Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15985 del 27/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 27/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 27/07/2020), n.15985
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13805-2019 proposto da:
Z.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO, 12,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERGERIO DI CESANA, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 18267/20/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
PROVINCIALE di ROMA, depositata il 10/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa
CAPRIOLI MAURA.
Fatto
RITENUTO CHE:
Z.F. impugna per cassazione con un unico motivo la sentenza nr 18267/2018 della CTP di Roma con cui, nell’ambito della procedura promossa del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70 per l’ottemperanza del giudicato ei riguardi dell’Agenzia delle entrate, era stato dichiarato inammissibile il ricorso relativo alla liquidazione delle spese documentate.
Nessuno si è costituito per l’Agenzia delle Entrate.
Con l’unico articolato motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. del D.M. n. 55 del 2014, art. 2 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Sostiene in particolare che alla luce del D.M. n. 55 del 2014, art. 2 nonchè dell’art. 91 c.p.c. le spese vive e documentate, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, non possono essere incluse nella percentuale additiva del rimborso spese generali prevista dal D.M. n. 55 del 2014 essendo quest’ultima voce una parte del compenso dovuto al procuratore.
Il motivo è fondato.
L’art. 91 c.p.c. prevede che il giudice che chiude il processo davanti a lui condanna la parte soccombente al rimborso delle stesse a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.
Il D.M. n. 55 del 2014, art. 2 vigente ratione temporis stabiliva che oltre al compenso e al rimborso delle spese documentate in relazione alle singole prestazioni, all’avvocato è dovuta-in ogni caso ed anche in caso di determinazione contrattuale-una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15/0 del compenso totale per la prestazione.
Ciò premesso va osservato che le spese documentate sono tutte quelle rese necessarie dal processo, come il contributo unificato, le marche da bollo necessarie durante il procedimento, i compensi versati al consulente di parte, e tutti gli esborsi per i quali è previsto un documento specifico che ne attesti l’esborso e l’ammontare.
Diverso è il rimborso c.d. forfetario delle spese generali, che costituisce una componente necessaria delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, e che spetta automaticamente al difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, da ritenersi implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente (Cass. 30/05/2018, n. 13693, ed ivi ulteriori richiami; da ultimo, Cass. 04/04/2019, n. 9385).
Come si evince dalla relazione illustrativa al Decreto Ministeriale esaminato, “la previsione di tale rimborso mira a ristorare il professionista di quelle voci di spesa (ad esempio quelle relative alla gestione dello studio) che sono effettive ma non documentabili”.
Esse attengono a costi di carattere generale, nel senso che non sono strettamente inerenti alla singola pratica ma rientrano nelle spese necessarie per la conduzione dello studio (come stipendi dei dipendenti, assicurazione professionale, utenze, materiale di cancelleria, ecc.).
Da quanto sopra consegue che la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi sopra illustrati ritenendo a torto che le spese vive fossero incluse nel rimborso forfettario riconosciuto al professionista nella misura fissata dal Decreto Ministeriale.
La sentenza va cassata e rinviata alla CTP di Roma, in diversa composizione, che provvederà alla liquidazione delle spese di questa fase al fine di verificare il riscontro documentale delle spese vive richieste dal difensore.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia in relazione al motivo accolto alla alla CTP di Roma, la quale, in diversa composizione, provvederà alla liquidazione delle spese di questa fase.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.
Depositato in cancelleria il 27 luglio 2020