Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15981 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 01/08/2016, (ud. 15/03/2016, dep. 01/08/2016), n.15981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTOPNIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28544-2011 proposto da:

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, C.F. (OMISSIS), in persona

dell’avvocato generale pro tempore, rappresentata e difesa da sè

medesima, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI;

– ricorrente –

contro

L.S., C.F. (OMISSIS), P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NEMORENSE 18, presso lo

studio dell’avvocato GIUNIO RIZZELLI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VITO BERTUGLIA, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

A.M.L., + ALTRI OMESSI

– intimati –

Nonchè da:

D.G.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 2, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA

DI TARSIA DI BELMONTE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DA SETTIMO PASSETTI NICOLA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, C.F. (OMISSIS), L.S.,

P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 831/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/08/2011 R.G.N. 1341/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato VITALE ANGELO;

udito l’Avvocato RIZZELLI GIUNIO;

udito l’Avvocato DA SETTIMO PASSETTI NICOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Firenze ha respinto l’appello dell’Avvocatura dello Stato avverso la sentenza del locale Tribunale che, pronunciando sulle domande proposte da D.G.M. e dagli intervenuti P.S. e L.S., aveva accertato, in relazione alla graduatoria della procedura di riqualificazione della posizione B 3, indetta dall’Avvocatura dello Stato con decreto n. 10011 del 24 aprile 2001, il diritto della ricorrente e degli intervenuti ad essere collocati rispettivamente nelle posizioni n. 233, n. 150 e n. 104, ed aveva condannato l’amministrazione resistente agli adempimenti conseguenti.

2- La Corte territoriale ha rilevato che:

a) il bando di concorso, che consentiva la partecipazione alla procedura anche dei dipendenti inquadrati nella posizione economica B 1, aveva previsto, all’art. 7, che, a parità di punteggio finale, la posizione economica rivestita sarebbe stata considerata elemento determinante;

b) la graduatoria finale era stata, invece, stilata dando precedenza assoluta a tutti i partecipanti inquadrati nella posizione B 2, che, quindi, avevano scavalcato quelli provenienti dalla B 1, a prescindere dal punteggio finale conseguito;

c) in tal modo la amministrazione aveva violato le regole fissate dal bando, lex specialis della procedura, e ciò aveva fatto senza che quest’ultimo fosse stato impugnato o rimosso dalla stessa Avvocatura in sede di autotutela;

d) non sussisteva, inoltre, la eccepita nullità del bando, per contrasto con l’art. 15 del CCNL 16 febbraio 1999 comparto Ministeri, in quanto la posizione economica di provenienza era stata comunque valorizzata, sia nella individuazione dei requisiti necessari per la partecipazione alla procedura (essendo stata richiesta una permanenza nella posizione economica B1 per un numero di anni doppio rispetto a quello previsto per i dipendenti inquadrati in 62), sia nella previsione della prevalenza a parità di punteggio.

3 – La Corte ha, altresì, respinto l’appello incidentale proposto dalla D.G. evidenziando, per quel che qui rileva, che correttamente la Commissione esaminatrice nella valutazione degli “incarichi formalmente conferiti”, era partita dalla premessa che detti incarichi dovessero essere caratterizzati dalla episodicità, posto che lo svolgimento di fatto di mansioni superiori riconducibili alla posizione 63 riceveva già autonoma valutazione. Ha aggiunto che era onere della appellante incidentale indicare quali fossero gli incarichi non valutati e dimostrare che gli stessi si riferivano al rivendicato livello B 3. Detto onere non era stato correttamente assolto, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo alla documentazione prodotta nel precedente grado di giudizio ed all’attestato di servizio del 15 settembre 2001.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Avvocatura Generale dello Stato sulla base di due motivi. L.S. e P.S. hanno resistito con tempestivo controricorso. D.G.M., nell’opporsi alla impugnazione principale, ha proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. I partecipanti alla procedura, contumaci in entrambi i gradi del giudizio di merito, sono rimasti intimati. Tutte le parti costituite hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da L.S. e P.S., i quali hanno fatto leva sulla asserita inesistenza nei loro confronti della notifica del ricorso, effettuata presso lo studio dell’Avv. Paolo Caramella Sordi quando, in realtà, era stato nominato domiciliatario l’Avv. Paolo Allegri.

E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui, in presenza di selezioni concorsuali e di contestazioni sulla legittimità del procedimento da parte di un soggetto che domandi l’accertamento giudiziale del suo diritto ad essere inserito nel novero dei prescelti per il conseguimento di una determinata utilità (promozioni, livelli retributivi, trasferimenti, assegnazioni di sede ecc.), il giudizio deve svolgersi in contraddittorio degli altri partecipanti al concorso coinvolti dai necessari raffronti, e, pertanto, il giudice, ove riscontri la non integrità del contraddittorio, deve ordinarne l’integrazione nei confronti di tutti i contro interessati, trattandosi di un’ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass. 5.6.2008 n. 14914).

1.1 – Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “nel caso di cause inscindibili, qualora l’impugnazione risulti proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi, nel senso che l’appellante (o il ricorrente) li abbia correttamente individuati e indicati come destinatari dell’impugnazione medesima, ma poi, in relazione ad uno o ad alcuni di essi, la notificazione sia rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente), o non ne venga dimostrato il perfezionamento… deve trovare applicazione l’art. 331 c.p.c., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ex art. 111 c.p.c., da ritenersi prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo, e pertanto il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, e non può dichiarare inammissibile l’impugnazione.” (Cass. S.U. 11.6.2010 n. 14124 e negli stessi termini, fra le più recenti, Cass. 13.10.2015 n. 20501).

1.2 – La applicazione alla fattispecie dei principi di diritto sopra richiamati porta ad escludere la inammissibilità del ricorso, giacchè l’unica conseguenza della eccepita inesistenza della notificazione, ove i resistenti non si fossero costituiti difendendosi anche nel merito, sarebbe stata la necessaria adozione della ordinanza di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c..

2 – Con il primo motivo del ricorso principale l’Avvocatura Generale dello Stato denuncia “violazione dell’art. 15, comma 1, lett. b, CCNL Compatto Ministeri 1999-2001 del 16 febbraio 1999; dell’art. 8, comma 2, lett. c, CCNL Compatto Ministeri del 12 giugno 2003, di rango sovraordinato al C.C.I. dell’Avvocatura dello Stato del 10.10.2000 (in particolare art. 28); del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3, (nella versione vigente ratione temporis…); degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Richiamato il contenuto delle norme contrattuali sopra citate e dell’art. 7 del bando della procedura indetta con Delib. 24 aprile 2001, n. 10011 rileva la ricorrente che erroneamente la Corte territoriale ha escluso l’eccepito contrasto dell’art. 7 e dell’art. 28 del C.C.I. con la disposizione di rango sovraordinato dettata dall’art. 15 del C.C.N.L., in forza della quale in ogni caso deve essere data precedenza al personale proveniente dalla posizione economica immediatamente inferiore. Aggiunge che il principio richiamato dai giudici del merito sulla efficacia vincolante del bando, in quanto lex specialis delle operazioni concorsuali, opera solo nei casi di vizi che determinino annullabilità, non già nelle ipotesi di nullità, in presenza delle quali l’amministrazione deve conformare la propria condotta al rispetto del precetto inderogabile.

2.1 – Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia “per mero scrupolo difensivo” la violazione dell’art. 434 c.p.c. e censura la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui “sembra adombrare anche una possibile inammissibilità del gravame della Amministrazione”. Rileva, in sintesi, che il Tribunale, nel respingere le difese della resistente, aveva ritenuto la previsione contenuta nel bando di concorso compatibile con il disposto dell’art. 15 del CCNL 1999 e detta interpretazione era stata in modo specifico censurata dalla appellante che nell’appello aveva indicato le ragioni per le quali, al contrario, doveva essere data in ogni caso prevalenza alla posizione economica di provenienza.

– Ragioni di priorità logica impongono di esaminare innanzitutto il secondo motivo, giacchè, ove si ritenesse che la decisione della Corte territoriale sia stata nel senso della inammissibilità della impugnazione, l’eventuale rigetto del motivo volto a censurare detto capo della pronuncia, avrebbe efficacia assorbente rispetto alle questioni che attengono alla interpretazione del bando e della normativa contrattuale.

Il motivo è inammissibile.

Il principio secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere specifiche doglianze avverso tutte le rationes decidendi sulle quali si fonda la pronuncia impugnata, opera solo qualora ognuna delle ragioni enunciate, tra loro distinte ed autonome, sia logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione. Detta evenienza non si verifica allorquando nella motivazione della sentenza impugnata siano contenute argomentazioni prive di effetti giuridici, perchè non incidenti sul dispositivo, rispetto alle quali non è, quindi, configurabile l’interesse alla impugnazione.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha rigettato l’appello proposto dall’Avvocatura ed ha ritenuti infondati gli argomenti sviluppati nel gravame in relazione alla interpretazione delle clausole del bando e della contrattazione collettiva di comparto e di amministrazione.

La frase che si legge a pag. 6 della motivazione (…l’appello presenta limiti di ammissibilità in quanto non ha speso alcuna parola per confutare il ragionamento essenziale del primo giudice…) non è sufficiente ad integrare una autonoma ratio decidendi: per la prevalenza del dispositivo sulla motivazione, che caratterizza il rito del lavoro; perchè la questione della ammissibilità della impugnazione precede logicamente il merito della controversia che, invece, è stato da subito affrontato dalla Corte territoriale; per il tenore letterale della pronuncia che non si esprime in termini di certezza.

Dalle considerazioni che precedono discende la inammissibilità del motivo per difetto di interesse (in tal senso fra le più recenti Cass. 22.10.2014 n. 22380).

4 – Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

Il Collegio intende dare continuità all’orientamento già espresso da questa Corte con le sentenze 24.4.2014 n. 9294 e 13.1.204 n. 473, che hanno respinto analoghi ricorsi proposti dalla Avvocatura Generale dello Stato.

Con le richiamate pronunce si è osservato che “la previsione dell’art. 15, comma 1, lett. b), del CCNL compatto Ministeri 1999- 2001 del 16 febbraio 1999, che prevede un criterio preferenziale in favore dei candidati provenienti dalla posizione economica immediatamente inferiore a quella messa a selezione (nel caso di specie B2) stabilendo che, al termine dei percorsi di riqualificazione, “sarà definita una graduatoria per la cui formulazione sarà considerato, in ogni caso, elemento determinante la posizione economica di provenienza”, deve essere integrata dalla previsione contrattuale collettiva integrativa (art. 28, punto 6) e dallo stesso bando (art. 7) che specificano il contenuto di questa preferenza. Da una parte, lo stesso bando di gara all’art. 7 prevedeva testualmente che le graduatorie definitive saranno stilate in base al punteggio finale ottenuto sommando il voto dell’esame ed il punteggio risultante dalla valutazione dei titoli. D’altra parte, l’art. 28 del contratto collettivo integrativo 10 ottobre 2000 stipulato presso l’Avvocatura dello Stato prevedeva che la graduatoria definitiva sarebbe stata stilata in base al punteggio finale ottenuto sommando il voto dell’esame ed il punteggio risultante dalla valutazione dei titoli. A parità di punteggio finale sarebbe stato preferito il dipendente in posizione economica poziore.

Quindi il criterio preferenziale previsto dalla contrattazione di compatto era comunque realizzato prevedendosi nel bando di gara appunto la “preferenza” in graduatoria per i 62 rispetto ai 61, ma solo a parità di punteggio. Inoltre il carattere determinante della posizione economica di provenienza era stato rispettato anche tramite la limitazione a soli quattro anni di esperienza per accedere alle prove, mentre per i B1 ne occorrevano otto e nella valutazione dei titoli (in cui parimenti erano privilegiati i candidati di provenienza 62 quanto al punteggio attribuito per l’anzianità di servizio). Insomma la normativa contrattuale collettiva integrativa e lo stesso bando hanno dato contenuto al criterio preferenziale previsto dal contratto di comparto, che non può leggersi nel senso voluto dall’Avvocatura di Stato ricorrente, ossia nel senso che sempre e comunque i dipendenti in posizione B2 avrebbero dovuto essere preferiti ai dipendenti in B1 anche se con punteggio, in ipotesi, notevolmente inferiore. Una tale lettura della citata norma del contratto di compatto non sarebbe neppure in sintonia con il canone del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) perchè mortificherebbe oltremodo il merito dando una rilevanza rigida ed assoluta alla posizione economica di provenienza, ossia sostanzialmente all’anzianità di servizio. Mentre la lettura che del citato complesso normativo ha dato la corte d’appello appare conforme al canone del buon andamento della pubblica amministrazione perchè assegna ai dipendenti in B2 una preferenza ragionevole rispetto di dipendenti in B1 e non già una rigida priorità anche nel caso estremo di punteggio minimo sufficiente per i primi a fronte di un punteggio massimo dei dipendenti in B1.” 5 – Deve essere ribadito anche il principio di diritto espresso da Cass. 26.4.2012 n. 6502 (e più di recente da Cass. 7.7.2015 n. 13992 con riferimento alle procedure nell’ambito dell’area C) secondo cui “il prevedere – in conformità all’art. 15 del CCNL 1998/2001 per il personale dipendente del compatto Ministeri – l’avanzamento “per saltum” (nella specie, dalla posizione economica B1 alla posizione economica B3, con salto della posizione intermedia B2) non è in contrasto con l’art. 97 Cost., poichè condiziona tale risultato agli esiti del corso di riqualificazione e all’utile collocazione del personale nella graduatoria di merito; nè, in senso contrario, può attribuirsi rilievo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002. Tale principio trova applicazione anche nella fattispecie in esame, in ragione delle modalità previste per l’avanzamento in questione (procedure concorsuali mediante percorsi di qualificazione professionale che prevedono un esame finale). Le procedure selettive di cui si tratta, infatti, proprio perchè diverse da quelle di cui si sono occupate le richiamate sentenze della Corte costituzionale, hanno struttura e caratteristiche tali da escluderne, di per sè, il contrasto con i principi costituzionali e, in particolare, con l’art. 97 Cost.”.

Poichè la sentenza impugnata è conforme ai principi sopra richiamati, il ricorso principale deve essere rigettato.

6 – L’unico motivo di ricorso incidentale denuncia “violazione e falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione agli artt. 24, 25 e 28 del Contratto collettivo integrativo di lavoro del 10.10.2000 per il personale amministrativo dell’Avvocatura dello Stato, con riferimento alla mancata valutazione degli incarichi formalmente conferiti”. Premette la ricorrente incidentale che già nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado aveva lamentato il mancato riconoscimento da parte della Commissione dei 5 punti previsti dal bando in relazione allo svolgimento di incarichi, formalmente conferiti, attinenti alla posizione economica B3. Aggiunge che il conferimento di detti incarichi era stato documentalmente provato e che erroneamente la Commissione aveva ritenuto che gli stessi dovessero essere assorbiti nelle mansioni superiori di responsabile dell’ufficio liquidazione e della attività di segreteria dell’Avvocato distrettuale.

Anche la Corte territoriale aveva errato nel ritenere corretta la valutazione e nell’affermare che la appellante incidentale finiva per pretendere una illegittima duplicazione dei punteggi. Ciò perchè il giudice di appello, nell’affermare che l’incarico è contraddistinto dalla episodicità e dalla non prevalenza rispetto alle ordinarie mansioni, non aveva considerato la normativa contrattuale richiamata nella rubrica, secondo la quale gli incarichi di posizioni organizzative consistono per il personale delle Avvocature Distrettuali nelle “funzioni di direzione di unità organizzativa” nonchè nelle “attività di staff e di studio”.

7- Il motivo è inammissibile per plurime ragioni concorrenti.

La Corte territoriale ha respinto l’appello incidentale, nella parte che qui interessa, ponendo a fondamento della decisione due autonome ragioni, ognuna idonea a sorreggere il decisum.

Ha, infatti, innanzitutto rilevato che la D.G. si era limitata a richiamare “la copiosa documentazione già prodotta in primo grado” e l’attestato di servizio 15.9.2001, quando, in realtà, “compito dell’atto di gravame era quello di dimostrare, in primis, che si trattava di incarichi propri del rivendicato livello B3…”, obiettivo, questo, che non poteva considerarsi raggiunto “con il solo rimando alla copiosa elencazione e produzione, quanto con la specifica indicazione che alcuni incarichi, magari i più significativi avessero le caratteristiche richieste dal bando”.

Ha, poi, aggiunto che correttamente la Commissione aveva ricondotto gli incarichi all’esercizio delle mansioni superiori e non meritevoli di autonoma valutazione perchè non caratterizzati da episodicità e non prevalenza rispetto ai normali compiti assegnati.

Il ricorso, pur richiamando entrambe dette rationes decidendi, muove specifiche censure solo alla seconda affermazione, mentre nulla deduce in merito al mancato assolvimento dell’onere della prova in relazione alla natura degli incarichi non valutati.

Il motivo è, quindi, inammissibile posto che “ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza” (Cass. 3.11.2011 n. 22753).

7.1 – Si aggiunga che la ricorrente si duole della mancata considerazione, ai fini della corretta attribuzione dei punteggi previsti dal bando, delle previsioni della contrattazione collettiva, delle quali a suo avviso la Commissione e la Corte territoriale avrebbero dovuto tener conto.

Il motivo è, però, formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione ed allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, perchè non sono riportate nel ricorso, neppure per estratto, le clausole del bando relative alla valutazione dei titoli, il che impedisce alla Corte di valutare ex actis la rilevanza del richiamo alla normativa contrattuale indicata nella rubrica.

8 – In via conclusiva va rigettato il ricorso principale mentre quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità fra la Avvocatura Generale dello Stato e D.G.M.. La ricorrente principale deve, invece, essere condannata al pagamento delle spese in favore di L.S. e P.S., nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità fra l’Avvocatura Generale dello Stato e D.G.M.. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese in favore di L.S. e P.S., liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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