Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15966 del 08/06/2021
Cassazione civile sez. III, 08/06/2021, (ud. 25/01/2021, dep. 08/06/2021), n.15966
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36209/2019 proposto da:
M.B., elettivamente domiciliato in Bologna via Val d’Aposa 13
e via Saragozza n. 44, presso gli studi degli avvocati VALENTINA
MATTI, e MIRKO BILLONE;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE BOLOGNA;
– intimato –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1860/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 14/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
25/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
Fatto
RITENUTO
Che:
l.- Il ricorrente, M.B., è cittadino del Bangladesh. Dalla sentenza risulta che è giunto in Italia per bisogno economico, privo, come era, nel suo Paese, di fonti utili di sostentamento.
2.- Impugna una decisione della Corte di Appello di Bologna che ha rigettato l’appello avverso una decisione del Tribunale con la quale era stato negato il diritto alla protezione internazionale e umanitaria.
3.- Il ricorrente propone un solo motivo di ricorso, che attiene alla protezione umanitaria, a fronte del quale il Ministero si è costituito ma non ha notificato controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
4.- Il ricorso presenta una procura inesistente: essa è rilasciata “con riferimento al ricorso avanti la Corte di Cassazione avverso il Decreto n. 4871/2029 Cron. del 16.10.2019 emesso dal Tribunale di Bologna il 14.10.2019, all’interno del proc. 2265/2018” e, dunque, non riguarda la sentenza qui impugnata.
Ne segue l’inammissibilità per tale ragione.
Inoltre, il ricorso difetta totalmente dell’esposizione del fatto.
Il ricorso non rispetta il requisito
della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003): Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021