Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15956 del 27/06/2017

Cassazione civile, sez. lav., 27/06/2017, (ud. 16/11/2016, dep.27/06/2017),  n. 15956

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27783-2013 proposto da:

NEXTIRAONE ITALIA S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SALONIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO MASSIMO

COZZOLINO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., ALCATEL LUCENT ITALIA S.P.A.;

– intimati –

Nonchè da:

ALCATEL LUCENT ITALIA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO GIAMMARIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE MANCA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

G.G. nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA C. MIRABELLO 25, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

MORTELLITI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

NEXTIRAONE ITALIA S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SALONIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO MASSIMO

COZZOLINO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

Nonchè da:

G.G. nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA C. MIRABELLO 25, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

MORTELLITI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

NEXTIRAONE ITALIA S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SALONIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO MASSIMO

COZZOLINO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

ALCATEL LUCENT ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4146/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/06/2013 R.G.N. 4806/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato COZZOLINO FABIO MASSIMO;

udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA per delega orale Avvocato GIAMMARIA

FRANCESCO;

udito l’Avvocato MORTELLITI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO del PROCESSO

Il giudice del lavoro di Roma, in parziale accoglimento delle domande proposte dall’attore G.G., dichiarava costui creditore della società NEXTIRA-ONE ITALIA S.r.l. della somma di Euro 41.825,02 (di cui Euro 20.031,30 a titolo di indennità suppletiva di clientela, Euro 9315,33 a titolo di indennità di risoluzione del rapporto, Euro 5023,39 a titolo di pagamento della fattura numero 14 del 2002, Euro 6417,49 a titolo di “parco provvigioni dovute sino al 25 novembre 2002” ed Euro 1037,51 a titolo di differenze su provvigioni per l’anno 2002); dichiarava, altresì, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla società NEXTIRAONE, quest’ultima creditrice nei confronti di G.G. della somma di Euro 53.422,83 a titolo di indennità di mancato preavviso; procedeva infine alla compensazione delle suddette poste e condannava il G. al pagamento in favore della società della somma di Euro 11.597,81 oltre accessori. Inoltre, il giudice adito dichiarava la nullità della chiamata in causa della Alcatel Italia S.p.A. per difetto di procura.

Avverso la suddetta pronuncia il G. interponeva gravame, per cui la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 4146 del 29 aprile/1 giugno 2013, in parziale riforma della decisione impugnata, così provvedeva:

rigettava l’eccezione di nullità della chiamata in causa di Alcatel Italia per difetto di procura; condannava la S.r.l. NEXTIRAONE Italia al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 34.925,00 a titolo di provvigioni per l’anno 1998 e di Euro 11.156,33 a titolo di provvigioni per l’anno 1999, oltre accessori;

condannava l’anzidetta società al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 23.370,00 a titolo di premio per superamento del budget anno 2002, oltre accessori dalla cessazione del rapporto al saldo;

condannava la srl NEXTIRAONE Italia al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di 53.720,13 a titolo di differenze provvisionali per l’anno 2002, oltre accessori;

condannava, ancora, la società al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 29.557,78 a titolo di provvigioni per mancata attribuzione di ordini, oltre accessori;

confermava nel resto la sentenza appellata;

condannava l’appellante G. pagamento, in favore di Alcatel Lucent Italia S.p.A. (già Alcatel Italia S.p.A.), delle spese di lite, relative a doppio grado del giudizio, all’uopo liquidate; dichiarava compensate le spese di lite per entrambi i gradi tra l’appellante e la NEXTIRAONE Italia S.r.l. nella misura del 50% e condannava detta società al pagamento, in favore del ricorrente, della restante quota, liquidata in Euro 3500,00 per il 10 grado ed in Euro 3500,00 per il 20;

da ultimo, poneva definitivamente a carico della società NEXITIRA ONE Italia le spese della espletata c.t.u. liquidate separatamente.

La vicenda di cui è causa traeva origine da un contratto di agenzia, risalente al 4 giugno 1995 ed intervenuto tra G.G. e la ALCATEL DIAL FACE S.p.A., alla quale era subentrata nel contratto Alcatel Italia S.p.A. (a seguito di acquisizione di ramo di azienda relativo alle attività di compravendita di apparati di telecomunicazioni della Alcatel Dial Face) e poi la Alcatel Business Distribution S.p.A. (a seguito di nuova cessione del ramo di azienda in data 1 ottobre 2000). In data 30 luglio 2002 quest’ultima società cambiava denominazione in NextiraOne Italia S.r.l. e con lettera del 5 ottobre 2002 il G. recedeva dal contratto per asserita giusta causa, poichè la NEXTIRAONE Italia non rappresentava più il canale esclusivo sul mercato italiano per la commercializzazione e la distribuzione dei prodotti Alcatel, con conseguente pregiudizio per esso recedente (che aveva l’incarico in esclusiva della vendita dei prodotti Alcatel per Roma e provincia in base al contratto del 4 giugno 1995), donde il vantato diritto all’indennità per mancato preavviso (pari all’importo dei compensi per sei mesi).

Secondo la Corte capitolina, non sussisteva il diritto vantato dal G., circa l’indennità di preavviso, perchè egli nel ricorso introduttivo nulla aveva dedotto in ordine alla gravità del pregiudizio subito a causa del venir meno dell’esclusiva nella vendita di prodotti Alcatel, ai fini della necessaria verifica giudiziale della sussistenza di un impedimento di gravità tale da impedire la prosecuzione temporanea del rapporto; peraltro, neanche era stata allegata la sussistenza di un inadempimento imputabile alla società, non essendovi stata da parte della preponente l’attribuzione dell’incarico ad altri agenti nella zona di esclusiva del G., nè risultava un’attività di vendita diretta.

Pertanto, andava confermata la sentenza impugnata, laddove aveva respinto la domanda di pagamento dell’indennità di mancato preavviso.

La pronuncia andava, invece, riformata laddove aveva dichiarato la nullità della chiamata in causa di Alcatel Italia S.p.A. da parte dell’originario ricorrente per asserito difetto di idonea procura alle liti, atteso che in base alla citata giurisprudenza il mandato ad litem conferisce al difensore la facoltà di proporre tutte le domande non eccedenti l’ambito della originaria controversia. Nella specie, quindi, nei riguardi di Alcatel Italia, non risultava essere stata proposta alcuna diversa domanda rispetto a quella originariamente avanzata nei confronti della convenuta NEXTIRAONE Italia S.r.l.; nè era stato ampliato l’ambito della controversia con l’introduzione di un rapporto diverso, rispetto alla causa principale, sicchè non si era reso necessario il rilascio di una nuova procura per la chiamata in causa di Alcatel Italia S.p.A.. Ciò nondimeno quest’ultima non poteva essere condannata al pagamento delle richieste provvigioni per gli anni 1998 e 1999, stante il decorso della eccepita prescrizione quinquennale, che era stato interrotto nei confronti di Alcatel Italia soltanto con la notifica dell’atto in data 24 maggio 2005.

Quanto alle pretese creditorie inerenti alle somme richieste per provvigioni relative agli anni 1998 e 1999, a titolo di premio per superamento del budget 2002, a titolo di differenze provvigioni anno 2002 ed a titolo di mancata attribuzione ordini, i rilievi dell’appellante erano da considerarsi fondati.

Le provvigioni 1998 – 1999 erano state quantificate dal c.t.u. nominato in secondo grado sulla base della documentazione in atti. Il consulente aveva precisato nella sua relazione come nessun documento fosse stato prodotto al riguardo dal consulente di parte Alcatel, nonostante le riserve dal medesimo espresse in ordine ai dati richiamati nell’elaborato predisposto dall’appellante. Rilevava, altresì, la Corte territoriale come entrambe le convenute non avessero depositato i documenti relativi agli ordini inviati dal ricorrente al fine di contestare specificamente le richieste del medesimo.

Contrariamente a quanto opinato dal giudice di primo grado (secondo il quale nella specie era fondata l’eccezione della convenuta NEXTIRAONE di carenza di legittimazione passiva per essere le anzidette provvigioni anteriori alla cessione del ramo di azienda in data 1 ottobre 2000 e ritenuto comunque che la stessa non potesse risponderne ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2 non risultando posizioni debitorie al riguardo nelle scritture contabili della società dante causa), ad avviso della Corte distrettuale nella specie era applicabile l’art. 2558 c.c. in tema di successione nei contratti, sicchè la società appellata (che all’epoca della cessione in data 1 ottobre 2000 aveva una diversa denominazione) era subentrata nel rapporto di agenzia con il G., quindi proseguito alle stesse condizioni concordate precedentemente. Di conseguenza, la stessa doveva rispondere dei debiti derivanti dal suddetto contratto senza le limitazioni di cui all’art. 2560, comma 2 (citando tra l’altro Cassazione n. 11318 del 2004).

Quanto al premio per il superamento del budget relativo all’anno 2002, la documentazione in atti (ordini fatturati sino a tutto il 2002) comprovava l’avvenuto superamento del limite previsto per la concessione del premio. Sul punto il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato l’avvenuto superamento del budget di ordini acquisiti e portati a fatturazione nell’anno 2002 (tenuto conto degli ordini portati a fatturazione sia prima che dopo la data di risoluzione del rapporto, riferendosi gli stessi comunque al 2002).

Circa la richiesta di pagamento delle differenze per provvigioni per l’anno 2002, il c.t.u. aveva accertato e calcolato – pur tenuto conto delle deduzioni di parte appellata in ordine alla spettanza di una aliquota provvisionale inferiore a quello ordinaria e pari solo all’1,5% in relazione alla cliente della cosiddetta direzionale – la spettanza comunque di un credito dell’agente pari a Euro 53.720,13 (in luogo di quello maggiore calcolato dallo stesso attore).

Quanto, infine, alla richiesta di pagamento per provvigioni per mancata attribuzione di ordini, relativi agli anni 1999-2001, il consulente tecnico pure aveva quantificato il richiesto corrispettivo. Secondo la Corte territoriale, non rilevava in proposito la circostanza, evidenziata dall’appellata, che trattavasi di ordini relativi al cliente Telecom, come tale escluso dal portafoglio clienti affidati all’agente, emergendo dalla documentazione in atti come la società Telecom Italia fosse inserita tra i c.d. clienti direzionali esclusivamente per i progetti interni, vale a dire come utilizzatore finale, e non nelle ipotesi di ordini provenienti da TELECOM per forniture ad altri clienti finali.

Avverso l’anzidetta pronuncia della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la S.r.l. NEXTIRAONE ITALIA, con atto di cui alla richiesta di notifica in data 28 novembre 2013, affidato a SEI motivi, cui ha resistito G.G. mediante controricorso con ricorso incidentale in data 3 gennaio 2014 formulato sulla scorta di tre motivi.

Ha resistito, altresì, ALCATEL LUCENT ITALIA S.p.A. con controricorso e ricorso incidentale in data 7/8 gennaio 2014, affidato a due motivi, cui ha resistito a sua volta il G. mediante controricorso, evidenziando tra l’altro come la Corte d’Appello, pur avendo rigettato l’eccezione di nullità della chiamata in causa, avesse comunque respinto la domanda dell’attore, accogliendo l’eccezione di prescrizione opposta da ALCATEL Italia, tant’è che egli era stato condannato anche alle relative spese. Tale decisione di secondo grado non era stata impugnata da esso G., con il proprio ricorso incidentale, relativo soltanto ai capi della pronuncia inerenti alle domande avanzate contro la convenuta NEXTIRAONE Italia. Ne derivava che il rigetto dell’unica domanda proposta nei confronti di Alcatel Italia, per le provvigioni 1998/99, era passata in giudicato. Di conseguenza, Alcatel Lucent Italia non aveva più alcun interesse in ordine al suo ricorso incidentale, quindi divenuto inammissibile ed improponibile, a seguito della notifica del ricorso incidentale di esso G., che in pratica si era incrociato con la notifica del ricorso incidentale di Alcatel.

Riguardo agli anzidetti ricorsi incidentali NEXTIRAONE ITALIA S.r.l. si è difesa mediante proprio controricorso (notifiche richieste in data 13-02-2014, eseguite nei successivi gg. 14 e 19). Memorie ex art. 378 c.p.c. sono state depositate nell’interesse delle società NEXTIRAONE ITALIA e ALCATEL LUCENT ITALIA.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo del ricorso principale è stato formulato con riferimento a violazione dell’art. 2697 c.c., comma 10 nonchè degli artt. 61 e ss. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La sentenza impugnata era viziata nella parte in cui con riferimento alle differenze provigionali richieste dall’attore per gli anni 1998 e 1999 era stato ritenuto spettante l’ammontare calcolato dal c.t.u. sulla base delle tabelle allegate ai numeri 4 e 5 del fascicolo di parte attrice. Infatti, era stata disposta consulenza tecnica di ufficio contabile pur in assenza di prova, nonostante l’eccezione ritualmente opposta dalla convenuta nei precedenti gradi del giudizio (citazione della memoria di appello pagina 10, lo stesso giudice di 10 grado aveva rilevato la totale carenza probatoria relativa ai crediti per gli anni 1998 e 1999, anche il consulente tecnico di Alcatel Italia aveva puntualmente dedotto una carenza probatoria in proposito. Ciò nonostante la Corte d’Appello aveva ritenuto dovuto al G. le anzidette differenze provigionali disattendendo così il principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697. D’altra parte, era noto che la consulenza di ufficio non costituisce un mezzo istruttorio in senso proprio).

Nè la palese lacuna probatoria in ordine alle ragioni giustificative delle maggiori quote provigionali rivendicate poteva essere sostituita da una sorta di inversione dell’onere della prova, che il giudice di appello aveva fatto implicitamente ricadere in capo alla originaria società preponente, laddove aveva osservato come entrambe le convenute non avessero depositato i documenti relativi agli ordini inviati dal G. al fine di contestare specificamente le richieste di costui.

Con il secondo motivo del ricorso principale sono state dedotte la violazione dell’art. 2560 c.c. e l’erronea nonchè la falsa applicazione dell’art. 2558 c.c., tanto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 10, n. 3.

Nella specie, secondo la ricorrente, erroneamente era stato applicato l’art. 2558 (successione nei contratti), laddove la stessa Corte territoriale, nel riconoscere la fondatezza dell’eccezione di prescrizione opposta dall’ALCATEL in ordine alle pretese creditorie azionate dal G. (pure) nei riguardi di detta chiamata in causa, con riferimento alle provigioni per gli anni 1998 e 1999, aveva di fatto finito per ricondurre la fattispecie concreta alla previsione di cui all’art. 2560 c.c. (in quanto tale norma presupponeva la responsabilità diretta dell’alienante), sicchè era evidente, ad avviso della ricorrente principale, l’insanabile contraddittorietà con la successiva statuizione, in base alla quale la medesima fattispecie concreta veniva sussunta nell’abito disciplinato dall’art. 2558, di guisa che la convenuta/appellata società era stata considerata obbligata nei confronti dell’agente per i debiti derivati dal contratto in cui era subentrata.

Con il terzo motivo del ricorso principale, è stato denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che aveva formato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5), nonchè, ex art. 360 c.p.c., n. 3, è stata ipotizzata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..

La Corte distrettuale aveva riconosciuto la spettanza del premio per il superamento del budget per l’anno 2002, quantificato in 23.370 Euro sul rilievo che la documentazione in atti comprovava l’avvenuto superamento del limite previsto per la concessione dello stesso premio. La decisione era viziata in quanto vi era stato omesso esame di circostanze decisive per il giudizio, risultanti dagli stessi documenti prodotti dall’agente, dai quali emergeva che il G. non aveva superato il budget per l’anno 2002 (vedi documenti allegati al ricorso, pagine da 28 a 31, tra cui missiva di Alcatel in data 23 luglio 2002 diretta al G., laddove si precisava che il premio veniva posto in relazione al raggiungimento dell’eventuale superamento del budget ordini acquisiti e portati a fatturazione, ossia del valore dei contratti effettivamente eseguiti fatturati, affidato per il 2002 in relazione alla vendita di prodotti fonia, dati e servizi, in ragione dell’ammontare di Euro 2.050.000, il tutto così come ivi precisato.

La circostanza decisiva, ma non considerata dai giudici di appello, consisteva nel fatto che non tutti gli ordini eseguiti risultavano fatturati nel 2002, di modo che il valore degli ordini pari a Euro 2.337.723,00 andava ridotto, con esclusione di quelli non fatturati, alla somma di complessivi Euro 1.376.557,90, somma che non solo non consentiva il raggiungimento del budget, ma neanche il raggiungimento della quota minima del 90% dello stesso.

La conclusione cui erano pervenuti i giudici di secondo grado era dunque viziata, perchè recepiva l’erronea valutazione dei dati contabili operata dal c.t.u., il quale, nel tener conto degli ordini acquisiti e portati a fatturazione, non solo aveva disatteso il tenore della lettera in data 23 luglio 2002 (la quale faceva riferimento al valore dei contratti effettivamente eseguiti e fatturati), in aperta violazione dei canoni fondamentali di ermeneutica contrattuale, ma aveva altresì stravolto i più elementari principi di ripartizione dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., ponendo a carico della società convenuta l’onere di dimostrare la non fatturazione nel 2002 delle conferme d’ordine, non essendo stato l’ex agente in grado di dimostrare in giudizio, come invece avrebbe dovuto, l’avvenuta a fatturazione nell’anno degli ordini (si riporta tra l’altro anche un brano della c.t.u., laddove l’ausiliare pur menzionando la suddetta lettera del 23 luglio 2002, nonchè il documento contabile di NAXITIRAONE relativo agli ordini fatturati per l’anno 2002 al 30-09-2002, per complessivi 1.456.549,72 Euro, cui il c.t.u. aggiungeva il valore degli ordini di G. fatturati da ottobre a dicembre 2002, deducendo che durante tale ultimo periodo fossero stati fatturati gli ordini che al 30-09-2002 non risultano ancora tali, rilevandoli dal riepilogo ordini acquisiti nel 2002 dal G. al 15 ottobre 2002 – doc. D2 fascicolo ricorrente/appellante, tra i quali spiccavano quelli nn. 11256/11263 per un ammontare di circa 800.000,00Euro. A tal riguardo non era stata prodotta da NAXTIRAONE alcuna documentazione comprovante che dette commissioni non fossero state ancora fatturate nel corso del 2002, di modo che il c.t.u. deduceva la loro fatturazione per quello stesso anno).

Con il quarto motivo, è stata denunciata la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2697 codice civile e 61 e seguenti c.p.c. in relazione all’art. 360 numero 3 dello stesso codice di rito, con riferimento alle errata attribuzione delle aliquote provigionali dell’anno 2002, pur in assenza di prova fornita dal G., sicchè era stata riconosciuta a costui in base alla c.t.u. la somma di Euro 53.720,13.

Con il quinto motivo, NEXTIRAONE ITALIA si è doluta della pretesa violazione dell’art. 6 comma 11 dell’AEC Industria 20 marzo 2002, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’anzidetto art. 6, comma 11, dell’Accordo economico collettivo 20 marzo 2002 (ma senza alcuna precisazione circa la sua produzione nel corso del giudizio di merito), secondo parte ricorrente, stabiliva che l’agente aveva diritto alla provvigione sugli affari proposti e conclusi anche dopo lo scioglimento del contratto, se la conclusione fosse effetto soprattutto dell’attività da lui svolta ed intervenisse entro un termine ragionevole dalla cessazione del rapporto. A tal fine, all’atto della cessazione del rapporto, l’agente o rappresentante avrebbe dovuto relazionare dettagliatamente la preponente sulle trattative commerciali intraprese, ma non concluse, a causa dell’intervenuto scioglimento del contratto di agenzia. Qualora nell’arco di quattro mesi dalla data di cessazione del rapporto, alcune di tali trattative fossero andate a buon fine, l’agente avrebbe avuto diritto alle relative provvigioni….

Ad avviso della società, i giudici di appello in violazione del suddetto accordo e dell’art. 2697 c.c. non avevano tenuto conto che l’agente al momento della cessazione del rapporto non aveva provveduto all’anzidetta dettagliata relazione e che l’attore non aveva mai offerto di provare non soltanto l’attività svolta per la conclusione degli affari, ma anche il buon esito degli stessi nel termine di quattro mesi dalla cessazione, laddove il G. si era limitato a predisporre un elaborato riepilogativo, senza alcuna altra indicazione, nè documento giustificativo.

Con il sesto motivo, è stata denunciata, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 61 e ss. c.p.c., dell’art. 111 Cost., comma 7, dell’art. 2560 c.c., comma 2, nonchè ancora la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione al cit. art. 360, n. 3.

In ordine alle provvigioni per mancata attribuzione di ordini relativi agli anni 1999-2001, la Corte di Appello nel recepire la quantificazione operata dal c.t.u., aveva condannato la società al pagamento della somma di Euro 29.557,78, richiamando una generica e non identificata documentazione, da cui sarebbe emerso come Telecom Italia fosse inserita tra i clienti di direzione esclusivamente per progetti interni, vale a dire come utilizzatore finale. La Corte distrettuale aveva accolto la domanda, recependo totalmente la quantificazione a cura dell’ausiliare, il quale si era attenuto esclusivamente alla documentazione di controparte, ossia ad un prospetto contabile predisposto dall’agente nel quale erano stati citati buoni d’ordine Telecom e relative conferme compresi nel periodo 23 marzo 1999/13 marzo 2001. Così decidendo la Corte distrettuale aveva violato le anzidette norme di legge, avendo disposto la consulenza tecnica d’ufficio pur non avendo l’attore soddisfatto gli oneri di allegazione e di prova circa le proprie pretese creditorie.

La sentenza impugnata era altresì viziata, in quanto la Corte territoriale si era limitata ad una stereotipa condivisione delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, senza alcuna specifica considerazione delle critiche, dettagliate, mosse dal consulente di parte convenuta.

Secondo la ricorrente, non è consentito al giudice di merito, ove ritenga di aderire alle conclusioni del c.t.u., prescindere totalmente dai rilievi precisi e circostanziati mossi (citando Cass. n. 245 del 10/01/1995, nonchè altra giurisprudenza di legittimità attinente al vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 – vecchio testo anteriore alla riforma del 2012, di guisa che a ben vedere secondo il ricorrente alla luce del nuovo contesto normativo il vizio ben si sarebbe potuto riferire ad una violazione di legge, in particolare dell’art. 111 Cost., comma 7.

Quindi, la ricorrente ha richiamato quanto dedotto a p. 33 e ss. della memoria di essa resistente in primo grado.

Ha eccepito altresì la violazione dell’art. 2560 c.c., comma 2 relativamente ai debiti riguardanti l’azienda ceduta anteriori alla cessione d’azienda (2^ motivo), per cui tuttavia l’attore non aveva fornito alcuna prova dell’iscrizione nei libri contabili della società cedente dei crediti vantati. Quanto, poi, alle provvigioni riferite ai c.d. clienti direzionali o top, successive alla cessione d’azienda, la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 116 c.p.c., non avendo la Corte distrettuale valutato le prove documentali, da cui emergeva che TELECOM, cui si riferivano gli ordinativi, era esclusa dal portafoglio cliente affidato (pg. 35 della memoria di parte resistente in primo grado).

A sua volta il ricorso incidentale del G. si fonda sui seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 2119 e 1751 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione art. 360 c.p.c., n. 5. Il recesso era legittimo per giusta causa ex artt. 2119 e 1751 c.c..

La violazione del diritto di esclusiva era stata dedotta come fatto oggettivo, che giustificava il recesso, in quanto la resistente non faceva più parte del gruppo ALCATEL, ciò che aveva danneggiato l’agente.

Secondo il ricorrente incidentale non era stata minimamente considerata la oggettività ai fini della violazione dell’esclusiva, che era stata espressamente richiamata (4 motivo del ricorso di appello).

Inoltre, la cessione della società controllata da ALCATEL in data 31 marzo 2002 non gli era stata comunicata, mentre soltanto ad agosto l’attore aveva appreso del cambio di ragione sociale, ciò che aveva aggiunto un elemento di soggettività e di attribuibilità a NEXTIRA ONE Italia. La mancata comunicazione aveva impedito di valutare con anticipo l’evolversi del ruolo che la mandante avrebbe assunto nei mesi successivi. Diversamente, in caso di tempestiva comunicazione del cambio di proprietà, esso G. avrebbe avuto il tempo di recedere nelle forme ordinarie senza subire danni.

L’argomento era stato dedotto in primo grado (memorie 25-02-2005 e note illustrative finali) nonchè in appello (con il 4 motivo e con le memorie finali), ma era stato totalmente ignorato. Era stato violato, altresì, a dire del ricorrente G., pure l’art. 112 c.p.c. in ordine alla ritenuta mancanza di prove al riguardo. Infatti, aveva prodotto un documento (B2 del fascicolo di primo grado), relativo a una pagina web del sito ALCATEL, contenente l’elenco di tutte le aziende che commercializzavano i suoi prodotti in Italia, tra cui la società convenuta insieme e a molte altre. Tale documento, sulla cui provenienza non vi era state contestazioni di sorta, costituiva una prova oggettiva della dedotta circostanza. In proposito era stata anche articolata apposita prova testimoniale, la cui ammissione non era stata mai rinunciata dall’attore, che vi aveva sempre insistito sino alla discussione.

Il ricorrente incidentale precisava, altresì, che il motivo si fondava anche sulle invocate norme (artt. 2119 e 1751 c.c., art. 112 c.p.c. ed accordi economici collettivi), nonchè su tutti gli scritti difensivi già citati, sul ricorso introduttivo di 10 grado, sulle memorie 25 febbraio 2005, sulle memorie finali, sul ricorso in appello, sulle note difensive finali nonchè sul documento B2 del fascicolo di 10 grado.

2) Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2119 e 1751 c.c. – omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti.

Il rigetto della domanda di cui al precedente motivo (legittimità del recesso per giusta causa dell’agente, con conseguente diritto all’indennità sostitutiva del preavviso) aveva anche comportato la condanna dell’attore al pagamento in favore della società convenuta dell’indennità di mancato preavviso (di cui alla spiegata domanda riconvenzionale). L’appellante aveva quindi impugnato tale condanna, ma la Corte territoriale aveva confermato sul punto la decisione dì primo grado circa l’illegittimità del recesso per giusta causa, sicchè non aveva esaminato il motivo di gravame, che quindi veniva riproposto con il ricorso incidentale, ovviamente come conseguenza dell’accoglimento del precedente 10 motivo. Di conseguenza, valevano anche per questa seconda doglianza gli argomenti utilizzati con la prima censura.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che aveva formato oggetto di discussione tra le parti.

La Corte di Appello aveva accolto la domanda relativa alle differenze provigionali per l’anno 2002, liquidando però un importo di Euro 53.720,13 anzichè quello richiesto in ragione di Euro 103.101,15. A tal riguardo la Corte capitolina aveva ritenuto applicabile la misura dell’1,5%, invece che del 6%, come richiesto in relazione alla fornitura riguardante il noleggio di sistemi telefonici presso la sede della 9^ brigata dell’Aeronautica Militare in occasione del vertice Nato del 28 maggio 2002, commissionato tramite Telecom Italia. Pertanto, si era proceduto alla emissione delle conferme di ordine in data 15 e 22 maggio 2002, laddove l’aliquota provigionale previste indicata era quella del 6%. Quindi, la medesima preponente aveva correttamente riconosciuto la provvigione del 6%. Secondo, il G., diversamente, la società avrebbe dovuto concordare le condizioni preliminarmente alla conclusione della trattativa e non successivamente come invece avvenuto. Infatti, all’agente era stata imposta nell’occasione la sottoscrizione di una lettera, in cui si comunicava che gli venivano riconosciute provvigioni dell’1,5%. Tale sottoscrizione, quindi, non aveva alcun valore, giusta quanto in merito previsto dall’art. 2113 c.c., ciò che era stato invocato sia in 10 grado che in appello. In proposito, la sentenza impugnata nulla aveva detto circa l’applicazione dell’aliquota dell’1,5%, più bassa di quella richiesta, ciò che integrava una violazione dell’art. 2113. L’evidenziato silenzio non poteva non far individuare anche l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, pur essendo stato l’argomento dedotto dalla ricorrente sia nelle memorie 25 febbraio 2005, in primo grado, sia in appello con il motivo 7^.3 del relativo ricorso, nonchè nelle note finali. Erano stati, inoltre, ignorati i documenti relativi alla tempestiva impugnazione della rinuncia (lettere del difensore in data 8 novembre 2002 e 28 febbraio 2003, doc.ti B5 e B7 del fascicolo di parte attrice in 10 grado, inviate e ricevute ampiamente nei 6 mesi dalla cessazione del rapporto).

Motivi del ricorso incidentale per ALCATEL LUCENT ITALIA S.p.A.:

1) violazione o falsa applicazione degli artt. 84 e 106 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1. n. 3, avendo la Corte di merito erroneamente opinato per la validità e l’efficacia della procura inizialmente conferita dall’attore anche riguardo alla chiamata in causa della società Alcatel Italia. Infatti, l’originaria procura conferita come da ricorso introduttivo del giudizio ineriva alle sole domande proposte nei confronti della società convenuta. Nel caso di specie con il mandato conferito inizialmente dall’attore non risultava espressa chiaramente la volontà di parte attrice di autorizzare anche la proposizione del giudizio di garanzia.

2) nullità della sentenza per omessa pronuncia su un’eccezione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in combinato disposto con l’art. 112 c.p.c.. Infatti, la sentenza de qua era viziata per nullità, avendo omesso del tutto di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità della chiamata in causa di Alcatel Italia, inammissibilità eccepita da quest’ultima con la propria memoria di costituzione di prime cure sotto diversi profili (carenza di legittimazione passiva di Alcatel in ordine alle domande di parte attrice nei suoi confronti (citando le pagine 17 e 24 della suddetta memoria difensiva), inammissibilità della chiamata in causa ex art. 269 c.p.c., comma 3 per insussistenza dell’interesse del chiamante rispetto alle difese di parte convenuta (pagina 21 della memoria di costituzione di 1 grado, pagina 9 della memoria 22 aprile 2009 in sede di appello).

Con il controricorso ai ricorsi incidentali NEXTIRAONE ITALIA S.r.l. ne ha dedotto l’inammissibilità per difetto di rituali allegazioni e per carenza di autosufficienza (art. 366 c.p.c., n. 6), osservando poi quanto al 3^ motivo dell’impugnazione proposta dal G., che già in primo grado l’attore non era riuscito a provare di aver impugnato la scrittura transattiva nei termini fissati dall’art. 2113 c.c., rinviando ad ogni modo al 4^ motivo del suo ricorso, principale, laddove in pratica si deduceva che la valutazione dei dati contabili eseguita dal c.t.u. non aveva tenuto conto che l’ex agente non aveva fornito alcuna prova in merito alle pretese differenze provvisionali.

TANTO PREMESSO, deve in via preliminare rilevarsi il passaggio in giudicato, per difetto di specifica e rituale impugnazione sul punto, della sentenza di appello nella parte in cui era stata ritenuta la prescrizione delle pretese creditorie, azionate in via gradata dal G. nei confronti di ALCATEL LUCENT ITALIA S.p.a. (già ALCATEL Italia), relativamente alle differenze invocate per le provvigioni riguardanti gli anni 1998 e 1999, a causa della asserita errata attribuzione delle aliquote spettanti. Di tanto ha dato pure espressamente atto la stessa ALCATEL LUCENT ITALIA nella sua memoria ex art. 378 c.p.c., laddove è stato, quindi, correttamente evidenziato il venir meno dell’interesse della società a coltivare il proprio ricorso incidentale (tenuto conto peraltro anche dell’arresto delle Sezioni unite di questa Corte di cui alla sentenza n. 4909/2016 in ordine all’idoneità procura alle liti, conferita in termini ampi, anche per la chiamata di terzo, con conseguente rinuncia). Del resto, anche nel successivo controricorso con ricorso incidentale, notificato il 5 febbraio 2014, lo stesso G. ha pure chiarito che tale impugnazione riguardava soltanto i capi della sentenza di appello relativi alle domande avanzate contro NEXITIRAONE ITALIA, con conseguente passaggio in giudicato del rigetto della domanda proposta contro ALCATEL ITALIA per le provvigioni 1998/99.

Di conseguenza, preso atto soprattutto del manifestato interesse da parte di ALCATEL LUCENTI ITALIA, il ricorso incidetale di questa società va dichiarato inammissibile (cfr. tra le altre Cass. sez. un. civ. n. 12637 del 19/05/2008, secondo cui l’interesse all’impugnazione – inteso quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo – deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica).

Venendo, poi, al ricorso principale, lo stesso appare fondato limitatamente agli anzidetti due primi motivi, che per la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente.

Ed invero, la domanda nei confronti della cessionaria NEXTIRAONE risulta accolta sulla scorta di quanto contabilmente verificato dal c.t.u., però a sua volta unicamente in base a documenti provenienti dalla stessa parte attrice interessata. Del tutto erronea, ed in contrasto con il principio secondo cui onus probandi ei incumbit qui agit, non qui negat, ex art. 2697 c.c., appare dunque l’osservazione contenuta nella sentenza impugnata sul fatto che nessuna documentazione era stata prodotta al riguardo dal consulente di parte ALCATEL, nonostante le riserve avanzate in ordine ai dati richiamati nell’elaborato predisposto dall’appellante e rilevando come entrambe le convenute non avessero depositato i documenti relativi agli ordini inviati dal ricorrente, posto che costui aveva comunque l’onere di dimostrare compiutamente i fatti costitutivi del rivendicato diritto di credito. Di conseguenza, soltanto all’esito di una tale prova opera l’obbligo di dimostrare il fatto estintivo per la parte obbligata ai sensi dell’art. 2697, comma 2. Appare, quindi, evidente l’indebita inversione dell’onere probatorio a carico di parte convenuta, siccome avvenuta all’infuori delle ipotesi disciplinate dalla legge.

Parimenti, risulta erronea l’applicazione dell’art. 2558 c.c. nei riguardi della NAXITIRAONE, con riferimento a provvigioni relative ad epoca anteriore alla cessione del ramo d’azienda in data primo ottobre 2010, per aver soltanto presunto la ricezione dei documenti commerciali e contabili relativi al contratto di agenzia, in cui era subentrata.

Invero, l’art. 2558 si riferisce specificamente alla successione nei contratti, di guisa che, in particolare, se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra, appunto, nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa, che non abbiano carattere personale.

Invece, l’art. 2560 disciplina precisamente la sorte dei debiti (non già dei contratti) relativi all’azienda ceduta, il cui alienante non è liberato, ove anteriori al trasferimento, se non risulti che i creditori vi abbiano consentito (comma 1), stabilendo poi nel comma successivo che nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultino dai libri contabili obbligatori.

Ne deriva che la sola (presunta) trasmissione dei documenti contabili relativi al contratto di agenzia (trasferito alla impresa subentrata ex art. 2558 c.c.) non equivale di certo a significare anche soddisfatta la condizione richiesta espressamente dall’art. 2560, comma 2 ossia l’iscrizione dei debiti risultante dai libri contabili obbligatori, affinchè si verifichi pure l’obbligazione solidale accessoria a carico dell’acquirente dell’azienda ceduta (cfr. Cass. 1 civ. n. 4367 del 29/04/1998: a norma dell’art. 2558 cod. civ. perchè si realizzi l’automatismo della successione nei contratti da parte dell’acquirente dell’azienda occorre che si tratti specificamente di contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, non aventi carattere personale e a prestazioni corrispettive non ancora eseguite o esaurite. Diversamente, per quanto concerne i debiti anteriori all’alienazione, l’art. 2560 cod. civ. prevede un loro accollo cumulativo “ex lege” all’acquirente, ma alla condizione che detti debiti risultino dai libri contabili obbligatori.

V. altresì Cass. lav. n. 6173 del 20/06/1998, secondo cui l’iscrizione nei libri contabili obbligatori dell’azienda è un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti. Pertanto, chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro l’acquirente dell’azienda ha l’onere di provare fra gli elementi costitutivi del proprio diritto anche detta iscrizione, e se il giudice non può effettuare d’ufficio l’indagine sull’esistenza o meno dell’iscrizione medesima ben può d’ufficio rilevare il fatto che quest’ultima quale elemento essenziale della responsabilità del convenuto non sia stata provata. Conforme Cass. 2 civ. n. 113 del 13/01/1975).

Pertanto, il fatto che NAXITIRAONE sia subentrata nel contratto di agenzia (a tempo indeterminato) ex art. 2558 c.c., non comporta necessariamente che debba rispondere anche dei debiti contratti dalla impresa cedente (debitrice principale, per cui, tra l’altro, il corrispettivo diritto di credito è stato considerato estinto in virtù dell’eccepita prescrizione), non solo perchè mancava la prova dell’iscrizione richiesta dall’art. 2560, comma 2 ma anche perchè trattandosi di provvigioni asseritamente riferite agli anni 1998 e 1999, quindi in epoca di molto anteriore al trasferimento avvenuto nell’ottobre 2000, è logico presumere che già prima di tale epoca si fosse maturato il diritto spettante ex art. 1748 c.c. (per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento…. Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico…). In altre parole, il mero subentro nel rapporto contrattuale non implica di per sè anche il diritto dell’agente alle provvigioni, che si maturano invece unicamente nei limiti e nei tempi previsti dal citato art. 1748, di guisa che in caso positivo opera l’accollo a carico dell’acquirente per i rispettivi debiti facenti capo all’alienante e sempre che ricorra pure l’anzidetta condizione dell’iscrizione.

Per il resto, le altre censure mosse con il ricorso principale vanno disattese, investendo questioni di fatto, piuttosto che di diritto, in relazioni alle quali la Corte di merito ha svolto insindacabili accertamenti con conseguenti valutazioni, che non possono essere rivisti in questa sede di legittimità, riguardo al superamento del budget anno 2002, alle differenze provvisionali per lo stesso anno nonchè con riferimento alla mancata attribuzione di ordini, laddove tra l’altro la promiscuità di doglianze soprattutto con riferimento al terzo motivo, impedisce anche di comprenderne adeguatamente le specifiche critiche.

Vero è che l’articolazione con un solo motivo di più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi però ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le critiche prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (v. tra l’altro Cass. sez. un. n. 9100 del 6/5/2015).

Nella specie, per di più è ratione temporis applicabile il nuovo vigente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che la sentenza qui impugnata risale all’anno 2013, di guisa che il mero difetto di motivazione insufficiente non è di per è processualmente rilevante (cfr. in part. Cass. sez. un. civ. n. 8053 del 07/04/2014, secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. In senso conforme Cass. sez. un. n. 8054 del 07/04/2014, Sez. 6 – 3 n. 21257 08/10/2014, id. n. 23828 del 20/11/2015).

Ciò che rileva pure in ordine alle consulenze tecniche, qualora vengano confutate con rilievi di parte, di guisa che la pronuncia che non ne tenga conto è criticabile unicamente per vizio di motivazione, come tale però non più ammesso in base all’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nei sensi dell’anzidetta giurisprudenza (cfr. infatti quanto a suo tempo affermato da Cass. n. 245 del 10/01/1995. Conformi: n. 4032 del 1987, n. 10688 del 24/04/2008, n. 25862 del 02/12/2011, n. 1975 del 22/02/2000, n. 4797 – 01/03/2007, n. 8165 del 16/06/2001).

Ed anche l’asserito cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile nè nel paradigma del n. 5 nè in quello del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 (per il tramite della deduzione della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), non trova di per sè alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione (Cfr. Cass. 3 civ. n. 11892 del 21 dicembre 2015 – 10/06/2016. V. d’altro canto anche Cass. lav. n. 13960 del 19/06/2014, secondo cui la deduzione della violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria, con conseguente inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dello stesso art. 360, n. 3.

V. tuttavia più di recente Cass. Sez. 6 – 3, che con ordinanza n. 13928 del 6/7/2015, avuto riguardo alle intervenute modifiche normative ha chiarito come nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360, n. 4)).

Le considerazioni che precedono risultano pertanto assorbenti di ogni altra censura mossa dalla ricorrente principale con i motivi dal terzo al sesto, dovendosi appena rilevare poi come sussistano anche carenze di tipo formale, però rilevanti ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, stante la carente indicazione di come, dove e quando siano stati prodotti i documenti sui quali il ricorso si fonda, non bastando di certo al riguardo l’indice oltremodo generico contenuto a pag. 81 del ricorso, segnatamente circa gli ivi menzionati fascicoli di primo e secondo grado, senza però alcuna ulteriore precisazione, per cui non è possibile nemmeno aver riguardo all’accordo economico in data 20 marzo 2002, di cui al quinto motivo del ricorso principale, laddove è stato riportato poi uno stralcio dell’art. 6, comma 11 (è assolutamente irrilevante, peraltro, nella specie l’accordo di cui alla scrittura privata del 31 luglio 2013, di cui si parla alle pagine 9 e 81 del ricorso, siccome relativa alla concordata rateizzazione di quanto dovuto in base alla sentenza di appello qui gravata).

Vanno altresì disattese le censure mosse dal G. con i tre motivi del suo ricorso incidentale, che stante la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente.

Invero tali doglianze non superano le argomentazioni in base alle quali la Corte di merito ha escluso la giusta causa del recesso da parte dell’agente, poichè l’attore con il ricorso introduttivo del giudizio nulla aveva dedotto riguardo alla gravità del pregiudizio lamentato a causa del venir meno dell’esclusiva nella vendita dei prodotti ALCATEL, come a esempio la diminuzione dei guadagni eventualmente subita ovvero l’entità di una tale diminuzione, ai fini della necessaria verifica giudiziale circa la sussistenza di un impedimento di gravità tale da impedire la prosecuzione ancorchè temporanea del rapporto. Nè risultava da parte della preponente l’attribuzione dell’incarico ad altri agenti nella zona di esclusiva dell’agente G., ovvero un’attività di vendita diretta da parte della stessa società.

A fronte di tali accertamenti ed apprezzamenti, quindi, a nulla rilevano le anzidette obiezioni del ricorrente incidentale, che si fondano essenzialmente sulla mera circostanza costituita dal fatto che la società convenuta non faceva più parte del gruppo ALCATEL, trattandosi comunque di un diverso apprezzamento in punto di fatto come tale non censurabile in sede di legittimità ai sensi di quanto previsto e consentito dall’art. 360 c.p.c.. D’altro canto, non risulta alcun obbligo giuridico di preventiva comunicazione all’agente del mutamento di partecipazione societaria riguardante la preponente ALCATEL Business Distribution S.p.a. (la quale, acquisita dal gruppo PLATINUM EQUITY, in data 30 luglio 2002 cambiava denominazione in NEXTIRAONE ITALIA, ancorchè poi quest’ultima non rappresentasse più il canale esclusivo sul mercato italiano per la commercializzazione dei prodotti ALCATEL).

Pertanto, non è sindacabile l’apprezzamento dei giudici di merito circa l’inesistenza della giusta causa del recesso, dunque illegittimo perchè comunicato senza preavviso, con conseguente obbligo di pagamento dell’indennità sostitutiva.

Parimenti, inconferenti appaiono le doglianze del ricorrente incidentale riguardo alla liquidazione dell’importo di 53.720,13 Euro, anzichè di 103.101,15, a titolo di provvigioni nella misura dell’1,50%, invece che del 6%, pretesa dall’interessato, laddove non vengono specificati mediante idonea riproduzione testuale i documenti sui quali si fonda il maggior credito vantato dal G., soprattutto laddove assume che l’allora ALCATEL aveva correttamente riconosciuto il 6%, però d’altro canto deducendo l’imposizione nella sottoscrizione di una lettera in cui si comunicava il riconoscimento dell’1,5%. Nè è stato precisato come, dove e quando il G. avrebbe invocato nello specifico la disciplina dettata dall’art. 2113 c.c. in tema di rinunzia e transazioni. Ne deriva quindi l’impossibilità anche di valutare tale non meglio dedotta circostanza come omesso esame di fatto rilevante a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nuovo testo, ratione temporis nella specie applicabile). Ed invero, contrariatemene alle asserzioni del ricorrente (cfr. in part. pagine 38/41 del controricorso: memorie 25.2.05 di primo grado e in appello… lettere in data 8-11.02 e 28.2.03 con richieste di pagamento di provvigioni corrisposte in misura inferiore al dovuto…. che non possono non essere viste come un’impugnazione della rinuncia…), il mero rinvio per relationem non soddisfa l’onere di specifica indicazione, per contro richiesto a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (ma v. altresì sull’obbligo di deposito ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 a fronte del generico indice a pag. 42 “Si deposita sentenza impugnata con atto di precetto, ricorso passivo e fascicolo dei due gradi precedenti”).

Invero, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. 6 civ. – L, ordinanza n. 17915 del 30/07/2010.. Conformi: nn. 2977 del 2006, 6440 del 2007, 5043 del 2009, 4201 del 2010 e numerose altre.

V. altresì Cass. civ. sez. 6 – 3, n. 19048 del 28/09/2016, secondo cui il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), di produrlo agli atti -indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione – e di indicarne il contenuto – trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso -; la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

In senso analogo Cass. lav. n. 2966 del 07/02/2011, circa il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso. Conformi: n. 22303 del 2008, n. 15628 del 2009.

V. anche Cass. 3 civ. n. 16655 del 09/08/2016: quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi.

Cass. 1 civ. n. 16900 del 19/08/2015: ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario specificare, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili, provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame.

In senso analogo v. ancora Cass. 5 civ. n. 26174 del 12/12/2014.

Le stesse regole poi valgono anche per quanto concerne il vizio contemplato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Infatti – v. Cass. 5 civ. n. 19410 del 30/09/2015 -, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale conforme Cass. n. 23420 del 2011. Cfr. in senso analogo Cass. lav. n. 11738 – 8/6/2016, secondo cui l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, sicchè è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e di autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del documento cui la censura si riferisce. Conforme Cass. lav. n. 23420 del 10/11/2011 riguardo all’ipotesi di denunciata falsa applicazione del principio “tantum devolutum quantum appellatum”.

Parimenti ha opinato Cass. civ. sez. 6 – 5 con l’ordinanza n. 5036 del 28/03/2012, laddove è stato ritenuto necessario che nel ricorso siano riportati, nei loro esatti termini, il testo della querela di falso ed il verbale di udienza relativo al suo deposito).

Di conseguenza, alla luce dei suddetti principi, va ritenuto inammissibile anche il ricorso incidentale subordinato di cui alle pagg. 29-31 del controricorso per il G., stante l’estrema genericità di quanto dedotto e richiesto, in via gradata, peraltro senza la specifica rituale formulazione di motivi, in ordine alle richieste istruttorie ivi menzionate, inconferente altresì palesandosi l’ipotizzata violazione dell’art. 112 c.p.c. rispetto al citato art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (v. Cass. sez. un. civ. n. 15982 del 18/12/2001, secondo cui il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ed è rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione. Conformi: Cass. civ. Sez. 6 – 1, ordinanza n. 13716 del 05/07/2016, Sez. L sentenza n. 6715 del 18/03/2013, Sez. 3 sent. n. 3357/11-022009, id. n. 7074 del 28/03/2006. Cfr. altresì Cass. 2 civ. n. 4271/08-05-1996, secondo cui, poichè il vizio di omessa pronuncia riguarda la decisione di merito, il mancato esame di un’istanza istruttoria non integra di per sè un’ipotesi di omissione di pronuncia, ma può dar luogo ad omesso esame di un punto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 Conforme Cass. n. 381 del 1995).

Pertanto, il ricorso va soltanto in parte accolto, limitatamente ai primi due motivi dell’impugnazione principale.

Non occorrendo ulteriori accertamenti, cassata l’impugnata sentenza in relazione ai soli motivi accolti, a tal riguardo la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di parte attrice limitatamente alle ulteriori provvigioni per gli anni 1998 e 1999 rivendicate nei confronti di NEXTIRAONE S.r.l..

Quanto, infine al regolamento delle spese di lite, ricorrono nella specie le condizioni di cui all’art. 92 c.p.c. per compensarle integralmente tra tutte le parti.

Da ultimo, considerato che l’impugnazione principale è risultata in parte fondata, a differenza invece dell’esito completamente negativo per quelle incidentali, sussistono i presupposti di legge, nei sensi di cui al seguente dispositivo, per il versamento degli ulteriori contributi unificati a carico del G. e della ALCATEL LUCENT ITALIA.

PQM

 

la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso imo, rigettati gli altri; rigetta inoltre il ricorso incidentale del G. e dichiara inammissibile il ricorso incidentale di ALCATEL LUCENT ITALIA S.p.a.. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di G.G. in ordine alle provvigioni per gli anni 1998 e 1999 (rispettivamente per Euro 34.925,00 ed Euro 11.156,33 oltre accessori).

Dichiara per intero compensate tra le parti le spese relative all’intero processo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i ricorsi incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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