Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15957 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14620/2010 proposto da:

B.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 45, presso lo studio dell’avvocato CIOLINA

ANGELO, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELE DONATO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INA ASSITALIA SPA, in persona del Procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio legale

associato BERNARDINI, rappresentata e difesa dagli avvocati

BERNARDINI Sveva, PRASTARO ERMANNO giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.I.K.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 24415/2009 del TRIBUNALE di ROMA del 28/10/09,

depositata il 25/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Prastaro Ermanno, difensore della controricorrente

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che nulla

osserva.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

B.A. ha chiesto il risarcimento dei danni subiti nel sinistro stradale, che assumeva essersi verificato per colpa di R.I..

Con sentenza depositata in data 25 novembre 2009 il Tribunale di Roma ha confermato la sentenza del Giudice di Pace, che aveva rigettato la domanda. Alla Corte di Cassazione è stata devoluta la seguente questione di diritto: se debba esser affermata la responsabilità della R..

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c..

3. – Il primo motivo denuncia difetto assoluto di motivazione e omesso esame dei motivi di gravame.

In violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, il ricorrente non indica a quale delle ipotesi regolate dall’art. 360 c.p.c., intendesse fare riferimento. Le argomentazioni addotte sono generiche e non dimostrano (vedi art. 360 bis c.p.c., n. 1) che la sentenza impugnata abbia deciso le questioni di diritto in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, considerato che questa ha costantemente affermato la legittimità della motivazione della sentenza per relationem.

Il secondo motivo lamenta illogicità dell’impianto argomentativo retrostante all’impugnata sentenza. Violazione dei principi generali in tema della valutazione delle prove e oneri probatori.

La rubrica della censura presenta la stessa omissione rilevata per la precedente. Le argomentazioni addotte a sostegno peccano di genericità e contengono riferimenti ad un documento (il CID) nei cui confronti non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. (rectius: art. 366, n. 6).

Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3, n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Il terzo motivo assume l’efficacia limitata della confessione nei confronti del solo confidente. Anche questa censura è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, per le vedute ragioni. Le argomentazioni a ssotegno si rivelano astratte.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; la resistente ha chiesto di essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 28 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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