Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15937 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. I, 24/07/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 24/07/2020), n.15937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13289/2016 proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t.

Sig. B.P., elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Carlo Alberto Racchia 2, presso lo studio degli avvocati Riccardo

Sperti e Stefano Pichierri, rappresentato e difeso dall’avvocato

Massimo Asdrubali, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in Liquidazione; 67 Prestige M. M.

s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappres. p.t.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1586/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 26.4.16, ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa su ricorso di Prestige MM s.r.l..

La corte territoriale: ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità della notificazione dell’istanza per la dichiarazione di fallimento, rilevando che la creditrice – dopo aver inutilmente tentato la notifica via PEC l’aveva correttamente eseguita a mezzo posta, indirizzando la raccomandata alla sede di (OMISSIS), alla (OMISSIS), dove la società era risultata sconosciuta, e successivamente depositando il plico presso la Casa comunale; ha dichiarato inammissibile, o comunque infondata ai sensi dell’art. 156 c.p.c., l’eccezione di nullità del ricorso notificato; nel merito ha affermato che lo stato di insolvenza di (OMISSIS) era provato, osservando: che a fronte del credito fatto valere da Prestige, accertato con sentenza, il controcredito invocato dalla reclamante (per oltre 365.000,00 Euro) era ancora controverso in un giudizio in cui, pur essendo stata esperita una CTU, non era stato possibile stabilirne la reale sussistenza; che inoltre nei confronti di (OMISSIS) erano state emesse cartelle esattoriali; che, infine, dai bilanci degli esercizi 2012 e 2013 della società, che non aveva prodotto quello del 2014, emergeva un importo dei debiti di gran lunga superiore all’ammontare delle attività nonchè il superamento delle soglie legali di fallibilità.

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi illustrati con memoria.

Non si sono costituiti gli intimati, ai quali il ricorso è stato regolarmente notificato.

Diritto

RITENUTO

che:

1) Con il primo motivo si denunzia violazione ed erronea applicazione delle norme in tema di notifica del ricorso fallimentare, nonchè della L. Fall., art. 15, in quanto: la società ha sempre avuto sede in (OMISSIS), mentre l’indirizzo di (OMISSIS) sarebbe sconosciuto al liquidatore; non vi sarebbe, in ogni caso, traccia della notifica; non sarebbe stato eseguita in maniera corretta l’autentica del ricorso depositato unitamente alla copia del provvedimento presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, sicchè l’atto sarebbe “incompleto” e non avrebbe raggiunto lo scopo al quale era destinato.

2) Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. Fall., art. 5: a dire della ricorrente, la corte d’appello avrebbe sbrigativamente escluso che vi fosse prova del suo controcredito, la cui sussistenza non poteva essere posta in dubbio solo perchè il tribunale aveva declinato in favore degli arbitri la propria competenza a decidere sulla domanda proposta per ottenerne l’accertamento, tanto più che lo stesso CTU nominato nel corso del giudizio aveva formulato una proposta transattiva, indicandolo in una somma, di oltre 112.000 Euro, ben superiore al credito di Prestige.

3) Con il terzo motivo si deduce l’insussistenza dei presupposti di fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b) e si lamenta che il giudice d’appello non abbia attivato sul punto i propri poteri di istruttori ufficiosi.

4) Il primo motivo è inammissibile: al di là del rilievo, di per se stesso dirimente, che nell’intestazione del ricorso (OMISSIS) dichiara di avere sede in (OMISSIS) (ovvero proprio all’indirizzo dove l’istanza di fallimento è stata notificata), il mezzo difetta totalmente dei requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto contesta in via meramente assertiva gli accertamenti della corte del merito secondo cui la notifica era stata correttamente eseguita e l’atto notificato aveva raggiunto lo scopo al quale era destinato e non è neppure corredato dei documenti sui quali si fonda (certificato CCIA attestante l’ubicazione della sede sociale; domanda L. Fall., ex art. 6; relazione di notificazione), non allegati specificamente al ricorso e neppure richiamati attraverso l’indicazione della sede in cui risultano prodotti all’interno dei fascicoli di parte o di quello d’ufficio.

5) Anche il secondo motivo è inammissibile.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; la ricorrente, che si duole che il giudice del reclamo non abbia ritenuta provata la sussistenza dell’eccepito controcredito, allega invece un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: la censura si risolve, pertanto nella richiesta di una valutazione (peraltro di uno solo) degli elementi probatori sui quali si fonda la decisione diversa da quella operata dal giudice del merito; valutazione che, come è noto, non è sindacabile nella presente sede di legittimità (Cass., n. 3340/19; n. 640/19; n. 24155/17).

6) Il terzo motivo, prima ancora che infondato, è inammissibile, posto che, al fine di sottrarsi alla dichiarazione di fallimento, il debitore è tenuto a dimostrare il possesso congiunto dei requisiti di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2 e che nella specie non è stato contestato l’accertamento della corte d’appello secondo cui i debiti di (OMISSIS), nell’esercizio 2012 superavano i 2 milioni di Euro e nel 2013 sfioravano i 3 milioni di Euro (2.935.889,00), nè è stato dedotto che nel 2014 tale esposizione si era ridotta al di sotto dei 500.000 Euro: ne consegue che, essendo l’ammontare dei debiti di per sè sufficiente a determinare l’assoggettabilità a fallimento della ricorrente, la stessa è priva di interesse ad ottenere una pronuncia in ordine alla dedotta insussistenza, negli ultimi tre esercizi, di attività e ricavi superiori alle soglie di cui alle lett. a) e b) della disposizione. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

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