Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15987 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/06/2017, (ud. 26/04/2017, dep.27/06/2017),  n. 15987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16494-2015 proposto da:

CAREDIL S.R.L., – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, V.

VITTORIA COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato LAURA CASSAVIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIANNI PICCOLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6885/49/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/04/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La Caredil srl propone ricorso per cassazione, affidato a due complessi motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe che, accogliendo l’appello dell’Ufficio, ha ritenuto la legittimità dell’accertamento notificatole per la ripresa a tassazione di vari tributi relativi all’anno di imposta 2005.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Il primo motivo contiene due autonome censure fondate, entrambe, sulla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – in relazione al’art. 132 Cost., art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 113 e 116 c.p.c., artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32, 33 e 39, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 e art. 153 c.p.c. -, prospettando la carenza di motivazione della sentenza laddove non avrebbe preso in considerazione l’impossibilità della parte di produrre la documentazione fiscale oggetto di sequestro penale, circostanza emersa solo dal verbale di dissequestro del giugno 2015. Si lamenta, altresì, l’omessa, insufficiente motivazione sulla questione relativa alla mancata considerazione, ai fini dell’accertamento, della documentazione contabile.

La censura è inammissibile poichè si fonda su una questione non dedotta nel corso del giudizio di appello, allorchè la parte contribuente non prospetto l’impossibilità di produrre la documentazione per essere la stessa oggetto di sequestro a carico della stessa società. Questione che, per l’effetto, non può essere prospettata nel presente grado di giudizio.

Quanto alla questione relativa alla contabilità dell’anno 2005, la stessa venne esaminata dalla CTR, conseguendone l’inammissibilità della censura sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto storico che, per l’appunto, venne preso in considerazione dal giudice di merito – Cass. S.U. n. 8054/2014, Cass. n. 27014/2014-.

Passando al secondo motivo di ricorso lo stesso prospetta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione dell’art. 132 Cost., art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 113 e 116 c.p.c., artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32, 33 e art. 39, comma 2 e art. 42, comma 2 ed ancora del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e L. n. 212 del 2000, art. 7.

La censura, di poco intelligibile comprensione, prospetta la omessa pronunzia e la contraddittorietà della sentenza in ordine alla questione della carenza di motivazione dell’atto impugnato. Censura che è, anch’essa infondata, poichè la CTR si è, in verità, espressamente pronunziata in ordine a tale questione.

Senza dire che la censura difetterebbe di autosufficienza, in assenza della riproduzione dell’avviso di accertamento verso il quale si appunta la censura della parte ricorrente e che la medesima censura è comunque inammissibile nella parte in cui prospetta il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, ormai espunto dall’ordinamento per effetto del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione ratione temporis applicabile (Cass. S.U. n. 8054/2014).

L’ultima parte della censura contenuta nel secondo motivo – indicata come sub b) in ricorso – è parimenti inammissibile, appuntandosi non contro la sentenza, ma verso l’avviso di accertamento ed ancora una volta prospettando, inammissibilmente, il vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dandosi atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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