Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15956 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 24/07/2020), n.15956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12719-2019 proposto da:

A.N., rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO

VIVENZIO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO depositato il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

Il Tribunale di Milano, con il decreto impugnato, respingeva il ricorso avverso detto provvedimento reiettivo.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto A.N. affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe disatteso l’istanza di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, nonostante l’indisponibilità della videoregistrazione del colloquio svoltosi innanzi la Commissione territoriale.

La censura è infondata. Dalla lettura del decreto impugnato (cfr. pag. 2) risulta infatti che “Con provvedimento del 17.4.2018 è stata disposta la comparizione personale delle parti. All’udienza del 7.6.2018 il difensore si è riportato al contenuto del ricorso e dei documenti allegati”.

Va premesso che, in assenza di videoregistrazione del colloquio svoltosi innanzi la Commissione territoriale, dev’essere fissata l’udienza di comparizione personale, al duplice fine di consentire al richiedente la facoltà di esercitare pienamente il diritto al contraddittorio ed al giudice la possibilità di esercitare, in concreto, il potere-dovere di cooperazione istruttoria. Posto infatti che la valutazione sulla credibilità della storia personale riferita dal richiedente è evidentemente fondata anche su un giudizio di verosimiglianza nel quale assumono rilievo centrale le modalità con cui, in concreto, viene narrato il racconto, è evidente che la ratio della norma che impone la fissazione dell’udienza in ogni caso in cui non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio svoltosi in sede amministrativa risiede nell’esigenza di consentire l’effettivo incontro tra richiedente e giudice. Ne consegue che è contrario allo spirito della norma, e quindi affetto da nullità per violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11 l’atto con il quale il giudice di merito, pur non avendo a sua disposizione la videoregistrazione, decida comunque e a priori di escludere la possibilità stessa dell’ascolto del richiedente, con ciò di fatto svuotando di significato concreto le disposizioni di cui ai già richiamati D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11.

Tuttavia, è in tal caso onere del ricorrente procedere all’immediata contestazione della nullità, nel rispetto del principio generale di cui all’art. 157 c.p.c., comma 2, dovendosi in difetto ritenere integrata la sanatoria del vizio.

Nel caso di specie il ricorrente non deduce, nel motivo in esame, di esser stato presente all’udienza e di aver dichiarato in quella sede la propria disponibilità ad essere sentito, nè di aver tempestivamente sollevato l’eccezione di nullità in relazione alla sua mancata audizione, nè indica su quali elementi il suo ascolto avrebbe potuto, in concreto, condurre il giudice di merito ad una conclusione diversa da quella in concreto adottata. Ne consegue il difetto di specificità della censura.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe erroneamente applicato i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova.

La censura è inammissibile. Dalla lettura del decreto impugnato emerge infatti che il giudice di merito ha apprezzato la credibilità della storia riferita dal richiedente, escludendola, sulla base delle informazioni tratte da fonti internazionali, debitamente indicate a pag.4 del decreto stesso, secondo le quali sunniti e sciiti sono ben integrati in (OMISSIS) (Paese di origine del richiedente) e tra di essi non esistono divieti di matrimonio. L’ A. aveva infatti raccontato di aver avuto una relazione con una ragazza di religione (OMISSIS); di esser stato picchiato dai fratelli di lei; di aver deciso di fuggire insieme alla fanciulla; di esser stato tuttavia raggiunto dai fratelli della ragazza, che l’avevano riportata a casa; che la fanciulla era deceduta, per cause imprecisate; di temere, in caso di rientro in Patria, ripercussioni ad opera dei parenti della ragazza. Il Tribunale ha dato atto che non esistono notizie di tensioni tra sciiti e sunniti in (OMISSIS), o di divieti di unioni matrimoniali tra i medesimi; che gli (OMISSIS) sono la minoranza rispetto ai (OMISSIS) in (OMISSIS); che, quindi, non era credibile la storia di una persecuzione posta in atto dai membri di una famiglia (OMISSIS) ai danni di un (OMISSIS). Rispetto a tale ricostruzione, assolutamente plausibile perchè fondata su circostanze di fatto (in particolare, le informazioni tratte dai siti internazionali), il ricorrente non allega alcunchè di specifico, lamentandosi genericamente – e, quindi, in modo inammissibile – che la sua storia non sia stata ritenuta credibile, senza confrontarsi in alcun modo con l’ampia motivazione resa dal giudice ambrosiano.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe erroneamente negato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare l’inclusione del richiedente nel tessuto sociale italiano.

La doglianza è inammissibile. Il decreto impugnato dà infatti atto che “… il sig. A. alleghi unicamente un contratto di lavoro stipulato in data 6.6.2018 (cioè a dire il giorno prima dell’udienza fissata per la comparizione delle parti in data 7.6.2018) che non può essere considerato… prova di un percorso di inserimento sociale e/o relazionale compiuto sul TN” (cfr. pag.9). Tale passaggio motivazionale non viene in alcun modo attinto dal ricorrente, che si limita ad una generica – e, quindi, inammissibile – rivendicazione della sussistenza della sua condizione di debolezza, essenzialmente alla luce della condizione esistente in (OMISSIS).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

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