Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15965 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE VILLA AI PINI SRL (OMISSIS), in persona del suo

amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato DEL VESCOVO MATTEO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TRALDI STEFANO

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

e contro

REPUBBLICA POPOLARE DI CINA, in persona dell’Ambasciatore accreditato

presso la Repubblica italiana, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VENTIQUATTRO MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato GIARDINA

ANDREA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

PIETRANGELI FRANCESCA, BERNAVA ANDREA giusta procura a margine della

memoria;

– resistente –

avverso l’ordinanza n. 91858/2004 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 09/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è solo presente l’Avvocato Traldi Stefano, difensore della

ricorrente;

è solo presente l’Avvocato Gardina Andrea, difensore della

resistente (Repubblica Popolare della Cina);

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. L’Immobiliare Villa ai Pini s.r.l. ha proposto istanza di regolamento di competenza avverso l’ordinanza del 9 aprile 2010, con la quale il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto la sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo da essa istante introdotto contro il Ministero degli Affari Esteri, quale terzo debitor debitoris, e la Repubblica Popolare di Cina, quale debitrice esecutata, in attesa della definizione del giudizio riguardo all’opposizione per difetto di pignorabilità dei beni, proposta dalla debitrice esecutata avverso l’esecuzione forzata per espropriazione di crediti, nei suoi confronti introdotta dalla Immobiliare Villa ai Pini con il pignoramento di pretesi crediti della repubblica Popolare di Cina verso il Ministero. Il detto giudizio di opposizione è stato definito in primo grado dal Tribunale di Roma con sentenza 21760 del 2006 con l’accoglimento dell’opposizione ed attualmente è pendente in grado di appello avanti alla Corte d’Appello di Roma a seguito di appello della qui ricorrente.

p. 2. Al ricorso per regolamento hanno resistito con separate memorie il Ministero degli Affari Esteri e la Repubblica Popolare di Cina.

p. 3. Essendo stata disposta la trattazione con il procedimento ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., il Pubblico Ministero ha depositato le Sue conclusioni scritte, che sono state notificate alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

p. 4. La Repubblica Popolare di Cina ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Nelle Sue conclusioni il Pubblico Ministero, dopo avere ipotizzato che il ricorso sarebbe tempestivo, ha concluso per l’infondatezza dell’istanza di regolamento di competenza, reputando che il Tribunale, nel disporre la sospensione, abbia fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte con l’ord. n. 15625 del 2009.

p. 2. Il Collegio preliminarmente rileva che il ricorso – ancorchè parte ricorrente non abbia allegato quando ricevette la comunicazione dell’ordinanza opposta, emessa fuori udienza risulta tempestivamente proposto. Infatti, la comunicazione risulta essere avvenuta in data non anteriore al 19 aprile 2010, poichè in calce all’ordinanza figura la stampigliatura adesiva, relativa al bollo per il versamento all’Agenzia delle Entrate, mentre, sul foglio recante l’ordinanza risulta anche la data 20 aprile 2010, con un timbro a stampa, ed un’annotazione a penna non illeggibile, che potrebbe evidenziare la consegna.

Essendo stato presentato per la notifica il ricorso il 18 maggio 2010 il termine di cui all’art. 47 c.p.c., comma 2.

p. 3. Il Collegio condivide le conclusioni del Pubblico Ministero circa la legittimità della sospensione, ma reputa che esse siano da giustificare sulla base di ragioni diverse.

Rileva, innanzitutto, che in esse, per la verità, non si replica all’unico rilievo che sostanzialmente parte ricorrente oppone alla correttezza dell’ordinanza impugnata, che è quello che il principio di diritto invocato in essa ed affermato da Cass. n. 15625 del 2009 non giustificherebbe la disposta sospensione.

Tale rilievo si sostanzia nella deduzione che l’applicabilità di detto principio di diritto sarebbe stata condizionata dalla citata decisione all’essere stata, nel giudizio di opposizione all’esecuzione relativa al credito del terzo, riguardo al quale sia insorto il giudizio di accertamento ai sensi dell’art. 548 c.p.c., disposta la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. Poichè nel caso di specie non era stata disposta la sospensione dell’esecuzione nel giudizio di opposizione all’esecuzione, quel principio non sarebbe applicabile.

La deduzione, ingenerata da qualche ambiguità della motivazione di Cass. n. 15625 del 2009, peraltro ripropositiva dell’insegnamento e della massima di Cass. n. 24103 del 2006, appare fondata, ma non giova a determinare l’illegittimità della sospensione.

Essa, peraltro, suggerisce a questa Corte, a fini di nomofilachia, la formulazione di alcune precisazioni chiarificatrici sulla giurisprudenza inaugurata da Cass. n. 24103 del 2006 circa i rapporti fra il giudizio di opposizione all’esecuzione ed il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.

p. 3.1 Il punto di partenza delle osservazioni che a questo scopo è necessario svolgere è la già citata Cass. n. 24103 del 2006.

Tale decisione, in ordine ai rapporti fra il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ai sensi dell’art. 548 c.p.c. ed il giudizio di opposizione all’esecuzione, per la prima volta affermò la configurabilità di una fattispecie di sospensione necessaria ex lege, in applicazione analogica del principio emergente dall’art. 678 c.p.c., in tema di giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo nel caso di sequestro conservativo di crediti.

Effettivamente la massima della decisione, del resto conforme alla sua motivazione, risulta così espressa: “Ricorre una esplicita figura di sospensione necessaria del processo, diversa da quella che scaturisce dal rapporto di pregiudizialità, tra il giudizio relativo all’accertamento dell’obbligo del terzo intrapreso dal creditore e altro processo in cui venga contestata questa qualità di creditore, atteso che, come nel caso di cui all’art. 678 cod. proc. civ. (relativo all’esecuzione del sequestro conservativo dei crediti), il giudizio sull’accertamento dell’obbligo del terzo resta sospeso sino all’esito di quello sul merito, a meno che il terzo non abbia richiesto l’immediato accertamento dei propri obblighi, così per analogia il processo di accertamento dell’obbligo del terzo deve restare sospeso quando il giudice della impugnazione del titolo esecutivo ne abbia sospeso l’efficacia e il terzo non abbia chiesto l’accertamento dei propri obblighi”.

Peraltro, l’allusione all’essere stata sospesa l’efficacia del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione per espropriazione dell’obbligo del terzo, ancorchè nella motivazione non ci si fosse soffermati a giustificarla come ratio decidendi ed impositiva dell’applicazione della regula iuris tratta dall’art. 678 c.p.c. al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo conseguente a pignoramento risultava, peraltro, adeguata alla fattispecie giudicata: come emerge dalla lettura integrale della motivazione nella vicenda giudicata vi era stata non solo una sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c. nel giudizio di opposizione, ma ancor prima della stessa efficacia del titolo esecutivo in sede di giudizio di cognizione (si vedano i punti 2. e 2.1. del “premesso in fatto”).

Il principio di diritto di cui a Cass. n. 24103 del 2006 venne riproposto da Cass. (ord.) n. 24278 del 2007, la quale anch’essa intervenne in un caso in cui vi era stata sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c., a seguito di opposizione all’esecuzione. Anche tale decisione, nel ribadire il principio di diritto de quo non svolse considerazioni intese a giustificarne la correlazione alla situazione nella quale nel giudizio di opposizione all’esecuzione l’esecuzione fosse stata sospesa.

Il principio di diritto venne nuovamente ribadito da Cass. n. 15625 del 2009, la quale, però, lo ha affermato a proposito di un giudizio di opposizione a precetto e rispondendo ad un quesito con cui si chiedeva se fosse legittima una sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo in pendenza del giudizio di opposizione a precetto e, quindi, in una situazione nella quale l’esecuzione – al di là della sospensione disposta ex lege per effetto della mancata o negativa dichiarazione del terzo – non era stata sospesa dal giudice dell’esecuzione. Anche se, per la verità, nella parte finale della motivazione la decisione richiama integralmente il principio di diritto di cui alle prime due decisioni.

p. 3.2. Ora, la lettura delle motivazioni delle tre decisioni evidenzia una situazione della giurisprudenza della Corte nella quale, sia per la mancanza di chiarezza delle prime due decisioni sia per l’essere stata resa l’ultima con riguardo ad un caso nel quale pendeva opposizione a precetto e, almeno a quel che è dato evincere dalla decisione, non risultava sospesa l’esecuzione, può suggerire nel lettore l’impressione che la ratio dell’applicazione analogica dell’art. 678 c.p.c. non sia riferita al solo caso nel quale nel giudizio di opposizione all’esecuzione vi sia stato il provvedimento di sospensione dell’esecuzione, ma, in generale all’ipotesi nella quale si determini una situazione di pendenza del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, per non avere costui reso la dichiarazione o per averla resa negativamente, e del giudizio di opposizione all’esecuzione.

Per verificare se questa estensione sia corretta oppure no è necessario prendere le mosse dall’esegesi dell’art. 678 c.p.c. sul punto della sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo conseguente a sequestro.

p. 3.2.1. Com’è noto, nel vigore del testo della norma introdotto dalla riforma di cui alla L. n. 581 del 1950 (e precisamente dal suo art. 50), l’art. 678 c.p.c., comma 1, nel suo terzo inciso disponeva che “Il giudizio sulle controversie relative all’accertamento dell’obbligo del terzo è sospeso fino all’esito di quello sulla convalida del sequestro e sul merito, a meno che il terzo non chieda l’immediato accertamento dei propri obblighi, nel quale caso il pretore rimette le parti al giudice davanti al quale pende il giudizio di convalida”. Il quarto inciso precisava che “i due processi saranno riuniti e decisi con la stessa sentenza”.

La dottrina si era interrogata sul significato dell’espressione “esito” dei giudizi di convalida e sul merito, essendosi da taluno autorevolmente che dovesse farsi riferimento al passaggio in cosa giudicata e da altri, con altrettale autorevolezza che dovesse farsi riferimento alla sopravvenienza nel giudizio di merito della sentenza esecutiva, in quanto determinativa, ai sensi dell’art. 686 c.p.c., della cd. conversione del sequestro in pignoramento (il che comportava, nel vigore del vecchio art. 282 c.p.c. che occorresse per la cessazione della causa di sospensione o la concessione di provvisoria esecutività alla sentenza di primo grado o la sopravvenienza della sentenza d’appello). Taluno inclinava a giustificare il riferimento al passaggio in cosa giudicata appoggiandolo all’art. 297 c.p.c., comma 1, il quale, però, faceva riferimento alla riassunzione del processo sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c..

p. 3.2.2. La tesi che appariva preferibile era senz’altro la seconda, cioè quella che intendeva l’esito del giudizio nel senso della consecuzione da parte della pretesa di merito cautelata dal sequestro della forza della pretesa esecutiva e non più cautelare.

Invero, la tesi contraria si risolveva in una negazione nel caso di specie della tutela esecutiva conseguita dall’attore della causa di merito con la condanna di primo grado provvisoriamente esecutiva o con la sentenza d’appello esecutiva di diritto. E, quindi, comportava una evidente contraddizione. In altri termini, considerare la sentenza esecutiva in quanto determinativa della conversione come ininfluente sulla sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo significava negare ogni rilevanza alla conversione e, quindi, alla esecutività della sentenza.

Nè si poteva pensare che tale contraddizione fosse superabile con il rilievo che, ritenere ininfluente ai fini della possibile ripresa del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo la sopravvenienza della condanna esecutiva fosse giustificato per l’equivalenza della situazione rispetto a quella che si verifica allorquando, a seguito del pignoramento del credito, non abbia luogo la dichiarazione del terzo o abbia luogo una dichiarazione negativa ed il creditore instauri il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. In tal caso, è vero che il corso ulteriore del processo esecutivo è automaticamente sospeso in attesa della positiva definizione di quel giudizio (come si evince dall’art. 649 c.p.c.), ma ciò non toglie che alla pretesa esecutiva sia riconosciuta tutela proprio attraverso l’abilitazione del creditore ad introdurre il giudizio di accertamento de quo ed a perseguirlo, che, dunque, diventa un vero e proprio modo di esercizio (necessario) di quella pretesa. Ne conseguiva che lo stesso significato di consentire la ripresa del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo doveva riconoscersi alla conversione del sequestro in pignoramento per effetto della sentenza esecutiva sul giudizio di merito.

Ciò, del resto, è stato affermato in motivazione dall’unica pronuncia di questa Corte che risulta essere intervenuta sul regime dell’art. 678 c.p.c. di cui si discorre: si allude a Cass. n. 8391 del 2003, là dove, dopo avere affermato che “l’esito positivo del giudizio sulla convalida del sequestro e sul merito creditorio realizza una vera e propria condizione di procedibilità della domanda incidentale di accertamento dell’obbligo del terzo”, affermò che “Devesi ammettere, perciò, che, in pendenza del giudizio sulla convalida del sequestro e sul merito, la sospensione prevista dalla norma dell’art. 678 c.p.c. altro non può significare che divieto per l’istante di introdurre il medesimo giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo sequestrato prima che intervenga la sentenza esecutiva di condanna del debitore con la contestuale convalida del sequestro, dalla quale soltanto deriva per il creditore l’interesse a realizzare in concreto a suo favore l’attuazione della misura cautelare mediante l’identificazione del credito, che ne dovrebbe costituire l’oggetto”.

p. 3.3. A seguito della riforma di cui alla L. n. 353 del 1990 e della introduzione della disciplina del procedimento cautelare uniforme (cui si accompagnò per i sequestri la soppressione del giudizio di convalida), il terzo inciso (che divenne l’ultimo per la soppressione del quarto) dell’art. 678 c.p.c., comma 1, venne modificato in questi termini: “il giudizio sulle controversie relative all’accertamento dell’obbligo del terzo è sospeso fino all’esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l’immediato accertamento dei propri obblighi”.

L’individuazione della nozione di “esito del giudizio sul merito” continuava a dipendere dall’argomentazione desumibile dall’art. 686 c.p.c., rimasto immutato, ma doveva e deve confrontarsi con la profonda innovazione discendente dalla introduzione del principio della immediata esecutività della sentenza di primo grado con il novellato art. 282 c.p.c. La sentenza dispositiva della conversione veniva ad identificarsi e si identica con quella di chiusura del giudizio di primo grado, per cui le ragioni che nel vigore della disciplina anteriore individuavano l’esito del giudizio di merito nella sentenza di primo grado esecutiva o in quella di appello, ora imponevano, come impongono di individuarla nella sentenza di primo grado, attesa la sua normale esecutività.

p. 4. Fatti questi chiarimenti, venendo alla considerazione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo conseguente a pignoramento, il Collegio ritiene che la disciplina dell’art. 678 c.p.c. per come ricostruita, là dove esprime il principio per cui il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, se costui non ne chieda lo svolgimento (per intuibili ragioni, rappresentate dall’esigenza di vedere chiarita la sua posizione anche nei confronti del creditore una volta per tutte e sollecitamente), resta sospeso ex lege fino a che non sopravvenga a favore del creditore sequestrante la condanna esecutiva nel giudizio di merito a cautela del quale il sequestro è stato emesso, e, quindi, fino a che il creditore non ha conseguito il titolo esecutivo, costituisca effettivamente un sintomo – ma niente più che un sintomo – per giustificare che il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo conseguente a pignoramento nell’esecuzione ai sensi degli artt. 543 e ss. c.p.c., debba restare in stato di sospensione ex lege – salva la contraria volontà del debitor debitoris – le quante volte l’efficacia del titolo esecutivo in forza del quale il pignoramento è avvenuto sia negata od anche solo sospesa.

La ragione vera di tale conclusione è, però, ad avviso del Collegio, da ricercare non tanto direttamente nella disciplina del primo comma dell’art. 678 c.p.c., che ha invece solo un valore convalidante, bensì nell’esigenza di assicurare al provvedimento che nega l’efficacia del titolo o la sospende e, quindi, impedisce che l’azione esecutiva possa essere proseguita tutte le potenzialità che sono sue proprie.

p. 4.1. Queste le ragioni.

Occorre partire dal dato, che sostanzialmente già è stato palesato, che nella logica dell’espropriazione presso terzi di crediti, la legittimazione del creditore a chiedere l’accertamento del credito pignorato di fronte alla negativa dichiarazione del debitor debitoris o alla mancanza della sua dichiarazione e, quindi, ad un’azione di accertamento di un rapporto giuridico inter alios, è giustificata dall’esigenza di piena attuazione della garanzia patrimoniale a carico del debitore e rappresenta, tuttavia, dal punto di vista del creditore procedente, cioè del titolare della pretesa consacrata in un titolo esecutivo, una manifestazione, un modo necessario di esercizio di tale pretesa. L’attuazione della pretesa esecutiva non può procedere attraverso le ulteriori attività costituenti il processo di esecuzione forzata per espropriazione presso terzi di crediti ed in questo senso è noto che nella situazione conseguente si ravvisa una sospensione ex lege del processo esecutivo, ma può e deve procedere altrimenti, id est con la legittimazione straordinaria del creditore a chiedere l’accertamento del credito e, quindi, dell’obbligo del terzo, al fine della ripresa del processo esecutivo vero e proprio. Tale legittimazione, o meglio il suo esercizio, rappresenta nient’altro che un’attività di attuazione della pretesa esecutiva consacrata nel titolo esecutivo attraverso il relativo incidente di esecuzione.

Ebbene, se si tiene presente tale rilievo, è giocoforza ritenere che ogni provvedimento che si risolve nella sospensione o nella negazione della pretesa esecutiva di cui al titolo non posa non riverberare i suoi effetti anche su quella manifestazione di detta pretesa che si esprime nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, con la sola particolarità, questa sì desumibile dal principio espresso dall’art. 678, comma 1, che compete al terzo debitor debitoris di renderla eventualmente ininfluente, chiedendo che si dia corso o si continui a dar corso allo svolgimento del giudizio.

Se si ritenesse altrimenti si finirebbe per negare al provvedimento – adottato nell’ambito del rapporto relativo alla pretesa esecutiva e, quindi, riguardante l’esecutante e l’esecutato – la sua piena efficacia, che non può che attingere anche lo svolgimento della pretesa esecutiva con il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Poichè, però, la vicenda concernente la pretesa esecutiva siccome oggetto di detto provvedimento interferisce con la situazione giuridica del terzo, l’efficacia del provvedimento può dispiegarsi – in ragione del principio desumibile dall’art. 678 – soltanto subordinatamente all’assenso del debitor debitoris. Si tratterà, dunque, di una sospensione ex lege ma condizionata all’assenso del terzo.

Ne deriva, in particolare, che va riconosciuta efficacia di sospensione ex lege del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, quale che sia lo stato e il grado in cui esso si trova, se il terzo non chieda la prosecuzione del giudizio, ai seguenti eventi:

a) sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 623 c.p.c. e, quindi, in sede di giudizio di cognizione sul titolo e, pertanto, in particolare (restando alle sole ipotesi previste dal Codice di rito e senza pretesa di completezza), nelle ipotesi di cui all’artt. 283, 373, 401, 431, comma 2 e 4, art. 447, comma 3, artt. 649, 830 c.p.c.: in tali casi, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo sia pure per provvedimento del giudice della cognizione e, quindi, la misura cautelare che essa esprime, non vedrebbe realizzati i suoi effetti se, nel caso di pignoramento di crediti e di instaurazione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, il particolare modo di esercizio (necessario) della pretesa esecutiva da parte del creditore procedente costituito dal detto giudizio non risentisse della sospensione;

b) sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c. (ed anche ai sensi dell’art. 624 bis c.p.c.): anche qui valgono considerazioni analoghe a quelle sub a);

c) sopravvenienza della sentenza di primo grado nel giudizio di cognizione in cui si sia formato il titolo esecutivo giudiziale provvisorio (esempio: decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) in senso negativo della pretesa consacrata nel titolo: in tali casi la forza di accertamento negativo della pretesa sostanziale cui il titolo esecutivo si riferiva, siccome derivante dall’art. 282 c.p.c., sarebbe negata se non le si attribuisse l’effetto di impedire che la pretesa esecutiva che si attuava attraverso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo sulla base del titolo esecutivo provvisorio possa ancora aver corso;

d) sopravvenienza nel caso sub c) di una sentenza di secondo grado o definitiva che neghi la pretesa consacrata nel titolo: le ragioni sono analoghe;

e) sopravvenienza della sentenza di secondo grado o di quella definitiva negatrici della pretesa esecutiva consacrata nella sentenza di primo grado o in quella di secondo grado e posta a base dell’esecuzione per espropriazione presso terzi di crediti;

f) sopravvenienza, nel caso in cui l’esecuzione per espropriazione presso terzi che abbia dato luogo al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo non sia stata sospesa ai sensi dell’art. 624 c.p.c., della sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione oppure della sentenza di secondo grado in tal senso o di quella definitiva sempre in tal senso.

In definitiva, tutti gli eventi che si concretano nella sospensione o negazione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo o nella sospensione dell’esecuzione a seguito di opposizione all’esecuzione o nella negazione del diritto di procedere all’esecuzione nell’opposizione all’esecuzione, sono eventi che impongono la sospensione in via consequenziale del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, a meno che il debitor debitoris non chieda che esso continui il suo svolgimento.

V’è da domandarsi quale sia l’effetto che, in ipotesi di concessione della sospensione dell’esecuzione dell’esecutività del titolo in sede cognitiva da parte del giudice davanti al quale si discute la pretesa in esso consacrata, oppure di sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 nel giudizio di opposizione all’esecuzione, si debba ricollegare alla sopravvenienza di una sentenza che invece (in sede cognitiva) accerti la pretesa consacrata nel titolo o rigetti l’opposizione all’esecuzione: è da credere che in tal caso, anche se la sentenza non è definitiva la causa di accertamento dell’obbligo del terzo possa senz’altro essere riassunta e possa riprendere.

Non è questa, poi, la sede per soffermarsi sulle conseguenze che, ferma la sospensione, può avere sulla sua ipotetica definizione una sentenza di primo grado che nel giudizio di opposizione all’esecuzione accolga quest’ultima e, quindi, accerti l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione per come concretatosi nel pignoramento e oggetto dell’opposizione. E’ da credere che il terzo debitor debitoris in tal caso abbia l’interesse alla prosecuzione ai fini della sua decisione con una sentenza che, constatato che è stato negato quel diritto, rilevi la sopravvenuta inesistenza dell’interesse alla legittimazione del creditore a chiedere l’accertamento dell’obbligo del terzo.

p. 5. Le considerazioni svolte giustificano nella specie la sospensione del giudizio disposta dal Tribunale, atteso che nel giudizio di opposizione all’esecuzione è sopravvenuta, pur in situazione in cui l’esecuzione non era stata sospesa ai sensi dell’art. 624 c.p.c., sentenza di accoglimento e, quindi, una sentenza che ha negato la pretesa esecutiva sulla base del quale il credito del debitore verso il terzo era stato pignorato.

L’istanza di regolamento è pertanto rigettata.

Le spese del giudizio di regolamento seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione a ciascuna delle parti resistenti delle spese del giudizio di regolamento, liquidate a favore della Repubblica Popolare di Cina in Euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge, ed a favore del Ministero degli Affari Esteri in Euro duemila, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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