Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15940 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 24/07/2020), n.15940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5110/2018 proposto da:

T.Y., elettivamente domiciliato in Roma Via Federico Cesi,

72 presso lo studio dell’avvocato Sciarrillo Andrea e rappresentato

e difeso dall’avvocato Sgarbi Pietro, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 193/2018 del 9-1-2018 comunicato a mezzo pec il 10/1/2018 il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di T.Y., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che i fatti narrati dal richiedente non fossero credibili, ed in particolare non fosse credibile il rapporto parentale con la persona indicata come zio dal ricorrente, il quale neppure era stato in grado di riferire alla Commissione Territoriale circostanze di dettaglio elementari e facilmente a conoscenza di chi avesse realmente vissuto la situazione descritta. Inoltre il richiedente non era in possesso di documenti e non aveva giustificato in alcun modo detta circostanza, nonostante che il suo allontanamento dal paese di origine fosse stato programmato e non frutto di fatti imprevedibili o improvvisi. Il Tribunale ha pertanto ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto riguardo anche alla situazione generale e politico-economica del (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza (rapporto Easo del febbraio e marzo 2017).

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati anche con memoria, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

3. Con ordinanza interlocutoria di questa Corte depositata il 13 settembre 2019, emessa all’esito della camera di consiglio del 12 giugno 2019, è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo della causa, in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulle questioni di cui alle ordinanze interlocutorie della Prima Sezione di questa Corte nn. 11749, 11750, 11751 del 2019, depositate il 3 maggio 2019.

4. Il ricorso è stato nuovamente fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) in relazione ai seguenti profili: 1) l’adozione del rito camerale e l’eliminazione del grado d’appello, per la violazione degli artt. 3,24,111,117 Cost. nonchè in relazione all’art. 46 par. 3 della direttiva 32/2013 ed agli artt. 6 e 13CEDU; 2) la previsione del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado, per la violazione degli artt. 3,24,111 Cost.; 3) la previsione relativa alle modalità di rilascio della procura alle liti in relazione al medesimo procedimento, per la violazione degli artt. 3,24,111 Cost..

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra 28-7-1951 (definizione del termine di rifugiato) e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. E)”. Deduce il ricorrente che in sede di audizione avanti alla Commissione Territoriale riferiva di aver vissuto con la nonna materna e lo zio L.S., colonnello dell’esercito di J.Y.. Nel 2013 lo zio fuggiva negli USA, ma di seguito organizzava, unitamente ad altre persone di origine (OMISSIS), il colpo di stato del (OMISSIS), nel corso del quale perdeva la vita. Dopo il fallimento del tentativo di golpe, i soldati del Presidente J. avevano arrestato la nonna del richiedente perchè sospettata di essere coinvolta nel suddetto attentato e pertanto il ricorrente, per timore di essere arrestato, fuggiva attraversando la frontiera senegalese, raggiungeva la Libia, dove restava per un anno e mezzo, ed infine l’Italia. Lamenta che erroneamente il Tribunale, richiamando le valutazioni della Commissione Territoriale, abbia ritenuto non credibile la narrazione delle vicende, che invece era stata dettagliata e puntuale. Evidenzia che era giunto in Italia quando era minorenne e che i profili di contraddittorietà sottolineati dalla Commissione Territoriale (descrizione dello divisa della zio, età del medesimo e luogo del gue rifugio negli Usa, modalità della fuga dal (OMISSIS)) erano insussistenti o comunque spiegabili, risultando anzi violato l’obbligo di cooperazione istruttoria, avendo il Tribunale omesso di chiedere chiarimenti al ricorrente e di verificare la veridicità dei fatti dallo stesso narrati.

4. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis”. Ad avviso del ricorrente il Tribunale non si è attenuto ai criteri legali di valutazione di credibilità soggettiva delle dichiarazioni del richiedente. Ribadisce di essere fuggito dal (OMISSIS) in conseguenza degli eventi relativi al golpe del (OMISSIS), documentati nei report COI del 2017 prodotti in primo grado, in ragione della persecuzione subita ad opera del feroce dittatore J. da tutto il suo nucleo familiare a causa della parentela con lo zio L.S..

5. Con il terzo motivo denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B) e C) (protezione sussidiaria) anche in relazione all’art. 3 Cost.”. Lamenta la sottovalutazione della vicenda personale narrata ed anche della situazione socio-politica del (OMISSIS), di profonda fluidità, come risultante dal rapporto Amnesty International 2016-2017 e del Ministero dell’Interno, assumendo che il Tribunale abbia erroneamente interpretato le circostanze riportate nei più recenti report nazionali ed internazionali. Richiama le statuizioni di alcune sentenze di merito, che allega al ricorso, relative a ricorsi di cittadini (OMISSIS) e lamenta la violazione dell’art. 3 Cost..

6. Con il quarto motivo denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (criteri applicabili all’esame delle domande)”. Lamenta travisamento dei contenuti dei tre report citati nel decreto impugnato, avendo il Tribunale erroneamente esaminato la situazione oggettiva del Paese di origine ((OMISSIS)) e di quello di transito (Libia).

7. I motivi primo, secondo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, inerendo le doglianze, sotto distinti ma collegati profili, al giudizio di credibilità e alla valutazione della situazione del Paese di origine, sono inammissibili.

7.1. Il ricorrente censura il giudizio di non credibilità della sua vicenda personale sub specie del vizio di violazione di legge, sollecitando, invece, inammissibilmente, la rivalutazione di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato adeguatamente motivato (Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass. n. 3340/2019). Il Tribunale, nel rispetto dei criteri legali, ha ritenuto inattendibili i fatti narrati dal richiedente, rilevando che non era credibile il rapporto parentale del ricorrente con la persona indicata come organizzatore del colpo di stato contro il dittatore Y., peraltro deposto da tempo, come da fonti di conoscenza indicate nel decreto. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione idonea, come nella specie, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b) D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/(OMISSIS); Cass. n. 16275/2018; Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

7.2. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza, ha analizzato la situazione politica del Paese di origine del ricorrente ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente. Le doglianze si sostanziano, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

Quanto alla valutazione della situazione del Paese di transito (Libia), il ricorrente non allega di aver subito violenze in Libia nel periodo in cui vi si è trattenuto, nè evidenzia quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese e il contenuto della domanda (Cass. n. 31676/2018; Cass. n. 29875/2018; Cass. n. 13096/2019).

8. Con il quinto motivo denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 – D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (protezione umanitaria) – art. 10 Cost. (diritto di asilo) – art. 3 Cost. – nullità della sentenza”. Deduce il ricorrente di aver fatto ingresso nel territorio italiano quando era minorenne, avendo raggiunto la maggiore età solo sei giorni prima della sua audizione da parte della Commissione. Lamenta l’omessa considerazione di detta circostanza, precisa che proprio in considerazione della sua giovane età il percorso di integrazione era stato relativo alla formazione scolastica e non all’attività lavorativa, richiama le fonti costituzionali e internazionali sul diritto d’asilo, e allega che sia sussistente una sua condizione di vulnerabilità tutelabile con la protezione umanitaria.

9. Anche l’ultimo motivo è inammissibile.

9.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre precisare, in via preliminare, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Tanto premesso, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità, lamentando la mancata considerazione della sua giovane età e della sua volontà di inserirsi nel nuovo tessuto sociale, senza precisare alcun elemento individualizzante di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019). Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

9.2. Neppure possono assumere, di per sè sole, specifico rilievo, ai fini che interessano, la giovane età del ricorrente e quella che aveva al momento dell’espatrio. Non può, infatti, valorizzarsi in tal senso la sentenza della Corte di giustizia 12 aprile 2018, C-550/16, la quale, affermando che nel processo deve essere trattato come “minore” il cittadino straniero che abbia un’età inferiore ai diciotto anni al momento del suo ingresso nel territorio di uno Stato membro e della presentazione della domanda di asilo e che raggiunga la maggiore età nel corso della procedura di asilo, mira a garantire l’immediata applicazione delle norme a tutela dei minori (domanda di ricongiungimento famigliare) e comunque sempre che la persona “(ottenga) in seguito il riconoscimento dello status di rifugiato”. La sentenza della Corte di giustizia non riguarda la protezione umanitaria ma i richiedenti lo status di rifugiato, atteso che il Considerando 9 stabilisce che “la presente direttiva (2004/83/Ce) non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perchè bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base discrezionale” ed analoga disposizione è contenuta nel Considerando 15 della direttiva 2011/95/Ue (così anche l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 11751/2019).

10. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

11. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

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