Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15990 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 01/08/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 01/08/2016), n.15990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6110-2015 proposto da:

F.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI GRACCHI, 6, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO LUCARELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO PAPA, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, P.I. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO

ROSSI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA

BORTOLUZZI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 828/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/12/2014 r.g.n. 434/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2076 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato PAPA STEFANO;

udito l’Avvocato BORTOLUZZI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 30 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Venezia, pronunziando in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58, confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia, rigettando la domanda proposta da F.L. nei confronti della Fondazione Teatro La Fenice, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare di cinque giorni di sospensione irrogata il 24.10.2012 e del licenziamento disciplinare intimatogli il successivo 19.11.2012, provvedimenti relativi il primo all’assenza del lavoratore alla visita fiscale e il secondo a vari episodi di falsa certificazione dell’assenza dal lavoro e accogliendo la domanda riconvenzionale della Fondazione volta alla restituzione delle retribuzioni percepite in occasioni dei permessi fruiti per le visite mediche poi non effettuate.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, a fronte della contestazione, qualificata tempestiva, delle assenze dal lavoro poi sanzionate con il licenziamento, non provata, per difetto di fede privilegiata dei certificati prodotti e per l’inconferenza e la genericità della prova testimoniale richiesta, l’effettuazione delle visite mediche addotte a giustificazione delle assenze stesse nonchè legittimamente valutata rilevante dal datore ai fini della graduazione della sanzione, per quanto non ricompresa nel fatto costitutivo dell’infrazione oggetto della contestazione disciplinare che ha portato al licenziamento, la recidiva, sebbene non specifica, accertata con riguardo alle pregresse sanzioni sottoposte al giudizio del collegio arbitrale, il cui esito, attestante l’effettività delle infrazioni oggetto delle sanzioni medesime, doveva considerarsi definitivo, risultandone precluso il riesame in sede di giudizio ordinario per difetto di impugnazione formale del lodo da parte del lavoratore.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il F., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Fondazione. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, ne(denunciare (a violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 2106 c.c. in una con il vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla tempestività della contestazione disciplinare elevatagli, per essere la documentazione medica su cui la contestazione predetta è fondata a disposizione della Fondazione da tempo risalente ed alla stessa specificità della contestazione, incentrandosi questa sulla falsità delle certificazioni mediche presentate a giustificazione delle effettuate assenze dal lavoro, così da presuppone la mancata effettuazione delle visite mediche, quando invece nella specie la discordanza di orari tra la presenza del medico in ospedale e la presenza del lavoratore presso la struttura era viceversa dovuta alla diversa circostanza, attestata anche dal procedimento penale avviato a carico tanto del F. quanto del proprio medico, della violazione delle norme sulla prenotazione delle visite, la tracciatura delle stesse ed il pagamento del ticket, dell’effettuazione della visita in modo non ufficiale e fuori orario ed altresì su una recidiva seppur generica nei comportamenti che non trova riscontro nel lodo arbitrale, peraltro ancora sub iudice, che aveva statuito in ordine alla legittimità delle pregresse sanzioni.

Con il secondo motivo, inteso a denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte di aver erroneamente valutato alla stregua della regola del libero apprezzamento del giudice, le certificazioni mediche la cui efficacia probatoria, in quanto provenienti da un pubblico ufficiale, è legalmente vincolata, essendo previsto il loro fare fede fino a querela di falso. laddove di contro ha contraddittoriamente ritenuto assistite da quella peculiare efficacia probatoria le attestazioni di presenza dichiarate dal medico con la propria timbratura in uscita dall’ospedale, così limitando il diritto alla prova contraria da parte del ricorrente.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, individuato nell’accertamento in sede penale della responsabilità del ricorrente e del proprio medico per il reato di truffa ai danni dello Stato concretatosi nella violazione delle norme sulla prenotazione delle visite mediche sulla tracciatura delle stesse e sul pagamento del ticket, idoneo, perciò, ad attestare l’insussistenza della mancanza addebitata al F. dalla Fondazione datrice relativa alla mancata effettuazione delle visite stesse. In sostanza, complessivamente considerata, l’impugnazione proposta, a fronte di un ragionamento della Corte territoriale che, dalle premesse – date dalla ricorrenza di reiterati precedenti disciplinari, tutti significativamente correlati all’aspetto della giustificazione delle assenze dal lavoro e dall’effettività dell’addebito in questione, relativo alla mancata effettuazione delle visite mediche, avvalorato dalla discrasia oraria tra la presenza del medico e quella del ricorrente presso la struttura ospedaliera e non smentita dalle certificazioni rilasciate dal primo, non configurabili come atti provenienti da pubblico ufficiale, in quanto prodotte al di fuori dell’esercizio di quelle funzioni – approda coerentemente ad un giudizio prognostico circa l’inaffidabilità del ricorrente quanto all’esatto adempimento delle prestazioni future, idoneo a fondare la ritenuta sussistenza dell’invocata giusta causa di licenziamento, mira a disarticolare la logica di quel ragionamento, scardinandone le premesse con il sostenere, da un lato, l’irrilevanza della recidiva, per il carattere non specifico della stessa, dall’altro, il mancato raggiungimento della prova dell’effettività della condotta, in ragione della non conformità a diritto della tesi fatta propria dalla Corte territoriale, volta ad escludere, rispetto a quelle certificazioni mediche, l’efficienza probatoria tipica degli atti pubblici nonchè per essere un simile esito avallato dall’impianto accusatorio emerso nel procedimento penale avviato a carico del ricorrente e del proprio medico per truffa ai danni dello Stato, a motivo della violazione della disciplina in materia di prenotazione, tracciatura delle visite e pagamento dei ticket sanitario, circostanza, questa, atta a dimostrare l’effettività delle visite.

Ebbene, tutte le censure recate dai tre formulati motivi devono ritenersi infondate, atteso che il riferimento ai precedenti disciplinari, sebbene non specifici ma comunque omogenei, vale, non in sè, ma nel quadro del giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata rispetto alla condotta oggetto della contestazione in questione, il cui accertamento non può considerarsi contraddetto, nè dalle certificazioni mediche prodotte dal ricorrente dovendosi dare continuità all’orientamento espresso da questa Corte, anche a sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. 215/1999) che esclude la fede privilegiata dell’attestazione proveniente da pubblico ufficiale allorchè, come nel caso di specie per le circostanze puntualmente illustrate dalla Corte territoriale, questa non sia resa nell’esercizio di pubbliche funzioni certificative – nè dalle iniziative assunte a carico del ricorrente che, anche in considerazione dello stato iniziale in cui le stesse si trovano, nel quale risulta avanzata una mera ipotesi di reato non sorretta da alcun accertamento, non possono precludere l’autonomo potere del giudice civile di liberamente asseverare ed apprezzare i fatti sottoposti al suo vaglio.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Società delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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