Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15986 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 01/08/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 01/08/2016), n.15986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21203-2013 proposto da:

M.N., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

E.F. AUTOMOTIVE S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BELLI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 276/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 25/06/2013 r.g.n. 163/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato CARBONELLI ANTONIO;

udito l’Avvocato BELLI BRUNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 276 del 2013, la Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato l’impugnativa proposta da M.N. avverso il licenziamento per giusta causa intimatogli dalla s.p.a. E.F. Automotive con lettera del 21 novembre 2011, per l’assenza ingiustificata dal lavoro dal 12 al 29 settembre 2011.

Per la cassazione della sentenza il lavoratore ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso E.F. Automotive s.p.a. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, si rileva che il ricorrente ha proposto istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 126, comma 3 istanza già ritenuta inammissibile dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brescia con provvedimento del 1.12.2013. In proposito, basta qui richiamare Cass. n. 22616 del 2004, confermata sul punto da Cass. n. 5518 del 2006, che ha rilevato che competendo la decisione finale ammissiva al giudice del merito ed essendo essa efficace per tutti i gradi di giudizio (come si desume dal D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 75, comma 1, art. 93, comma 1, artt. 124 e 126), la relativa deliberazione non spetta alla Corte di Cassazione, ma al giudice che ha adottato il provvedimento impugnato.

2. A fondamento del ricorso, M.N. deduce violazione della L. n. 604 del 1966, art. 2 e lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto sufficiente la conoscenza giuridica dell’addebito, pur in assenza della conoscenza effettiva, considerato che la contestazione era stata inviata con lettera del 30 settembre 2011 e restituita per compiuta giacenza in data 3 ottobre 2011, trovandosi egli in ferie e congedo parentale. La mancanza di conoscenza effettiva dell’addebito avrebbe invece a suo avviso imposto al datore di lavoro di dare riscontro alla richiesta contenuta nella missiva del 5/12/2011, con la quale egli aveva chiesto di conoscere in modo specifico i motivi del licenziamento intimato con la precedente lettera del 21.11.2011.

3. Il motivo non è fondato.

La questione qui riproposta è stata esaminata dalla Corte d’appello, che ha ritenuto infondato analogo motivo di gravame osservando in fatto che con lettera raccomandata spedita il 30 settembre 2011 la società aveva contestato al lavoratore l’assenza ingiustificata dal 12 al 29 settembre 2011; tale lettera pervenne all’indirizzo del lavoratore il 3 ottobre e non fu ritirata da quest’ultimo nonostante l’avviso di deposito della raccomandata in pari data. Con successiva lettera del 21 novembre 2011, consegnata a mani dell’appellante, la società, in assenza delle giustificazioni del lavoratore, gli intimava il licenziamento per giusta causa.

La Corte territoriale ha rilevato che la contestazione disciplinare aveva assolto allo scopo previsto dalla legge, sicchè l’azienda non aveva alcun obbligo di rinnovare la comunicazione dei motivi dell’intimato licenziamento; nè il fatto che il lavoratore fosse all’estero o comunque temporaneamente assente consentiva il superamento della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., atteso che, affinchè questa presunzione sia vinta, è necessaria la mancanza di colpa del destinatario in relazione all’impossibilità di prendere conoscenza della lettera raccomandata, mentre nel caso egli neppure si era curato di ritirare il plico in giacenza.

Il ricorrente si limita ad una contestazione generica di tali argomentazioni, senza addurre circostanze fattuali che sarebbero idonee a dimostrare l’assenza di colpa e quindi a vincere la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., richiamata dalla Corte territoriale.

Inoltre, occorre qui ribadire il principio già affermato da Cass. n. 454 del 2003, secondo il quale l’obbligo datoriale di comunicare i motivi del licenziamento (previsto dalla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 2 nella formulazione anteriore ala modifica apportata dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 37) presuppone che questi motivi non siano stati precedentemente indicati. La precedente contestazione disciplinare dei fatti, che abbiano poi determinato il licenziamento, da un canto è essa stessa l’indicazione dei motivi che conducono al licenziamento; d’altro canto (ove l’indicazione non sia ritenuta sufficiente) costituisce la base per la richiesta dei motivi (nell’ambito del procedimento che con la contestazione di apre, anche attraverso la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 2), precludendo l’ipotizzabilità e comunque l’esistenza d’un obbligo datoriale di rispondere alla successiva richiesta di motivi, esterna a questo procedimento.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del soccombente alle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.

In considerazione della data di notifica del ricorso, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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