Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15967 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. II, 20/07/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 20/07/2011), n.15967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V. VITO GIUSEPPE GALATI 100-C, presso lo studio dell’avvocato

GIARDIELLO ENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato PORTOGHESE

GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

B.P.C. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F. CRISPI 36, presso lo studio dell’avvocato

NARDONE SONIA, rappresentato e difeso dall’avvocato VESCE BARTOLO

VINCENZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 361/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Giardiello Enzo con delega depositata in udienza

dell’Avv. Portoghese Giovanni difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Vesce Bartolo difensore del resistente che si riporta

alle conclusioni di cui agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in data 19.5.97 diretto al Pretore di San Giorgio del Sannio, B.P.C. proponeva azione possessoria contro C.E. in quanto questi, assumendosi possessore del fondo di proprietà di essa ricorrente, sito in (OMISSIS), si era opposto al lavoro di escavazione che doveva eseguire nel fondo stesso il proprio incaricato M.A., nonchè alle operazioni tecniche, che sempre per conto di essa ricorrente, dovevano essere ivi effettuate dal geom. C. e dal geom. M.. Costituitosi il C. – che si opponeva alla domanda assumendo di avere il possesso del fondo – ed assunte le sommane informazioni, il v. pretore on. con ordinanza in data 12.7.97 rigettava il ricorso; a seguito di reclamo, il tribunale con provvedimento collegiale in data 19.8.97, ordinava al C. di cessare immediatamente qualsiasi atto di turbativa del possesso del fondo nei confronti della proprietaria B. P.C.. Nel corso del successivo giudizio di merito possessorio, l’attrice insisteva sulla richiesta reintegra ovvero manutenzione del possesso, mentre il convenuto si opponeva alla pretesa sostenendo che la ricorrente pur essendo proprietaria, di fatto7non aveva mai avuto il possesso del cespite in parola, da lui invece posseduto in virtù di un rapporto di affitto intercorrente però con la genitrice della stessa attrice. Il tribunale di Benevento, quindi, con sentenza n. 887/03 in data 19.2-29.4.03 accoglieva la domanda attrice e per l’effetto ordinava al convenuto di astenersi da qualunque attività diretta a turbare l’esercizio del possesso del fondo in questione. Secondo il tribunale, la B. P., proprietaria del fondo, ne aveva il possesso esercitato solo animo per il tramite dell’affittuario A.F.; il C. invece conduceva in affitto altro e diverso fondo di piccole dimensioni, di proprietà di B.A., sorella della ricorrente. La sentenza era appellata dal C. che lamentava in sostanza l’erronea interpretazione e valutazione delle risultanze istruttorie ad opera del giudice. Resisteva l’appellata e l’adita Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 361/2010 depos. in data 29.1.20010 rigettava l’appello, condannando il C. al pagamento delle spese del grado. La corte territoriale riteneva che le emergenze probatorie correttamente valutate dal giudice di prime cure, confermavano la sussistenza di un rapporto di affittanza agraria tra l’appellata ed il ricordato A., relativo proprio ai luoghi per cui è causa, mentre apparivano generiche le censure dell’appellante relative alla valutazione dei documenti prodotti e dei testi escussi. Avverso la predetta sentenze C.E. propone ricorso per cassazione fondato su unico mezzo, illustrato da memoria; B.P.C. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminarmente la controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto del requisito della specialità della procura (che non risulta rilasciata espressamente per proporre il ricorso per cassazione) e con riferimento alla data del suo rilascio della procura stessa che risulta in data 24.9.20010, anteriormente quindi alla redazione del ricorso datato 27.9.2010.

Tale eccezione è infondata.

Questa S.C. ha precisato invero che il requisito di specialità previsto dall’art. 365 c.p.c. della procura conferita a margine non può ritenersi escluso per la genericità delle locuzioni adoperate, dovendo nell’interpretazione della procura operare il principio ermeneutico di conservazione (art. 1367 c.c. e 159 c.p.c.) ne senso di attribuire alla parte piuttosto la volontà che le consente di ottenere l’esame del merito del ricorso, anzichè quella che lo impedisce (Cass. n. 4357 del 29/04/1998; Cass. n. 13812 de 18.10.2000;Cass. n. 3627 del 13.4.1999). Quanto alla questione della data, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del valido conferimento della procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio, ” non è necessario che detto conferimento sia contestuale o successivo alla redazione dell’atto, non essendo richiesta, a pena di nullità, la dimostrazione della volontà delle parti di fare proprio il contenuto del medesimo atto nel momento stesso della sua formazione ovvero “ex post”. (Cass. n. 23608 del 06/11/2006).

Passando all’esame del ricorso, con l’unico articolato mezzo, si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1140 c.c. e il vizio di motivazione. L’esponente sostiene che l’improponibilità dell’azione possessoria promossa dalla B.P. per non essere la stessa posseditrice del fondo, in carenza di prova del “potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale”. L’intimata, più precisamente, non avrebbe allegato la prova del suo possesso iniziale del fondo, nei due elementi essenziali del corpus e del animus. Invero la medesima, proprietaria ture successionis, era sempre vissuta a Roma, lontana quindi dal comune di San Giorgio del Sannio per cui “non conosceva neppure i confini della sua proprietà”. A questo riguardo il ricorrente distingue tra il momento dell’acquisizione dei possesso in cui è necessario l’esercizio dell’animus e del corpus e quello successivo in cui è sufficiente il solo elemento dell’animus, “potendo sopperire all’elemento del corpus mediante i comportamenti dell’affittuario, detentore qualificato nomina alieno.” La doglianza (che peraltro non coglie il thema decidendum), è comunque priva di pregio. Intanto è pacifico che la B. P.C. è proprietaria del fondo in questione avendolo ereditato dal proprio genitore e come tale lo possiede, fin dall’apertura della successione. Ai sensi dell’art. 1146 c.c., infatti, il possesso continua nell’erede con effetto dall’apertura della successione senza necessità di una materiale apprensione dei beni, per cui il medesimo è legittimato a proporre le azioni possessorie. In proposito ha precisato questa S.C. che, “per effetto di una fictio iuris, il possesso del “de cuius” si trasferisce agli eredi i quali subentrano nel possesso del bene senza necessità di una materiale apprensione, occorrendo solo la prova della qualità di eredi. Il principio della continuità nel possesso tra il “de cuius” e l’erede consente a quest’ultimo, pur in assenza della materiale apprensione dei beni ereditari, il legittimo esercizio delle azioni possessorie” (Cass. n. 6852 del 18/05/2001). Quanto a resto, si osserva che il giudice di merito all’esito di una compiuta valutazione delle emergenze istruttorie – non censurabile in questa sede essendo sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi- ha ritenuto che tra le parti non sussistesse alcun contratto di fitto agrario per la conduzione del fondo in questione, per cui appare corretta e consequenziale la sua decisione di ingiungere al C. di astenersi da ulteriori atti di turbativa del pacifico del fondo stesso in danno della proprietaria.

In conclusione il riscorso in esame dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.400,00, di cui Euro 1.200,00 per onorario, oltre spese ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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