Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15950 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/06/2017, (ud. 10/05/2017, dep.27/06/2017),  n. 15950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22787/2012 R.G. proposto da:

C.E. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avv. Annalisa

del col, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.

Ruggero Longo, in Roma, lungotevere Flaminio 60.

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano

Rizzo, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Lidia

Mandrà, in Roma, via degli Scipioni 268/a.

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Pordenone depositato il giorno 31

luglio 2012, nel procedimento iscritto al n. 809/2012 r.g..

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 maggio

2017 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., C.E., suo amministratore e socio, avanzò domanda di ammissione al passivo, con il rango postergato, in relazione a taluni precedenti finanziamenti effettuati in favore della società fallita; respinta dal giudice delegato, la domanda venne poi parzialmente accolta in sede di opposizione dal Tribunale di Pordenone, che qualificò i pagamenti eseguiti dall’opponente come finanziamenti da parte di un socio.

Proposto dal Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. ricorso per cassazione, la decisione del tribunale venne allora cassata con rinvio al medesimo giudice; riassunta la lite, il Tribunale di Pordenone, con decreto depositato il 31 luglio 2012, respinse quindi integralmente l’opposizione promossa da C.E..

Secondo il tribunale l’opponente non aveva dato idonea prova che le somme erogate alla società avessero la natura di un finanziamento, traendo causa da un contratto di mutuo, nè rinvenendosi in atti ulteriori elementi indiziari, oltre quelli desumibili dalle scritture contabili della fallita, a sostegno delle ragioni del socio.

C.E. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il fallimento della (OMISSIS) s.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce C.E. violazione dell’art. 2467 c.c., avendo il tribunale erroneamente ritenuto che per ottenere l’ammissione al passivo con il rango postergato, il socio debba dimostrare l’esistenza di un contratto di mutuo tra le parti.

Con il secondo motivo assume ulteriore violazione dell’art. 2467 c.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che il giudice di merito ha omesso di valutare correttamente la documentazione prodotta a dimostrazione del finanziamento erogato alla società.

2. Il primo motivo è infondato.

Com’è noto, secondo l’orientamento della Sezione, cui si intende dare continuità, l’erogazione di somme, che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto del socio al patrimonio della società. La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi (Cass. 09/12/2015, n. 24861; Cass. 03/12/2014, n. 25585).

Nella vicenda qui all’esame, il giudice di merito ha ritenuto che il ricorrente non avesse provato l’esistenza di una causa di mutuo sottostante alle elargizioni effettuate in favore della società, restando pertanto irrilevante ogni approfondimento sull’applicabilità dell’art. 2467 c.c., che attribuisce natura “postergata” ai soli finanziamenti effettuati dai soci, in determinati ambiti temporali e in presenza di talune condizioni finanziarie della società.

3. Il secondo motivo è parimenti infondato.

A seguito della cassazione della precedente decisione resa dal Tribunale di Pordenone il 16 dicembre 2010 (Cass. 01/03/2012, n. 3233), il giudice del rinvio ha esaminato tutta la documentazione prodotta dall’opponente, giungendo alla conclusione – conforme a quanto stabilito da questa Corte nel censurare la precedente decisione del tribunale sulla vicenda che ci occupa -, che le sole scritture contabili della fallita non costituissero prova sufficiente dell’avvenuta erogazione di un finanziamento in favore della società da parte del socio C., palesandosi inidonee anche le ricevute di pagamento prodotte a dimostrare l’esatta causa delle erogazioni effettuate.

Va soggiunto che, per costante orientamento di questa Corte, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 02/08/2016, n. 16056).

Inammissibile, allora, si mostra il tentativo del ricorrente di sottoporre ad un nuovo vaglio il materiale istruttorio compiutamente esaminato dal giudice di merito, che gli ha consentito di giungere alla conclusione che non è stata raggiunta la prova che il socio amministratore avesse fatto affluire talune somme nelle casse sociali, a titolo di finanziamento anzichè quale riserva in conto futuro aumento del capitale sociale.

4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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