Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15982 del 27/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 27/07/2020), n.15982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12966-2019 proposto da:

STUDIO D&D IMMOBILIARE SRL, in persona dell’amministratore legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ADOLFO GANDIGLIO 27, presso lo studio dell’avvocato MICHELE PROCIDA,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. 06363391001), in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1637/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

RITENUTO CHE:

Con sentenza nr 1637/2018 la CTR del Piemonte accoglieva l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza della CTP di Cuneo con cui era stato accolto il ricorso della società Studio D&D Immobiliare s.r.l. relativo all’impugnazione di una cartella di pagamento avente ad oggetto la richiesta di pagamento della somma di Euro 68.968,00 a titolo di minor credito di imposta Ires conseguente ad un controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, riguardante la dichiarazione integrativa modello unico 2013 per l’anno di imposta 2012.

Il Giudice di appello escludeva che la contribuente potesse beneficiare dell’agevolazione ambientale mediante una rettifica della dichiarazione originaria anche in sede contenziosa in quanto tale possibilità sarebbe riservata esclusivamente all’ipotesi di errori materiali mentre nella specie la mancata fruizione dell’agevolazione in sede di dichiarazione originaria corrisponderebbe ad ” una scelta operata da parte del contribuente discrezionalmente”.

Avverso tale sentenza la società Studio D&D Immobiliare s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo illustrato da memoria.

Nessuno si costituisce per l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

Con un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che il legislatore, attraverso la normativa indicata in rubrica, non avrebbe in alcun modo delimitato la nozione di errore incorrendo in una non corretta rappresentazione della base imponibile con conseguente determinazione di un maggiore debito o d un minor credito.

Tale disciplina (che deve essere integrata con quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare 31/E/2013 del 24.9.2013 in materia di correzioni degli errori di bilancio), ad avviso della ricorrente, sarebbe espressione del generale principio dell’emendabilità delle dichiarazioni dei redditi trovando fondamento nella sua natura non negoziale con possibilità riconosciuta al contribuente di procedere alla rettifica della stessa.

Il motivo è fondato.

Il giudice di appello ha escluso che il contribuente potesse beneficiare dell’agevolazione ambientale mediante una rettifica della dichiarazione originaria ritenendo che l’originaria dichiarazione non fosse emendabile in quanto frutto di una libera scelta della contribuente e come tale non suscettibile di essere corretta.

La lettura restrittiva del principio generale di emendabilità della dichiarazione anche in sede contenziosa non appare corretta.

Occorre in primo luogo muovere dal quadro normativo di riferimento.

Il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.

Il successivo comma 8 bis, inoltre consentiva nella versione vigente ratione temporis di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

In merito alla portata applicativa della norma questa Corte ha chiarito che

in tema di imposte dirette (cfr. Cass. sez. unite 30 giugno 2016, n. 13378) che il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi dell’art. 1427 c.c. e s.s. (cfr. Cass. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25596 del 12/10/2018; sez. 5, 24 aprile 2018, n. 10029; sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; sez. 5, ord 15 dicembre 2017, n. 30172).

In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

Più specificamente, come precisato da Cass. nr 1862/2020 la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore sia esso di fatto che di diritto commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come è noto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., comma 1, e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., comma 1, (Cass. 2226/11, 1707/07, 22021/06,).

Sebbene la normativa fiscale prevede che la dichiarazione di rettifica può essere efficacemente presentata, entro determinati limiti temporali (il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, applicabile ratione temporis alla fattispecie e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, prevede il limite temporale dell’emendabilità della dichiarazione integrativa “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”) appare necessario in ossequio alla gerarchia delle fonti, ai sensi degli artt. 57 e 97 Cost., interpretare la normativa sulla emendabilità della dichiarazione limitatamente al fine circoscritto dell’utilizzabilità “in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17”, indicata nella successiva proposizione della disposizione. – Cass. n. 5399/2012 -. La Corte ha anche avuto modo di affermare che “In tema di imposte sui redditi il contribuente, in base al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2, è titolare della generale facoltà di emendare i propri errori (Cass. n. 19661/2013 e Cass. n. 23574/2012) – ed inoltre “…, in tema di imposte sui redditi, la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l’integrazione della dichiarazione – fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2.

Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione il credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, (Cass. Sez. 5, Sent. n. 4049 del 27/2/2015; Sez. 5, Sent. n. 19537 del 17/09/2014; Sez. 5, Sent. n. 6253 del 20/04/2012) non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria – quand’anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo-.

In conclusione è stata affermata l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggetti va correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella (vedi Cass. 8456 del 2004).

Ora con riferimento al caso in esame la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia,di cui già usufruiva la società,e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. Tremonti ambientale.

Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito del D.M. n. del 5 luglio 2012, art. 19, che ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefici fiscali mettendo da quella data i contribuenti di accedere a tale agevolazione.

La sentenza della CTR laddove ha escluso l’emendabilità, attraverso la rettifica, della dichiarazione originaria non si è attenuta a tali principi e va cassata con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente non essendo necessari ulteriori accertamenti istruttori.

Spese della fase di appello e di legittimità vanno compensate in ragione del consolidarsi degli indirizzi giurisprudenziali nel corso del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso della contribuente; compensa le spese del merito e di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2020

 

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