Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15965 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. III, 06/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.X., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato LUPONIO ENNIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PORRATI CARLO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASSA DI RISPARMIO DI ALESSANDRIA SPA – societa’ soggetta

all’attivita’ di direzione e coordinamento della Banca Popolare di

Milano, appartenente al Gruppo Bipiemme – Banca Popolare di Milano in

persona del Presidente e legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo Studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MORANDI CLAUDIA, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

EUROPE LI DOU TRADING di ZAI GUIDO & C. (gia’ Europe Li Dou

Trading

di Cattaneo Giovanni & C);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1512/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

19.9.08, depositata il 27/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Gabriele Pafundi che si

riporta agli scritti;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. FUZIO Riccardo che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 20 maggio 2009 C.X. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 20 marzo 2009, depositata in data 27 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Torino, confermativa della sentenza del Tribunale di Alessandria, che aveva accertato l’esistenza del credito pignorato dalla Cassa di Risparmio di Alessandria nell’ambito della procedura esecutiva promossa nei confronti della debitrice Europe Li Dou Trading di Zai Guido & C..

La Cassa d Risparmio di Alessandria ha resistito con controricorso, mentre l’Europe Li Dou Trading di Zai Guido & C. non ha svolto attivita’ difensiva.

2 – Il ricorso viola palesemente la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti e’ orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 de 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimita’.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Il ricorrente non ha ottemperato agli oneri processuali sopra evidenziati in relazione ai documenti posti a fondamento delle argomentazioni addotte.

3. – Sotto altro profilo, la formulazione del motivo di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. e segg., dell’art. 1523 c.c. e segg., dell’art. 2917 c.c., dell’art. 549 c.p.c., omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio. Il motivo contiene plurime censure ontologicamente e strutturalmente diverse, quali la violazione e la falsa applicazione (che, non essendo sinonimi, debbono essere specificate) di norme di diritto e i vizi di motivazione nella triplice forma della omissione, insufficienza e contraddittorieta’ e, quindi, risulta privo del necessario carattere di specificita’ e si pone in contrasto con il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

Inoltre le argomentazioni a sostegno presuppongono esame e valutazione delle risultanze processuali, attivita’ inibite al giudice di legittimita’.

Infine formula un quesito di diritto che non da ragione delle numerose violazioni e false applicazioni denunciate e risulta svincolato dai necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata, mentre i tre momenti di sintesi relativi al vizio di motivazione presuppongono l’accertamento di questioni di fatto non esaminabili in questa sede.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; la resistente chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non superano i rilievi contenuti nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 c.p.c..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

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