Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15947 del 24/07/2020
Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 24/07/2020), n.15947
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6349/2019 proposto da:
M.R.A.R., elettivamente domiciliato in Campobasso
Via Mazzini 112 presso lo studio dell’Avv.to Ennio Cerio che lo
rappresenta e difende come da procura speciale in calce al ricorso,
manca il domiciliatario;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il
16/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/02/2020 da Dott. MELONI MARINA.
Fatto
RILEVATO
che:
il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 16/1/2019, ha respinto le domande di M.R.A.R., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), di riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria, confermando il provvedimento di rigetto pronunciato dalla competente Commissione Territoriale;
il tribunale – premesso in fatto che il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale di essere fuggito dal proprio paese per trovare lavoro ed anche per il timore di essere picchiato da un privato con il quale, trovandosi in condizioni di grave difficoltà economica, aveva contratto debiti nel 2016 – ha osservato: che i motivi di allontanamento prospettati, di carattere personale ed economico, non erano riconducibili nè ai presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato nè a quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria; che inoltre doveva escludersi che il (OMISSIS) versasse in una situazione di violenza armata generalizzata; che, infine, il ricorrente non aveva allegato, nè provato, che in caso di ritorno in patria si sarebbe trovato in condizioni di particolare vulnerabilità, tali da giustificare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria;
M.R.A.R. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a tre motivi;
il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo il ricorrente, nel denunciare la violazione di non indicate norme di diritto, lamenta che il tribunale, pur ritenendo credibili le sue dichiarazioni, abbia omesso di valutare che il mancato pagamento del debito lo avrebbe esposto, in caso di suo rientro in patria, ad un trattamento inumano e degradante;
con il secondo ed il terzo motivo, che denunciano, rispettivamente, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 il ricorrente lamenta che il tribunale non abbia attivato i propri poteri istruttori d’ufficio per l’accertamento della situazione oggettiva in cui versa il proprio paese e sostiene che l’indagine, ove svolta, avrebbe condotto all’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit. o, quantomeno, di quella di protezione umanitaria;
i motivi vanno dichiarati inammissibili per difetto assoluto di specificità;
il primo sembra voler, illogicamente, equiparare il mero timore manifestato dal ricorrente di essere “picchiato” dal proprio creditore, alla certezza che ciò comporti, in caso di rientro nel paese d’origine, la sua esposizione ad un trattamento inumano e degradante; fa poi menzione di un “contratto di prestito”, senza precisare se il documento sia stato prodotto in sede di merito e senza denunciare, per tale caso, l’omesso esame delle circostanze decisive dallo stesso ricavabili; non chiarisce, infine, se sia stato quantomeno allegato che le autorità di polizia del (OMISSIS) si rifiutano o non sono in grado di assicurare adeguata protezione al cittadino che subisca minacce o violenze da un privato;
il secondo e il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati, si risolvono, invece, nell’elencazione di una serie di massime giurisprudenziali in ordine al dovere del giudice di assumere informazioni sulla situazione del paese di origine del richiedente e nell’astratta affermazione dell’insufficienza dell’indagine svolta dal tribunale sulla scorta delle fonti indicate nell’ordinanza, senza che siano allegate fonti diverse, attestanti che nel (OMISSIS) è in corso un conflitto armato generalizzato o comunque, che il paese versa in una situazione di violenza indiscriminata non fronteggiata dalle autorità statali, nè che sia denunciato l’omesso esame dei fatti, indicativi di una condizione di vulnerabilità del ricorrente, dedotti a sostegno della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria;
nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva del Ministero dell’Interno;
sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 19 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020