Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15971 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/06/2017, (ud. 30/03/2017, dep.27/06/2017),  n. 15971

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20543-2011 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS),

presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO CATALANO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LORELLA FRASCONA’,

LUCIA PUGLISI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.G. C.F. (OMISSIS), T.M., A.A.,

C.F., B.G.P., CA.MI., in proprio e quali

membri studio tecnico di ingegneria e architettura Dott. ing.

T.G. e associati, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI

CAPRETTARI 70, presso lo studio dell’avvocato BRUNO GUARDASCIONE,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato RODOLFO

VALDINA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 487/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 07/03/2011 R.G.N. 28/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. RIVERSO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO;

udito l’Avvocato VALDINA RODOLFO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 487/2010, la Corte d’Appello di Perugia, respingeva l’appello proposto dall’INAIL avverso la sentenza di primo grado che – su domanda svolta dal Dott. Ing. T.G. e dagli altri litisconsorti di cui all’epigrafe, in proprio e quali membri dello studio tecnico associato di ingegneria ed architettura ing. T.G. – aveva dichiarato che gli associati ricorrenti non fossero soggetti all’obbligo assicurativo di cui all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali gestita dall’INAIL.

La Corte, confermando la sentenza impugnata, ribadiva preliminarmente che i ricorrenti, i quali avevano agito in qualità di associati, non fossero privi di legittimazione ad agire per contrastare la pretesa dell’INAIL; mentre nel merito sosteneva che i soci di società tra professionisti non fossero assoggettati all’assicurazione antinfortunistica in quanto esenti da obblighi previdenziali – estensivamente intesi ai sensi della L. n. 109 del 1994, art. 17, comma 6, lett. a), il quale recita “i soci delle società agli effetti previdenziali sono assimilati ai professionisti che svolgono l’attività in forma associata ai sensi della L. 23 novembre 1939, n. 1815, art. 1”.

Per la cassazione di questa sentenza, ricorre l’INAIL con un motivo. Resistono T.G. e litisconsorti con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso l’INAIL lamenta violazione e mancata applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 1, art. 4, n. 7) e art. 9, comma 2, ed errata applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 17, comma 6, lett. a), e della L. n. 1815 del 1939, art. 1, (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) e – premesso che in base allo statuto ed all’atto costitutivo, lo Studio associato fosse da ritenere una società di fatto in quanto soggetto giuridico autonomo distinto dai singoli partecipanti, siccome riconosciuto pure dai giudici di merito, sosteneva – rinunciando alla contestazione relativa alla carenza di legittimazione attiva – che la sentenza avesse errato laddove aveva negato la ricorrenza dei presupposti per l’esistenza dell’obbligo assicurativo ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 4, n. 7, a mente del quale i soci di società di qualsiasi tipo, anche di fatto, sono assicurati all’INAIL se svolgono attività ritenuta pericolosa; mentre la dizione “agli effetti previdenziali” di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 17, doveva essere limitato agli effetti strettamente pensionistici; in ogni caso valeva come dirimente la considerazione per cui anche i professionisti associati, se addetti ad attività pericolosa, sono soggetti all’obbligo assicurativo INAIL.

2. Il motivo è infondato. Va anzitutto osservato che la controversia sconta un persistente connotato di ambiguità di fondo, in relazione alle questioni ed ai contenuti che, rispetto al contenuto dell’accertamento ispettivo opposto in giudizio, si sono poi intrecciati nello sviluppo processuale fino a questo giudizio di cassazione (la legittimazione ad agire da una parte; l’esistenza dell’obbligo assicurativo, dall’altra parte, ora in capo alla associazione professionale, ora in capo alla società tra professionisti).

3. Come risulta dalla sentenza, ma anche dal controricorso che riproduce il contenuto del relativo verbale, all’esito dell’accesso ispettivo l’INAIL aveva contestato che lo Studio tecnico associato di ingegneria ed architettura ing. T.G. – che pur aveva istituito un rapporto assicurativo con dipendenti e co.co.pro. – avesse invece omesso di assoggettare a contribuzione gli stessi soggetti associati in quanto componenti dello studio professionale che effettuano accessi in cantieri. In alcun modo si afferma nel verbale che si tratti di soci di una società di fatto tra professionisti, come poi dedotto in giudizio dall’INAIL sulla base dell’atto costitutivo o di altri elementi, che non risultano invece richiamati nel verbale ispettivo; il quale anzi, sul piano soggettivo, da per scontata l’esistenza dell’obbligo assicurativo dei professionisti associati, in quanto tali, rimarcando soltanto la ricorrenza del presupposto oggettivo (relativo all’esercizio di attività pericolosa consistente negli “accessi in cantieri e simili e pertanto soggetti per l’attività di cui alla V.T. 0724 Settore Terziario nella N.T.P.”).

4. Sulla base della contestazione elevata a verbale è stata dunque quantificata dall’INAIL la supposta evasione in Euro 15.196,26, di cui Euro 9.981 per premi ed Euro 5214,58 per sanzioni.

5. La diversa fattispecie dell’esistenza di una società di fatto e di un vincolo sociale tra i professionisti dello studio tecnico risulterebbe bensì dedotta in giudizio dall’INAIL allo scopo di sostenere la carenza di legittimazione passiva dei ricorrenti e dare maggiore forza alla propria pretesa sul piano sostanziale. Ma essa non rispecchia la realtà della contestazione elevata ai controricorrenti nel merito e su cui è stato promosso un giudizio di accertamento negativo da parte dei ricorrenti.

6. Non vi è dubbio perciò che il merito della pretesa contributiva dedotta nel giudizio di accertamento negativo vada identificato in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie affermati nell’accertamento ispettivo; e non possa essere invece esteso ad elementi costitutivi relativi ad una fattispecie diversa, perchè ciò comporta un mutamento sostanziale della pretesa determinando un evidente pregiudizio alla difesa del contribuente che ha già agito in giudizio. D’altra parte è affermazione costante nell’ambito della giurisprudenza di questa Corte che il convenuto nel giudizio di accertamento negativo rimane attore in senso sostanziale rispetto al credito contributivo identificato nel verbale ispettivo, talchè la modifica dei fatti costitutivi determina un’inammissibile modifica della stessa pretesa sostanziale.

7. Ciò posto va pure osservato che non è nemmeno vero che la Corte d’Appello abbia riconosciuto l’esistenza di una società di fatto ravvisandone tutti i requisiti, come sostiene l’INAIL. I giudici al contrario se ne sono occupati anzitutto in relazione alla questione della legittimazione, rilevando che i soci hanno dichiarato di agire nella qualità di associati dello studio; essi hanno poi richiamato la fattispecie della società di persone solo per riconoscere a fortiori la legittimazione ad agire anche in capo agli associati di una associazione (“se così è per le società, lo è maggior ragione per le associazioni, pertanto correttamente il tribunale ha ritenuto non rilevante la distinzione…”).

8. Dopo di che la stessa Corte territoriale prima ha dichiarato irrilevante la questione della distinzione (tra società ed associazione) anche ai fini del merito circa l’esistenza dell’obbligo assicurativo in oggetto, in quanto pur riscontrando alcuni elementi della struttura societaria ha affermato che i soci restano ed agiscono come professionisti per responsabilità, autonomia, assenza di sovraordinazione (dando ancora una volta rilievo alla qualità di professionisti associati dei ricorrenti); quindi ha concluso ritenendo applicabile la norma secondo cui i soci di società tra professionisti non siano assoggettati ad obblighi previdenziali, ivi compreso quello dell’assicurazione antinfortunistica, (in quanto parificati sul piano previdenziale ai liberi professionisti, ai sensi della L. n. 109 del 1994, art. 17, comma 6, lett. a)), senza però misurare la coerenza di tale affermazione con la premessa (circa la ritenuta qualità di meri associati dei ricorrenti); nè verificare se siano comunque assicurabili gli associati di studi professionali in quanto tali; come invece avrebbe dovuto fare; e come lo stesso INAIL ancora prospetta, anche in questo giudizio (ma solo nella memoria ex art. 378 c.p.c.), come questione subordinata (trattandosi in realtà della unica questione che poteva essere legittimamente esaminata sulla base dell’identificazione della pretesa); pur avendo affermato in ricorso che “si tratta di fattispecie non rilevante ai fini del giudizio, essendo accertata e non contestata la natura giuridica di società dello Studio tecnico di cui si tratta” (irrilevanza che si desume altresì dalla formulazione del principio di diritto che il ricorso ha chiesto a questa Corte di affermare).

9. In effetti, alla luce di quanto precede, la norma relativa agli obblighi previdenziali delle società tra professionisti non può essere applicata, prima ancora che per la sua riferibilità alle sole questioni pensionistiche (come sostiene l’INAIL), perchè appunto l’Istituto con l’accertamento ispettivo impugnato in questo giudizio non ha preteso il pagamento di premi dai ricorrenti in quanto soci di una società, bensì in quanto associati dello studio professionale; come conferma il fatto che anche l’INAIL sostenga ora la medesima pretesa, anche se in via subordinata, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata della normativa.

10. Senonchè tale pretesa è infondata nel merito, atteso che la tendenza espansiva dell’obbligo assicurativo, sul piano soggettivo, deve essere effettuata nel rispetto e nell’ambito delle norme vigenti, le quali in alcun luogo (D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1, 4 e 9) contemplano l’assoggettamento dell’associazioni professionali all’obbligo in questione, (così come non lo contemplano per il mero libero professionista); come dimostra pure la recente ordinanza della Corte Cost. 12.1.2016, n. 25, dalla quale risulta confermata la mancanza dell’obbligo assicurativo contro gli infortuni e le malattie professionali in capo ai membri di studi professionali associati, ancorchè legati da un vincolo di dipendenza funzionale (questione alla quale la sentenza impugnata neppure accenna, e senza che l’INAIL abbia promosso sul punto alcun rituale mezzo di impugnazione). Anche la Corte Cost. ha notato sul punto che “l’addizione, sollecitata a questa Corte, si colora di una valenza eminentemente creativa e non è “a rime costituzionalmente obbligate”; rilevando come ” a fronte della multiforme realtà degli studi professionali, contraddistinta dalla coesistenza dei disparati assetti organizzativi, che l’accordo degli associati prefigura (art. 36 c.c.), e dal vario atteggiarsi dei rapporti di lavoro, secondo i tratti dell’autonomia o di un coordinamento più incisivo delle prestazioni, la discrezionalità del legislatore può modulare l’obbligazione assicurativa secondo schemi molteplici, che individuino in maniera univoca e coerente, in questa variegata gamma di fattispecie, le situazioni meritevoli di tutela; che, pertanto, la soluzione tratteggiata dal giudice rimettente, incentrata sul criterio selettivo della dipendenza funzionale, non è costituzionalmente imposta”.

11. Sulla base delle premesse, il ricorso si rivela infondato e va pertanto rigettato. Le spese devono essere compensate in considerazione della novità e complessità delle questione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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