Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15947 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 08/06/2021), n.15947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2360-2016 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato TERESA SANTULLI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

degli avvocati ROBERTO PESSI, e FRANCESCO GIAMMARIA, che la

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3901/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/07/2015 R.G.N. 6355/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con sentenza in data 21 luglio 2015, la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto da A.C. avverso la decisione del locale Tribunale che aveva disatteso la sua domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno pensionistico da omissione contributiva e la condanna della Unicredit S.p.A. al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 950.693,74;

– in particolare, modificando l’iter argomentativo di primo grado, che aveva escluso il diritto ritenendo non provata la circostanza addotta da parte ricorrente secondo cui la maggior retribuzione percepita dal dipendente durante il suo trasferimento a (OMISSIS) fosse a titolo retributivo e non di rimborso spese, la Corte d’appello ha ritenuto invece che la relativa pretesa fosse stata oggetto dell’intercorsa conciliazione intervenuta fra le parti in data 27 giugno 2001 e, per tale motivo, aveva confermato il rigetto della domanda;

– avverso tale pronunzia propone ricorso A.C., affidandolo a tre motivi;

– resiste, con controricorso, la UNICREDIT S.p.A.;

– entrambe le parti hanno presentato memorie;

– il PG ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2113,2115,2116 e 1418 c.c., nonchè art. 38 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1325 e 2113 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

– con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 1346,1362,1418 e 1965 c.c. in relazione all’art. 2113 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3;

– con i tre motivi parte ricorrente censura, nella sostanza, la decisione impugnata per aver ritenuto legittima, in violazione di legge, la transazione intercorsa fra le parti, pur avendo la stessa avuto ad oggetto diritti futuri e, comunque, indisponibili, poichè ancora non entrati nel patrimonio del titolare: in particolare, secondo la difesa A., non poteva dirsi ancora realizzato il danno pensionistico al momento dell’intervenuta transazione, ben potendo i contributi essere ancora versati in assenza di perfezionamento della prescrizione;

– i tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati e, pertanto, devono essere accolti nei termini di cui in motivazione;

– la Corte d’appello di Roma ha ritenuto fondata l’eccezione di improcedibilità della domanda avanzata dalla Unicredit S.p.A. in virtù della sottoscrizione di una transazione fra le parti, nell’anno 2001, mediante la quale il lavoratore aveva rinunziato ad ogni pretesa per qualsivoglia ragione o titolo derivante dal rapporto di lavoro, verso il corrispettivo di circa novecentocinquanta milioni di Lire;

– tale rinunzia, secondo la Corte territoriale, doveva reputarsi senza dubbio comprensiva anche del danno derivante dalle omissioni contributive verificatesi prima del raggiungimento dell’età pensionabile, pur essendo le stesse compiutamente determinabili nel loro ammontare soltanto in quel momento;

– la conclusione, a parere del giudice di secondo grado, si imponeva alla luce della attualità del danno all’integrità contributiva, sicuramente non configurabile come danno futuro e, per conseguenza, passibile di disposizione da parte del dipendente;

– intrapresa, infatti, l’azione dinanzi al Tribunale di Roma da parte della Unicredit azione volta ad ottenere il riconoscimento della correttezza e congruità dell’inquadramento del ricorrente – il quale, assunto nel 1988 come funzionario di I livello, era stato assegnato all’Alta Filiale di (OMISSIS) nel (OMISSIS), conseguendo l’inquadramento dirigenziale – l’ A. si era costituito esclusivamente per consentire la formalizzazione dinanzi al Giudice dell’accordo transattivo intervenuto fra le parti per dirimere la controversia;

– l’accordo era del seguente tenore per quanto qui interessa: “…il Dott. A…. dichiara di non aver più nulla a pretendere nei confronti della Banca di Roma per ogni ragione o titolo che tragga origine dal rapporto di lavoro con la stessa intercorso. In particolare, il Dott. A. dichiara di rinunciare a ogni e qualsiasi pretesa nei confronti della Banca di Roma relativamente all’inquadramento ricevuto e alle conseguenze economiche e risarcitorie derivanti dall’eventuale difformità dello stesso dalle mansioni svolte, alle differenze retributive a oggi eventualmente dovute in relazione al lavoro supplementare, lavoro straordinario, lavoro festivo, ferie non godute, salvo quanto previsto nelle competenze di fine rapporto, premio di rendimento, premio di produttività, ulteriori eventuali premi a qualsiasi titolo dovuti dalla banca, note di qualifica, scatti di anzianità, indennità di contingenza, indennità estero, intendendosi con ciò ogni trattamento connesso con o conseguente alla sua permanenza all’estero, permessi retribuiti, mensilità aggiuntive, superminimo, festività soppresse, indennità di mancato preavviso, ricalcolo delle voci anzidette sugli istituti indiretti e sul trattamento di fine rapporto, interessi e rivalutazione sulle somme relative alle voci anzidette, risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale;

– orbene, ritiene il Collegio di dover preliminarmente rilevare come del tutto condivisibili appaiano le considerazioni del giudice d’appello circa la sussistenza dell’interesse del lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva ancor prima del maturare del diritto alle prestazioni previdenziali, mediante la proposizione di una domanda di condanna generica volta ad accertare la eventualità dell’omissione, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell’evento dannoso, coincidente con il raggiungimento dell’età pensionabile, l’azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., comma 2, ovvero quella in forma specifica L. n. 1338 del 1962, ex art. 13 (cfr., fra le altre, Cass. n. 2630 del 05/02/2014; negli stessi termini, Cass. n. 22751 del 3/12/2004);

– orbene, se la possibilità di agire a garanzia dell’ingresso del futuro credito nel patrimonio del creditore collima con una fase prodromica rispetto a quella della materiale erogazione della prestazione previdenziale in coincidenza con il verificarsi dell’evento condizionante, nondimeno, il presupposto dell’azione risarcitoria attribuita al lavoratore dall’art. 2116 c.c. è costituito dall’intervenuta maturazione del diritto alla prestazione e postula l’intervenuta prescrizione del credito contributivo;

– invero, soltanto una volta che si siano realizzati i requisiti per l’accesso alla prestazione previdenziale, tale situazione determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (cfr., in questi termini, Cass. n. 27660 del 30/10/2018);

– non v’è dubbio, infatti, che siano previste diverse forme di tutela per il lavoratore a fronte dell’omissione contributiva, essendogli consentito chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi in favore dell’INPS ovvero una pronunzia di mero accertamento dell’omissione contributiva;

– nondimeno, solo con la maturazione della prescrizione dei contributi omessi il lavoratore matura una ragione di danno risarcibile alla luce dell’art. 2116 c.c., comma 2 che riconosce al lavoratore un’azione risarcitoria del danno subito consistente nella perdita del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti dovuto;

– secondo la nostra Corte, potendo l’azione risarcitoria stricto sensu essere esercitata soltanto nel momento in cui la definitiva perdita della prestazione previdenziale si determina, prima di quel momento il lavoratore soffre esclusivamente un danno potenziale in quanto titolare di una posizione assicurativa carente (in caso di parziale omissione contributiva) ovvero del tutto mancante (in caso di totale omissione);

– la circostanza che al lavoratore sia consentito, a scongiurare il potenziale danno, di richiedere misure cautelari conservative della garanzia patrimoniale del datore di lavoro nonchè, come anzidetto, di domandare una pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno non esclude che l’attualità di quest’ultimo si realizzi esclusivamente al perfezionarsi della età pensionabile (cfr. Cass. n. 27660/2018 cit.);

– consegue a tali considerazioni l’impossibilità di disporre in via transattiva della posizione giuridica soggettiva inerente al diritto al risarcimento del danno pensionistico, che non si perfeziona se non con il maturare dei requisiti per l’accesso ai trattamenti previdenziali, vertendosi, precedentemente, nell’ambito di diritti non ancora entrati nel patrimonio del creditore;

– in questo caso, il danno subito dal lavoratore, dato dalla necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione, si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino al compimento del termine di prescrizione, non può più versarli in quanto prescritti: è solo in questo momento che sorge per il lavoratore l’esigenza di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione;

– ne consegue che, nel caso di specie, al momento della intervenuta transazione il danno non si era ancora verificato, in quanto alla data della stessa i contributi potevano ancora essere versati, non essendo coperti da prescrizione, nè il ricorrente aveva ancora maturato il diritto al godimento della pensione: talchè, non essendovi un danno da risarcire, non sussisteva un diritto al risarcimento dello stesso cui poter rinunciare (cfr., in terminis, Cass. n. 20686 del 25/10/2004);

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto;

– la sentenza va cassata e la causa rimessa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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