Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15963 del 25/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15963 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 5525-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SIMONI GIUSEPPE GIORGIO SMNGPP41D23E202E,
elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGO TEVERE
MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato CAMPIONE
SUSANNA DONATELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato
MUSSIO FRANCESCO, giusta procura speciale alla lite in calce al
controricorso;

– controricorrente –

20-1

Data pubblicazione: 25/06/2013

avverso la sentenza n. 43/30/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di FIRENZE del 22.10.09, depositata il 23/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE
BOGNANNI;

la riunione al ricorso n. 5490/2011, si riporta agli scritti ed inoltre
chiede la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

AELE

CENICCOLA che si rimette al collegio sulla decisione della riunione.

Ric. 2011 n. 05525 sez. MT – ud. 22-05-2013
-2-

udito per il controricorrente l’Avvocato Francesco Mussio che chiede

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 5525/11

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrente: Giuseppe Giorgio Simoni

Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana n. 43/30/09, depositata il 23 febbraio 2010, con la quale essa rigettava l’appello della medesima
contro la decisione di quella provinciale, sicché veniva accolta
l’opposizione di Giuseppe Giorgio Simoni, inerente all’avviso di
liquidazione delle imposte complementari di registro, ipotecaria e
catastale, dovute con riferimento alla cessione di azienda agri
la, formalmente come conferimento nella appena costituita società
Il Bozzino srl., di cui inizialmente erano soci soltanto egli e
tale Stefano Rizzi, e solo pochi mesi dopo anche la moglie di questi, Elisabetta Giappetti, ai quali lo stesso aveva ceduto tutte
le sue quote, uscendo dalla compagine sociale. In particolare la
CTR osservava che l’atto di conferimento di azienda al momento
della costituzione della società Il Bozzino doveva essere valutato
nella sua dimensione “statica”, e quindi non poteva essere interpretato in funzione dinamica con i negozi successivi relativi alla
cessione di tutte le quote di Simoni ai coniugi Rizzi-Giappetti, e
quindi come contratto a formazione progressiva, anche perché solo
gli atti posteriori semmai potevano configurare ipotesi di elusione fiscale; tuttavia non se ne doveva tenere conto, essendo il tema devoluto limitato alla prima fase circa il conferimento dei
terreni con i fabbricati. Il contribuente resiste con controricorso, ed ha depositato memoria, con cui anche chiede la riunione di
esso all’altro avente il RG. n. 5490/11 relativo alla società Il
Bozzino srl.

Oggetto: impugnazione avviso liquidazione imposta registro,

2

Motivi della decisione

2. Preliminarmente si rileva che tale ricorso, che peraltro
non è stato ancora nemmeno fissato per la discussione, riguarda
una parte diversa, e cioè la società n Bozzino, e quindi difetta
il presupposto della connessione soggettiva per la riunione, che

trattazione congiunta ritarderebbe la definizione di quello oggi
in discussione.
3. Ciò premesso, col primo motivo di ricorso la ricorrente deduce vizi di motivazione, in quanto il giudice di appello non considerava che il conferimento di ricchezza si era già verificato
con la cessione degli immobili al momento della costituzione della
società, e gli atti successivi, peraltro recenti, circa la cessione di tutto il pacchetto di quote sociali, configuravano
un’operazione economica unitaria, rilevante ai fini imposit

in

argomento.
Il motivo va condiviso, dal momento che in tema di
registro, la scelta, compiuta dal legislatore con l’art. 20 del
d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, di privilegiare, nella contrapposizione fra “la intrinseca natura e gli effetti giuridici” ed “il
titolo o la forma apparente” di essi, il primo termine, unitariamente considerato, implica, assumendo un rilievo di fondo, che gli
stessi concetti privatistici sull’autonomia negoziale regrediscano
a semplici elementi della fattispecie tributaria. Ciò comporta
che, ancorché non possa prescindersi dall’interpretazione della
volontà negoziale secondo i canoni generali, nell’individuazione
della materia imponibile dovrà darsi la preminenza assoluta alla
causa reale sull’assetto cartolare, con conseguente tangibilità,
sul piano fiscale, delle forme negoziali, in considerazione della
funzione antielusiva sottesa alla disposizione in parola, sicché
l’autonomia contrattuale e la rilevanza degli effetti giuridici
dei singoli negozi (e non anche di quelli economici, riferiti alla
fattispecie globale) restano necessariamente circoscritti alla regolamentazione formale degli interessi delle parti, perché altri2

perciò non va disposta in sede di legittimità, anche perchè la

3

menti finirebbero per sovvertire i detti criteri impositivi (Cfr.
anche Cass. Sentenze n. 13580 del 11/06/2007, n. n. 10273 del
04/05/2007).
Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in
modo giuridicamente corretto.

ma di legge, giacché il giudice di appello non considerava che
tutti i negozi dovevano essere valutati come una complessa operazione unitaria, anche per la loro quasi contestualità e la fuoriuscita del cedente dalla società, a base ristretta tra i due coniugi, e ciò con chiaro intento elusivo, e quindi con abuso di dir
to.
La censura è fondata, dal momento che, com’è noto,

v/in ma

a

tributaria, costituisce condotta abusiva l’operazione economica
che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo
elusivo del fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non
opera ove esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta (V. pure Cass. Sentenze n. 19234
del 2012, n. 21782 del 2011). Peraltro il principio secondo cui,
in forza del diritto comunitario, non sono opponibili alla Amministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente
che costituiscano “abuso del diritto”, cioè che si traducano in
operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale, deve estendersi a tutti i settori dell’ordinamento
tributario, e dunque anche all’ambito delle imposte indirette,
prescindendosi dalla natura fittizia o fraudolenta della operazione stessa, essendo all’uopo sufficiente anche la mera prova presuntiva, come nella specie. Pertanto incombe sul contribuente la
prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non meramente marginale o teorico (Cfr. anche
Cass. Sentenze n. 8772 del 04/04/2008, n. 25537 del 30/11/2011).
Quindi anche su tale punto la sentenza impugnata non risulta
motivata in modo giuridicamente corretto.

3

3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di nor-

4

4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa
può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori
accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto del
ricorso in opposizione del contribuente avverso l’avviso di l’

5. Quanto alle spese del doppio grado, sussistono giu i otivi per compensarle, mentre le altre di questo giudizio s guono la
soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo
nel merito, rigetta quello introduttivo; compensa le spese del
doppio grado, e condanna il controricorrente al rimborso di quelle
di questo giudizio, che liquida in euro 6.000,00(seimila/00) per
onorario, oltre a quelle prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2013.

dazione.

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