Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15955 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/06/2017, (ud. 05/04/2017, dep.27/06/2017),  n. 15955

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15466/2011 proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che Io rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.A., (c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella qualità di erede

di M.R. nonchè di procuratore speciale di

F.M., F.O. e F.F. (quali eredi di

M.R.), elettivamente domiciliato in Roma, Viale Carso n. 63, presso

l’avvocato Burigana Francesco, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4057/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal cons. VALITUTTI ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IMMACOLATA Zeno, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Gesualdo d’Elia che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Francesco Burigana che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 16 ottobre 2001, F.A., in proprio e nella qualità di procuratore dei figli F.M., O. e F., tutti eredi di M.R., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendone la condanna alla corresponsione dell’indennizzo, previsto dalla legge 9 dicembre 1977, n. 961 e successive modifiche, in conseguenza della perdita, per intervenuta nazionalizzazione da parte del governo etiopico, di taluni beni di loro proprietà. Il Tribunale adito, con sentenza n. 21517/2005, accoglieva la domanda.

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 4057/2010, depositata l’11 ottobre 2010, rigettava l’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Con tale decisione il giudice del gravame stabiliva che il valore dei beni perduti in Etiopia dai F. fosse quello vigente al momento dei singoli spossessamenti, e non quello in essere al momento dei primi provvedimenti limitativi o impeditivi della proprietà. La Corte di merito fissava, poi, la decorrenza degli interessi moratori sulle somme liquidate a titolo di indennizzo, comprensive del coefficiente di rivalutazione dell’1,90% previsto dalla L. n. 135 del 1985, con riferimento alla data di presentazione, da parte del F., della nuova istanza di liquidazione dell’indennizzo, e non con riferimento ad uno specifico atto di costituzione in mora, come sostenuto dall’Amministrazione finanziaria.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze nei confronti di F.A., in proprio e nella qualità di procuratore dei figli F.M., O. e F., affidato a tre motivi. I resistenti hanno replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 26 gennaio 1980, art. 5, come modificato dalla L. 5 aprile 1985, n. 135, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. L’Amministrazione ricorrente deduce che la Corte di merito sarebbe incorsa nella violazione del disposto di cui alla L. n. 16 del 1980, art. 5, laddove ha ritenuto che il valore dei beni perduti in Etiopia dal F., in proprio e nella qualità, fosse quello vigente al momento dei singoli spossessamenti, e non quello in essere al momento dei primi provvedimenti limitativi o impeditivi della proprietà adottati dal governo etiopico. Sostiene, per contro, la ricorrente che tale valore – secondo la voluntas legis insita nelle disposizioni succitate – avrebbe dovuto essere fissato alla “data del provvedimento formale della autorità straniera”, e solo in via residuale, con riferimento al successivo spossessamento di fatto operato dalla medesima autorità.

1.2. Il motivo è fondato.

1.2.1. Va osservato, infatti, che la L. n. 16 del 1980, art. 5, comma 4, come sostituito dalla L. n. 135 del 1985, in relazione ai beni, diritti e interessi perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana, stabilisce che: “Per le perdite avvenute posteriormente al 1 gennaio 1950, le valutazioni saranno fatte sulla base dei prezzi di comune commercio, correnti sul mercato ove le perdite si sono verificate e nel momento in cui furono adottati dalle autorità straniere i primi provvedimenti limitativi o impeditivi della proprietà o comunque nel momento in cui si è di fatto verificato lo spossessamento, moltiplicati per un coefficiente di rivalutazione 1,90”.

Orbene, questa Corte ha affermato, al riguardo, che, in tema d’indennizzi a cittadini italiani per beni perduti all’estero in territori già soggetti alla sovranità italiana, ai sensi della L. n. 135 del 1985, art. 4, modificativo della L. n. 16 del 1980, art. 5, le valutazioni degli indennizzi dovuti per tali perdite vanno effettuate, in sede di riliquidazione, avuto riguardo ai prezzi di comune commercio – moltiplicati per un coefficiente di rivalutazione di 1,90 – correnti sul mercato nel momento in cui furono adottati dall’autorità straniera i primi provvedimenti limitativi della proprietà e, solo in caso di loro mancanza o di non conoscenza, con riferimento al momento dell’effettivo spossessamento (Cass. 27/10/2016, n 21747).

1.2.2. Ne discende che, nel caso di specie, ha errato la Corte d’appello nel ritenere che la stima dei beni perduti dai F. dovesse essere operata con riferimento allo spossessamento de facto, avvenuto per il terreno nell’agosto del 1975, e per il fabbricato, ove era sito il cinema, il primo maggio 1982. Dall’esame dell’impugnata sentenza si evince, infatti, che lo stesso attore in prime cure aveva affermato che il terreno (con sovrastante fabbricato, costituente, pertanto, accessione del suolo) era stato nazionalizzato con provvedimento dell’autorità etiopica n. 47 del 27 luglio 1975. E’, pertanto, con riferimento a tale data che andava determinato il valore dei beni perduti, a prescindere da successivi spossessamenti materiali effettuati dalla medesima autorità.

1.3. Il mezzo va, di conseguenza, accolto.

2. Con il secondo motivo di ricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1219 e 1224 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia erroneamente fatto decorrere gli interessi moratori sulle somme liquidate a titolo di indennizzo, comprensive del coefficiente di rivalutazione dell’1,90% previsto dalla L. n. 135 del 1985, dal 9 agosto 1985, ossia dalla data di presentazione, da parte del F., dell’istanza di nuova liquidazione dell’indennizzo, a seguito dell’entrata in vigore della suddetta legge, e non da uno specifico atto di costituzione in mora dell’amministrazione.

2.2. La censura è fondata.

2.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, in tema di indennizzo per i beni perduti all’estero, gli interessi legali dovuti sulla somma determinata nel provvedimento giudiziale di assegnazione definitiva – già comprensiva degli interessi moratori spettanti ai danneggiati fino alla liquidazione amministrativa, in quanto inclusi nel coefficiente di rivalutazione previsto dalla L. n. 135 del 1985, art. 4, per le richieste presentate dopo il 1950 – possono essere riconosciuti solo con decorrenza dalla costituzione in mora dell’Amministrazione, ai cui fini è necessaria una specifica richiesta che, pur potendo essere avanzata anche prima dell’emanazione dei decreti ministeriali conclusivi del procedimento di liquidazione, deve essere ricondotta, in mancanza, alla proposizione della domanda giudiziale. Non è, per contro, idonea, a tal fine, la domanda amministrativa di concessione dell’indennizzo, alla quale può attribuirsi solo la valenza di impulso del procedimento amministrativo di liquidazione (cfr. ex plurimis, Cass. 22/02/2008, n. 4530; Cass. 11/09/2009, n. 19687; Cass. 04/03/2011, n. 5212; Cass. 28/09/2015, n. 19167; Cass. 06/08/2015, n. 16547; Cass. 19/10/2016, n. 21191).

2.2.2. Da quanto suesposto consegue, quindi, che la statuizione resa, al riguardo, dalla Corte di merito, che ha fissato la decorrenza degli interessi moratori alla data della nuova domanda amministrativa di concessione dell’indennizzo, deve essere considerata erronea.

2.3. La doglianza va, pertanto, accolta.

3. Con il terzo motivo di ricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze denuncia l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

3.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia tenuto conto, nella valutazione dei beni, delle critiche alla c.t.u. mosse dall’Agenzia del Territorio nella nota del 6 luglio 2004 depositata agli atti del giudizio. Per il che la motivazione dell’impugnata sentenza sul punto sarebbe del tutto incongrua ed insufficiente.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. Va, per vero, osservato, al riguardo, che il ricorrente il quale denunci, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie, ha l’onere nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso – di indicarne specificamente il contenuto (cfr., ex plurimis, Cass. 17/07/2007, n. 15952; Cass. 09/04/2013, n. 8569; Cass. 15/07/2015, n. 14784).

3.2.2. Nel caso di specie, per contro, il contenuto della nota suindicata non è stato riprodotto nel ricorso (art. 366, primo comma, n. 6 cod. proc. civ.), nè la stessa risulta ad esso allegata (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

3.3. Il mezzo deve essere, pertanto, disatteso.

4. L’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: “in tema d’indennizzi a cittadini italiani per beni perduti all’estero in territori già soggetti alla sovranità italiana, ai sensi della L. n. 135 del 1985, art. 4, modificativo della L. n. 16 del 1980, art. 5, le valutazioni degli indennizzi dovuti per tali perdite vanno effettuate, in sede di riliquidazione, avuto riguardo ai prezzi di comune commercio – moltiplicati per un coefficiente di rivalutazione di 1,90 – correnti sul mercato nel momento in cui furono adottati dall’autorità straniera i primi provvedimenti limitativi della proprietà e, solo in caso di loro mancanza o di non conoscenza, con riferimento al momento dell’effettivo spossessamento”; “in tema di indennizzo per i beni perduti all’estero, gli interessi legali dovuti sulla somma determinata nel provvedimento giudiziale di assegnazione definitiva – già comprensiva degli interessi moratori spettanti ai danneggiati fino alla liquidazione amministrativa, in quanto inclusi nel coefficiente di rivalutazione previsto dalla L. n. 135 del 1985, art. 4, per le richieste presentate dopo il 1950 – possono essere riconosciuti solo con decorrenza dalla costituzione in mora dell’Amministrazione, ai cui fini è necessaria una specifica richiesta che, pur potendo essere avanzata anche prima dell’emanazione dei decreti ministeriali conclusivi del procedimento di liquidazione, deve essere ricondotta, in mancanza, alla proposizione della domanda giudiziale, non essendo, per contro, idonea, a tal fine, la domanda amministrativa di concessione dell’indennizzo”.

5. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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