Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15943 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 24/07/2020), n.15943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Angelo Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11315/2019 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Pesaro via Castelfidardo

26 presso lo studio dell’avvocato Antonio Fraternale, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 7/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/02/2020 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- A.M., proveniente dalla (OMISSIS), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 7 marzo 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso così proposto.

2.- La pronuncia ha in particolare rilevato che, nella specie, non si configurano vicende di tipo persecutorio nei confronti del richiedente e che la narrazione esposta dal richiedente è carente di credibilità; che, secondo report accreditati e aggiornati (EASO, dicembre 2017; ONG; Country Policy and Infiormation Note Bangladesh, gennaio 2018), la (OMISSIS) non presenta, nell’attuale, la ricorrenza dei presupposti stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artr. 14 per l’operare della protezione sussidiaria; che il ricorrente non ha dato indici di avvenuta integrazione in Italia, nè mostra di possedere una condizione di vulnerabilità specifica alla propria persona.

3.- Avverso questo provvedimento A.M. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi.

Il Ministero resiste con controricorso.

Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente assume: (i) col primo motivo, “violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 laddove il Tribunale omette ogni riferimento specifico alla vicenda personale narrata dal ricorrente (motivazione apparente)”; (ii) col secondo motivo, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 “laddove non viene compiuta una valutazione comparativa sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili” (motivazione apparente); (iii) col terzo motivo, violazione del D.L. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2 nonchè dell’art. 276 c.p.c., “laddove il giudice avanti al quale si è tenuta la discussione e che si è riservato la decisione risulta un GOT non facente parte della sezione specializzata e non facente parte del collegio giudicante”.

5.- Il ricorso è da dichiarare inammissibile.

Il primo motivo non si confronta con la ratio decidendi adottata dal decreto impugnato. Con motivazione articolata, questo ha infatti escluso che il narrato del richiedente sia da considerare credibile: perchè non circonstanziato e pure perchè la “persecuzione da parte dei membri del partito (OMISSIS) è priva di giustificazione, ugualmente la descrizione degli episodi è generica e priva di elementi concreti”. D’altro canto, la documentazione prodotta – ha ancora rilevato il decreto – risulta distonica rispetto ai contenuti della narrazione.

Il secondo motivo neppure si confronta con la motivazione svolta in decreto. Che compie una analisi diffusa e pure aggiornata sulla situazione nell’attuale presentata dal (OMISSIS).

Quanto al terzo motivo di ricorso, è da osservare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, non risulta affetto da nullità il procedimento nel cui ambito il giudice onorario abbia proceduto all’audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione (cfr. Cass., 24 febbraio 2020, n. 4887).

6.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100.00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

 

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