Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15941 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18574/2009 proposto da:

CALP IMMOBILIARE S.P.A., già CRISTALLERIA ARTISTICA LA PIANA S.P.A.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio

dell’avvocato STUDIO LESSONA, rappresentata e difesa dagli avvocati

PELOSI Emilio, PELOSI EUGENIO, MARRONE IVAN, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE

49, presso lo studio dell’avvocato BERNARDINI Sveva, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA GORACCI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 515/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/04/2009 r.g.n. 412/07;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato PELOSI EUGENIO;

udito l’Avvocato ERMANNO PRASTARO per delega LUCA GORACCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’improcedibilità del

ricorso, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La CALP Immobiliare s.p.a. impugnava la sentenza del Tribunale di Siena che annullò il licenziamento per giusta causa intimato al dipendente A.F. in data 9 giugno 2004, condannandola a risarcire il danno nella misura di cinque mensilità della retribuzione globale di fatto.

Premesso di avere comunque risolto il rapporto in questione con un secondo licenziamento (avendo il signor A. compiuto 65 anni il 23 dicembre 2004), la società censurava la decisione gravata che, pur riconoscendo che con la e-mail inviata a tutti gli utenti dell’Intranet aziendale in data 28 maggio 2004 l’ A. avesse travalicato i limiti del corretto esercizio del diritto di critica delle decisioni e dei comportamenti aziendali, ha escluso che da tale comportamento del lavoratore fosse derivato all’azienda pregiudizio morale e materiale, come richiesto dall’art. 72 c.c.n.l. di categoria per la irrogazione del c.d. licenziamento per punizione. Contestava che fosse presente in azienda un clima di forte dialettica sindacale e ribadiva la lesione di diritti inviolabili, alla libertà ed alla segretezza delle determinazioni e comunicazioni aziendali.

Concludeva per la riforma della sentenza impugnata, la reiezione delle domande di A.F. e la condanna di quest’ultimo a restituire le somme versategli in esecuzione della decisione di primo grado.

L’ A. resisteva al gravame, escludendo comunque che il suo comportamento potesse giustificare l’irrogazione della massima sanzione disciplinare.

Con sentenza depositata il 3 aprile 2009, la Corte d’appello di Firenze respingeva il gravame.

Propone ricorso per cassazione la CALP s.p.a., affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria.

Resiste l’ A. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 71 e 72 del c.c.n.l. “industria vetro” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per superamento dei limiti al diritto di critica del lavoratore, ad illustrazione del quale formulava il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se sia, o meno, con figurabile nella condotta dei Sig. A.F. del 27 e 28 Maggio 2004 ed, in particolare, nella e-mail del 28 Maggio 2004 ore 17,13 inviata dal Sig. A.F. “(OMISSIS)”, il superamento da parte del medesimo A., dei limiti posti al diritto di critica riservato al lavoratore in relazione all’operato del proprio datore di lavoro e, all’effetto, dica la Corte se debbano essere considerati legittimi il procedimento disciplinare promosso da CALP S.p.A. nel confronti dei Sig. A.F. ed il provvedimento di licenziamento definitivo del procedimento stesso”.

Il ricorso risulta improcedibile ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Premesso infatti che la società ricorrente deduce di aver proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte d’appello di Firenze depositata il 3 aprile 2009 e notificatale in data 11 giugno 2009, nel conseguente termine breve per impugnare, la norma in questione stabilisce, al fine di verificare il rispetto dei termini, che “Insieme al ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità: ..2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta..”.

Dall’esame degli atti non risulta che tale adempimento sia stato osservato risultando solo la copia autentica della sentenza senza alcuna relata di notifica.

Ne consegue l’improcedibilità del ricorso, non risultando possibile, per fatto addebitabile alla ricorrente, valutarne la ritualità.

Come affermato dalle sezioni unite di questa Corte (ord. 16 aprile 2009 n. 9005), la previsione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 22,00 per spese, Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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