Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15960 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 24/07/2020), n.15960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8654/2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Roma presso la SC di

Cassazione, rapp. e difeso dall’avv. Felice Patruno del foro di

Bari;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Procuratore Generale Corte Cassazione;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 11/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1/07/2020 dal Pres. Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

 

Fatto

RILEVATO

che il signor A.S., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Bari, investito dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha respinto le istanze intese al riconoscimento delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), avendo il decidente denegato il chiesto riconoscimento escludendone i presupposti in relazione alla regione di provenienza del ricorrente, astenendosi dal procedere ad una valutazione della situazione quantomai critica di essa documentata dalle fonti internazionali; 2) dell’omesso esame di un fatto decisivo, avendo il decidente omesso di valutare a riprova del sufficiente livello di integrazione del ricorrente nel nostro paese la sua condizione di socio lavoratore di una società debitamente documentata; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente parimenti negato l’accesso alla misura della protezione umanitaria in ragione dell’esito negativo del giudizio di comparazione, quantunque il ricorrente svolgesse nel nostro paese un’attività lavorativa e fosse perciò integrato nel nostro paese;

che non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non avendo il medesimo notificato controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo un “atto di costituzione”, ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo di ricorso è affetto da primaria inammissibilità;

che, in disparte dalla constatazione che esso non trova riscontro nel compendio argomentativo sviluppato dal decidente nel rigettare la deduzione sul punto (l’affermazione censurata è resa infatti dal decidente al termine di un iter espositivo più composito in cui si analizza in base alle risultanze del rapporto EASO 2017 la complessiva situazione interna della regione di provenienza e fruirne isolatamente il contenuto non ne rispecchia fedelmente il senso) il motivo, sebbene formalmente declinato in guisa di errore di diritto, denuncia sotto la forma dell’omessa o insufficiente motivazione, un mero vizio motivazionale;

che, in relazione ad esso, è perciò in senso ostativo argomento assorbente ricordare che “in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia” (Cass., Sez. III, 12/10/2017, n. 23940);

che il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente in quanto la doglianza formulata con il secondo motivo può trovare concezione solo con riferimento al disconoscimento della protezione umanitaria, sono entrambi inammissibili;

che, invero, osservato in breve che il Tribunale non è affatto incorso nell’omissione lamentata avendo affermato che “non appare censurabile la mancata adozione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, neppure avendo riguardo a quanto affermato dal ricorrente circa la sua attuale occupazione lavorativa, non essendo stato prodotta, nel corso del presente giudizio, idonea documentazione attestante quanto riferito”, le declinate censure – a tacitazione del merito delle quali le SS.UU. di questa Corte hanno definitivamente stabilito che non è decisivo “il livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato” (Cass. Sez. U, 13/11/2019, n. 29459) – enunciano una critica motivazionale manifestazione di un mero dissenso argomentativo avente ad oggetto l’apprezzamento delle circostanza di fatto operato dal decidente di merito, sicchè esse si traducono nell’indiretta postulazione a rinnovare il sindacato meritale che non è tuttavia compito istituzionale di questa Corte;

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Nulla spese in difetto di attività difensiva avversaria e doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Doppio contributo, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

 

 

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