Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15976 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. un., 21/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 21/07/2011), n.15976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.D.V., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G. ANTONELLI 49, presso lo studio dell’avvocato COMO SERGIO, che

lo rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro protempore, AGENZIA

DEL DEMANIO, in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– resistente con procura –

e contro

COMUNE DI NAPOLI;

– intimato –

avverso la decisione n. 5172/2010 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 03/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato Sergio COMO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CICCOLO

Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il C.d. chiese al Comune di Napoli l’autorizzazione a realizzare un’autorimessa sotterranea in una cavità tufacea di sua proprietà. L’autorizzazione gli fu negata, siccome risultava all’Amministrazione che la grotta in questione non era di proprietà dell’istante, bensì era stata espropriata nel 1943 dalla Prefettura di Napoli per essere adibita a rifugio antiaereo.

Il C.d. impugnò, dunque, innanzi al TAR gli atti che avevano riguardato la vicenda.

Nel corso del procedimento le Amministrazioni non furono in grado di produrre gli atti relativi al menzionato esproprio, sicchè il TAR accolse il ricorso ed annullò gli atti impugnati.

Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia del Demanio, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che l’originario ricorso non aveva posto in discussione il cattivo uso da parte della P.A. del potere ablatorio, bensì la titolarità della proprietà del bene.

Il C.d. propone ricorso per cassazione attraverso un solo motivo. L’Avvocatura dello Stato, per il Ministero dell’Interno e per l’Agenzia del Demanio; ha depositato “atto di costituzione” senza svolgere altre difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Nel provvedimento oggetto del ricorso per cassazione si può leggere che l’interessato aveva impugnato innanzi al TAR:

– la nota dell’Agenzia del Demanio con la quale era comunicata l’esistenza del decreto prefettizio del 1943 che individuava la cava in questione come ricovero antiaereo;

– ove esistente, il decreto prefettizio di esproprio;

– l’atto de Dirigente del Comune che aveva negato l’autorizzazione alla realizzazione dell’autorimessa;

– la nota del Dirigente della Prefettura con cui era negata l’autorizzazione alla realizzazione della rimessa ed era comunicato che il decreto prefettizio del 1943 non era stato rinvenuto.

Nella stessa decisione impugnata si legge che il ricorrente aveva lamentato violazioni di legge in relazione alle circostanze che: il decreto prefettizio del 1943 non esisteva o, comunque, non era stato rinvenuto; che esso, in ogni caso, non era stato notificato al ricorrente o al suo dante causa; che il supposto decreto espropriativo non era stato trascritto nei registri immobiliari; che al dante causa del ricorrente non era stata corrisposta alcuna indennità; che il ricorrente stesso aveva sempre provveduto al pagamento delle imposte sull’area ed alla relativa manutenzione; che il procedimento non era stato concluso con atto espresso.

Ciò premesso, risulta palese che l’impugnazione innanzi al G.A. poneva come questione principale gli atti che avevano negato all’interessato il permesso alla realizzazione dell’opera, restando relegata a rango di mero presupposto la questione attinente all’esistenza (o meno) di un risalente provvedimento ablativo (peraltro, mai prodotto in atti dall’Amministrazione) e, dunque, attinente alla proprietà del bene.

A tal riguardo, occorre far riferimento alla L. n. 1034 del 1971, art. 8, a norma del quale il tribunale amministrativo regionale, nelle materie in cui non ha competenza esclusiva, decide con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.

La decisione impugnata deve essere, pertanto, cassata, avendo essa erroneamente ritenuto che quella sperimentata dal ricorrente sia un’azione attratta nella sfera giurisdizionale dei G.O., siccome avente natura di rivendica, laddove, invece, la questione proprietaria assume rango meramente incidentale rispetto all’interesse legittimo vantato dall’attore al cospetto del potere della P.A. di autorizzarlo all’esecuzione dell’opera richiesta.

Le spese del giudizio di cassazione devono essere poste solidalmente a carico degli enti intimati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo. Condanna in solido gli enti intimati al pagamento delle spese de giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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