento ad Iva), il D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis, conv., con modif., dalla L. n. 214 del 2011, ha stabilito che la cessione anche di un singolo impianto, purchè non riguardi le sole attrezzature, integra una cessione di azienda, prevedendo al contempo l’intangibilità fiscale delle cessioni precedenti alla sua entrata in vigore, per le quali resta ferma la qualificazione giuridica data dalle parti” (Cass., sez. 5, n. 18489/2017, Rv. 64502501).

Ancora, Cass., sez. 5, n. 17515/2017, Rv. 64491101, ha stabilito che “in tema di imposta di registro, ai sensi del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 40, conv., con modif., dalla L. n. 214 del 2011 (cd. decreto “salva Italia”), non è consentita la rettifica, ai fini dell’applicazione dell’imposta, della qualificazione giuridica data dalle parti alle cessioni di impianti radiotelevisivi effettuate prima della data di entrata in vigore della norma citata, anche se a tale data la rettifica sia stata già effettuata ed impugnata con giudizio ancora in corso, stabilendo esso solo per le cessioni future un rigido criterio di qualificazione”.

Ne consegue che, anche se nella presente fattispecie si discute della illegittimità di un silenzio rifiuto opposto ad una domanda di rimborso di una imposta di registro proporzionale indebitamente pagata, deve applicarsi lo stesso principio, secondo il quale il D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, ha voluto stabilizzare la qualificazione data dai contraenti all’operazione negoziale, posta in essere prima dell’entrata in vigore della richiamata disposizione, avente ad oggetto impianti radiotelevisivi, rendendola insensibile a riqualificazioni da parte dell’amministrazione.

5. La fondatezza dei primi due motivi di ricorsi comporta l’assorbimento del terzo motivo. La sentenza di appello deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso proposto dalla società ricorrente contro il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rimborso dell’imposta di registro proporzionale versata.

6. La circostanza che l’orientamento cui deve essere data continuità si è formato solo recentemente giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorsi, assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il silenzio rifiuto sulla domanda di rimborso dell’imposta di registro proporzionale indebitamente versata.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Il Presidente

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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