Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15942 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 29/07/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 29/07/2016), n.15942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9546-2015 proposto da;

ENEL GREEN POWER S.P.A. C.E. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LUIGI ANTONELLI 10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COSTANZO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMILIANO MARINELLI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.M., C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell’avvocato MARIO

CERCIELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato ORONZO MAZZOTTA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/02/2015 R.G.N. 960/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito l’Avvocato MARINELLI MASSIMILIANO;

udito l’Avvocato MAZZOTTA ORONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per raccoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Pisa, con sentenza n. 336/14, rigettava l’opposizione proposta da Enel Green Power s.p.a. avverso l’ordinanza ex art. 1, comma 48, con la quale, in accoglimento della domanda proposta da S.M., era stata dichiarata nulla la sanzione conservativa ed insussistente il giustificato motivo soggettivo di licenziamento disposti nei confronti del lavoratore, con condanna della società alla reintegra del medesimo nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria.

Il reclamo proposto dalla società avverso tale decisione veniva dichiarato improcedibile dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza depositata il 6 febbraio 2015.

Osservava la Corte anzidetta che il procedimento notificatorio non era stato rispettoso dei termini previsti dall’art. 435 c.p.c., comma 3, poichè tra la data di notifica del reclamo (13 gennaio 2015) e quella di discussione (5 febbraio 2015) decorrevano meno di venticinque giorni, termine questo perentorio. Nè poteva essere disposta la rinnovazione della notifica, con relativa remissione in termine, posto che l’atto era stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 12 gennaio 2015, quando già era iniziato a decorrere il termine di venticinque giorni anzidetto. Ed infatti, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 20604/08, l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c..

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la società sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso il lavoratore.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 435 e 421 c.p.c., deduce che il richiamo operato dalla Corte di merito alla sentenza delle Sezioni Unite n. 20604/08 è errato, atteso che il principio di diritto ivi affermato attiene all’ipotesi di notifica inesistente, per avere cioè la parte ricorrente totalmente omesso la notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

Nella specie, come ha dato atto la Corte territoriale, la notifica era invece avvenuta, ancorchè senza il rispetto del termine dei venticinque giorni previsto dall’art. 435 c.p.c., onde tale inosservanza comportava non già l’inesistenza della notifica, bensì la sua nullità, suscettibile di sanatoria o mediante costituzione della parte appellata o mediante rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c..

Il motivo è fondato.

La Corte di merito ha dato atto che il ricorso in appello “ritualmente introdotto” è stato notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, il 13 gennaio 2015, e cioè senza l’osservanza del termine di venticinque giorni che deve intercorrere tra la data di notificazione e l’udienza di discussione (5 febbraio 2015).

Ha aggiunto che, secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 20604/08, nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante, un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c..

Il richiamo a tale decisione è errato.

Nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite (opposizione a decreto ingiuntivo), infatti, il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza non erano stati notificati, e, all’udienza di discussione, il procuratore della parte ricorrente aveva chiesto ed ottenuto un nuovo termine per la notifica.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che il primo giudice avrebbe dovuto definire il giudizio con una sentenza di mero rito, dichiarando l’improcedibilità dell’opposizione e l’esecutività del decreto ingiuntivo, non potendo più il processo proseguire, attesa l’inapplicabilità in tale caso degli artt. 291 e 421 c.p.c. in ragione del principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo.

Detto principio è stato, poi, ribadito da successive pronunce di questa Corte, non solo in materia di lavoro, ma anche in materia di locazioni e nell’ambito dei procedimenti camerali (cfr. Cass. n. 29870 del 19 dicembre 2008; n. 1721 del 23 gennaio 2009; n. 11600 del 13 maggio 2010; n. 9597 del 30 aprile 2011; n. 27086 del 15 dicembre 2011).

In sostanza, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui è finalizzato, non esistendo una disposizione che consenta al giudice di fissare un termine per la notificazione, mai effettuata, del ricorso e del decreto presidenziale, e non essendo consentito, nel silenzio normativo, allungare con condotte omissive prive di valida giustificazione i tempi del processo sì da disattendere il principio della sua “ragionevole durata”.

La situazione verificatasi nella fattispecie in esame è diversa: la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza è stata effettuata, senza però il rispetto del termine a comparire di venticinque giorni previsto dall’art. 435 c.p.c., ipotesi questa che non comporta la inesistenza, bensì la nullità della notifica dell’atto di appello per violazione del termine anzidetto.

La sentenza impugnata, fondata sul principio affermato dalle Sezioni Unite con riguardo alla notifica mai avvenuta, e quindi alla sua inesistenza, deve pertanto essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale valuterà le conseguenze della nullità della notifica in questione.

Non possono valere, in contrario, le esigenze di celerità che hanno ispirato l’introduzione del c.d. rito Fornero in materia di licenziamenti, non potendo le relative disposizioni essere lette nel senso prospettato dalla società resistente, atteso che il c.d. “giusto processo” non può essere inteso solo quale “processo veloce”, essendo volto anche a soddisfare le esigenze del cittadino che accede al servizio giustizia, senza che possano essere travalicate le norme costituenti principi generali, specie quando risultano garantite, entro limiti ragionevoli e di salvaguardia del diritto di difesa della controparte, le esigenze del contenimento del processo, in modo da non realizzare effetti in contrasto con le finalità che l’art. 111 Cost. intende perseguire.

Restano assorbiti gli altri motivi del ricorso: il secondo, con il quale si sostiene che il Tribunale non avrebbe potuto porre, a fondamento della domanda di reintegrazione, fatti diversi da quelli dedotti da controparte; il terzo, che denuncia violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7; il quarto, con il quale si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito, nel ritenere improcedibile il ricorso, “omesso di considerare i due motivi di impugnazione nel merito, proposti dall’ENEL avverso la sentenza del Tribunale di Pisa”; il quinto, relativo alla questione dell’applicabilità, nel caso in esame, della reintegrazione nel posto di lavoro.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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