Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15959 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 24/07/2020), n.15959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7168/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma presso la SC di

Cassazione, rapp. e difeso dall’avv. Felice Patruno del foro di

Bari;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Procuratore Tribunale Bari, Procuratore

Generale Corte Cassazione;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 14/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1/07/2020 dal Pres. Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

 

Fatto

RILEVATO

che il signor S.M., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Bari, investito dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha respinto le istanze intese al riconoscimento delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione a mezzo della quale il decidente ha ricusato il riconoscimento della protezione sussidiaria quantunque nella specie si fossero rappresentate circostanza di fatto che avrebbero giustificato l’audizione del ricorrente; 2) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), avendo il decidente denegato il chiesto riconoscimento escludendo in relazione alla regione di provenienza del ricorrente, la situazione di rischio di un danno grave quantunque lo stesso decidente avesse riportato fonti informative evidenzianti la situazione di grave insicurezza corrente nella regione; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 avendo il decidente parimenti negato l’accesso alla misura della protezione umanitaria in ragione dell’esito negativo del giudizio di comparazione, quantunque il ricorrente svolgesse nel nostro paese un’attività lavorativa e versasse in precarie condizioni di salute;

che non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non avendo il medesimo notificato controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo un “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica, inidoneo allo scopo.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo di ricorso, pur incidentalmente osservando che l’audizione del richiedente non è adempimento necessario (Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 5973), è affetto da primaria inammissibilità poichè, come questa Corte ha già reiteratamente statuito, “in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, , disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia” (Cass., Sez. III, 12/10/2017, n. 23940);

che, invece, il secondo motivo è fondato;

che la censura, invero, evidenzia un vulnus nell’argomentazione del decidente che inficia il provvedimento impugnato e ne determina la nullità configurandosi in essa, secondo gli intendimenti di SS.UU. 8053/2014 e 8054/2014, un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e nella specie consistente nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” posto che, nell’esaminare il motivo di gravame afferente alla pretesa violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, il Tribunale ha dapprima dato atto che “come si apprende da sicure fonti internazionali il paese di provenienza del ricorrente non evidenzia particolari criticità sotto il profilo della sicurezza all’infuori di talune zone (ben diverse da quella di provenienza del ricorrente”, rilevando altresì che “non è in discussione che il ricorrente provenga dalla regione del (OMISSIS)” e di seguito, citando le fonti informative internazionali a conforto del rigetto della misura nello specifico richiesta, riporta un’informativa a cura di Amnesty International registrando che “sono continuate le tensioni tra India e Pakistan in un contesto di attacchi con armi da fuoco di entrambi i lati della linea di controllo che divide il territorio conteso del (OMISSIS)”, così incorrendo nel giudicare la situazione dell’area da cui proviene il ricorrente in una insanabile contraddizione tra l’affermazione consacrata nel giudizio sfavorevole e l’affermazione recepita citando la detta fonte;

che il terzo motivo è inammissibile;

che, osservato in breve che il Tribunale – rettamente richiamando gli enunciati di questa Corte in argomento da ultimo confermati da SS.UU. 13/11/2019, n. 29459, ha motivato il rigetto della misura richiesta alla stregua del demandato giudizio di comparazione tra la condizione del ricorrente nel nostro paese e quella alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, all’esito del quale ha ritenuto insussistente in capo al medesimo “un’effettiva lesione dei diritti fondamentali”, escludendo in particolare che fosse a tal fine significativo di avvenuta integrazione “il lavoro come lava piatti… intrapreso dopo il deposito del ricorso” e che la patologia rappresentata evidenziasse un requisito di vulnerabilità “sotto l’aspetto medico-assistenziale” – va detto, infatti, che la formulata censura costituisce mera espressione di un dissenso valutativo, sicchè essa è intesa a rivedere lo sfavorevole apprezzamento delle circostanze di fatto operato dal decidente di merito e si sostanzia perciò nella postulazione di un nuovo sindacato riguardo ad esse che non è compito di questa Corte esperire;

che, in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibili risultando il primo ed il terzo; il decreto impugnato va cassato con rinvio sul punto a Tribunale a quo, in diversa composizione, per il riesame della questione.

PQM

Accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibili gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questo grado, al Tribunale, di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

 

 

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