Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15975 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 09/06/2021), n.15975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25513/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ASBORNO srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Maria Cleme Bartesaghi e Paolo

Ciuffa, con domicilio eletto in Roma, via Cicerone n. 60, presso lo

studio di quest’ultimo;

– controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 27/6/2012, depositata il 24 maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 dicembre 2020

dal Consigliere Enrico Manzon;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso

incidentale.

udito l’avv. Stefano Vitale per l’agenzia fiscale ricorrente;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 27/6/2012, depositata il 24 maggio 2012, la Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva l’appello proposto dalla ASBORNO srl avverso la sentenza n. 17/01/2009 della Commissione tributaria provinciale di Genova che ne aveva respinto il ricorso contro l’intimazione di pagamento per il controvalore dell’accisa relativa a contrassegni da applicare su contenitori di bevande alcooliche.

La CTR in particolare osservava che nel caso di specie non poteva esservi responsabilità della società contribuente per la “perdita” dei contrassegni de quibus, trattandosi di un furto avvenuto presso la sede sociale e quindi rientrando la fattispecie concreta nell’ipotesi della “forza maggiore”, che la Corte di giustizia UE aveva appunto giurisprudenzialmente individuato quale causa esimente della responsabilità dell’acquirente dei contrassegni medesimi.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle dogane deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso la società contribuente che propone altresì un motivo di ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare deve affermarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente, risultando chiara e perspicua la formulazione dell’unica censura dedotta dalla ricorrente, con puntuale e specifico riferimento sia alle disposizioni normative, nazionali ed unionali, che si assumono violate dal giudice tributario di appello sia alla ratio decidendi della sentenza impugnata, con particolare riguardo all’interpretazione della portata applicativa nel caso di specie della giurisprudenza della Corte di giustizia UE.

Ciò posto, con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 13, in relazione alla direttiva 92/12/CEE, poichè la CTR ha escluso la responsabilità della ASBORNO in ordine alla sottrazione di contrassegni per accise sugli alcolici e quindi ritenuto infondata la sua pretesa di incamerare la relativa cauzione dalla ASBORNO stessa prestata come per legge. La censura è fondata.

Bisogna anzitutto ricordare che il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 13, comma 5, prevede che “Per i contrassegni di Stato destinati ad essere applicati sui recipienti contenenti prodotti nazionali o comunitari in regime sospensivo deve essere prestata cauzione in misura pari all’ammontare dell’accisa. La cauzione viene in tutto od in parte incamerata relativamente ai contrassegni mancanti alla verifica e che non risultano applicati o che, comunque, non vengano restituiti entro il termine di un anno dalla data di acquisto, salvo motivate richieste di proroga; per i contrassegni restituiti non compete alcun rimborso del prezzo pagato”.

Vi è poi da rilevare altresì che l’accisa è esigibile con l’immissione al consumo, anche qualora derivante da uno “svincolo irregolare” da un regime sospensivo (art. 6, direttiva 92/12, applicabile ratione temporis) e che il contrassegno fiscale rilasciato ad un operatore costituisce una modalità di riscossione anticipata dell’accisa nello Stato membro rilasciante (cfr. Corte giust., C-374/06).

Fatte queste premesse normative e giurisprudenziali, nel caso di specie va detto che si tratta di contrassegni il cui furto è stato tempestivamente e debitamente denunciato alla polizia giudiziaria, per i quali l’Agenzia delle dogane ha chiesto il pagamento della cauzione prevista dalla citata disposizione del TUA anche ai coobbligati, principali e di garanzia, ed alla società contribuente mediante l’atto impositivo impugnato.

Il nucleo essenziale (ed assorbente, quale “ragione più liquida”) della decisione della CTR ligure consiste nell’affermazione della infondatezza della pretesa erariale principalmente sulla base della sentenza della Corte di giustizia UE in data 15 giugno 2006, C494/04.

Questa Corte ritiene pienamente fondate le critiche dell’agenzia fiscale all’interpretazione che di tale pronuncia è stata data dal giudice tributario di appello.

La CTR ligure infatti ha effettuato una lettura evidentemente parziale della sentenza de qua, non cogliendone quindi il significato più esteso e profondo, peraltro chiaramente emergente dal testo, motivazionale e dispositivo della decisione medesima.

La Corte di giustizia infatti ha – certo – richiamato nel caso trattato il principio di proporzionalità in ordine alla pretesa dell’Autorità fiscale olandese derivante da un analogo caso di furto in itinere di contrassegni su tabacchi, ma tuttavia ha soggiunto che la sussistenza della “scriminante” della “forza maggiore” (appunto quale temperamento della normativa nazionale in termini di “proporzionalità”) poteva essere invocata soltanto qualora si fosse data la prova della “distruzione” dei contrassegni trafugati e quindi l’impossibilità di un loro utilizzo.

Così, inequivocabilmente si esprime la sentenza unionale nel punto 1 del dispositivo ed ai punti 44/46/65 della motivazione, peraltro in stretta applicazione dell’art. 22, n. 2, della direttiva 92/12 (cfr. in caso analogo, Cass. n. 420 del 14/01/2020).

Orbene, nel caso di specie se da un lato può darsi per verosimile e comunque incontestato l’avvenuto furto dei contrassegni de quibus, da un altro la CTR non ha considerato nemmeno la, coessenziale, necessità che risultasse comprovato (ad onere della società contribuente) che gli stessi siano stati “distrutti” ovvero “resi definitivamente inutilizzabili”, come appunto è richiesto dalla citata giurisprudenza della Corte UE.

Ed è per questa ragione di diritto che la pronuncia di appello va cassata.

Il ricorso incidentale condizionato della controricorrente è inammissibile, poichè, essendo stato notificato a mezzo posta, non è stato depositato l’avviso di ricevimento della notifica dello stesso all’agenzia fiscale ricorrente e perciò difetta la prova del perfezionamento della procedura notificatoria (cfr. Cass., n. 25552 del 27/10/2017, Rv. 646413 – 01).

Ne consegue il passaggio in giudicato della sentenza impugnata in relazione al capo della medesima condizionalmente impugnato in via incidentale (omissione di pronuncia ovvero rigetto implicito sulla/della eccezione di invalidità dell’atto riscossivo impugnato per difetto di motivazione ed altri vizi formali, quale devoluta in appello).

In conclusione, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, anche in considerazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata nella parte incidentalmente impugnata, decidendo nel merito va rigettato il ricorso introduttivo della lite.

Stante l’esito alterno delle fasi giudiziali le spese del giudizio di merito possono essere compensate; quelle del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, devono essere tassate secondo il generale principio di soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della lite; compensa le spese dei gradi di merito;

condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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