Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15960 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

ARBOSTI MAURO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) in persona dell’amministratore pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 23, presso lo studio

dell’avvocato VILLA PIERGIORGIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CUZZETTI STEFANO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1025/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

18.11.09, depositata il 24/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Piergiorgio Villa che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte:

Letti gli atti depositati.

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: il Condominio Villa Alba ha proposto opposizione a due decreti ingiuntivi intimati da M.A. per il pagamento di somme che asseriva essergli dovute.

Con sentenza depositata in data 24 novembre 2009 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale, che aveva revocato i decreti ingiuntivi e accolto la domanda riconvenzionale.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c..

3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 104 c.p.c.. Si assume che gli amministratori del Condominio erano legittimati a proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo, ma non la domanda riconvenzionale e che non avrebbero potuto introdurre una domanda fondata su causa petendi diversa da quella che aveva giustificato l’emissione dei decreti.

La censura è inammissibile poichè si pone in contrasto con l’art. 360 bis c.p.c., n. 1, in quanto non dimostra che la sentenza impugnata abbia deciso le questioni di diritto in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Giova ribadire: 1) in tema di condominio, ben può l’amministratore agire, nei confronti di un terzo, per il recupero di una quota di oneri dovuti al condominio; ciò nell’ambito delle proprie prerogative, che non si limitano alle azioni esperibili nei confronti di condomini, in quanto l’art. 1131 c.c. espressamente prevede che l’amministratore – nei limiti delle sue attribuzioni – può agire sia nei confronti dei condomini che nei confronti di terzi (Cass. n. 12130 del 2004); 2) nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente, nella sua sostanziale posizione di convenuto, propone, ove muti le ragioni in base alle quali chiede la revoca dell’ingiunzione, domande riconvenzionali o diverse e nuove eccezioni, che sono ammissibili nei limiti del disposto degli artt. 167 e 345 cod. proc. civ. (Cass. n. 11368 del 2006). Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1130, 1133 c.c, i.e. dei limiti della legittimazione attiva dell’amministratore condominiale. La censura, esposta in termini non più chiari di quelli utilizzati per il primo motivo e tali da rendere opinabile persino l’individuazione delle critiche mosse alla sentenza della Corte territoriale, sostanzialmente assume che la domanda del condominio implicava l’accertamento della mala gestio del mandato di rappresentanza e la conseguente richiesta di condanna. Su tale base viene invocato il difetto di rappresentanza degli amministratori del condominio. La censura ripete, sia pure sotto un profilo parzialmente diverso, la precedente e, quindi, ne segue la sorte.

Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 101 c.p.c.. Anche questo motivo riguarda la mancanza in capo all’amministratore dell’apposita autorizzazione dell’assemblea tanto all’atto del conferimento dell’incarico al legale, quanto all’atto della costituzione in giudizio.

La censura è inammissibile, sia perchè fa riferimento ad un documento (verbale di assemblea) nei cui confronti non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008), sia perchè le norme indicate sono incongrue rispetto al fatto denunciato.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; il resistente ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio; 5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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