Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15936 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 17/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Carmine Ruggi, con domicilio

eletto in Roma, via Cristoforo Colombo, n. 177 (casa Milillo);

– ricorrente –

contro

ATI tra SISAS SERVICE s.r.l. e SISAS s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Matera n. 331/14 in data 30

aprile 2014.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17

giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Del Core Sergio, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con due distinti atti di citazione dinanzi al Giudice di pace di Matera, l’Associazione temporanea di imprese tra SISAS SERVICE s.r.l. e SISAS s.r.l., concessionaria del servizio parcheggi aree blu del Comune di Matera, conveniva in giudizio F.G. per sentirlo condannare al pagamento, con il primo atto, di 23 penali contrattuali e spese correlate, per l’importo di Euro 593,86, e con il secondo atto di 60 penali contrattuali e spese correlate, per l’importo di Euro 1.549,20, rivenienti dalla mancata corresponsione delle tariffe di parcheggio in aree blu di due autoveicoli intestati al convenuto (Fiat Ulisse tg. AK638AW e Fiat Ulisse CC817RN) nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nei verbali di contestazione allegati in atti dall’attrice.

Il F. si costituiva nei due giudizi, resistendo. Riunite le cause, il Giudice di pace di Matera, con sentenza in data 20 novembre 2008, condannava il convenuto F.G. al pagamento della somma di Euro 2.143,04 a titolo di mancato pagamento delle tariffe di sosta, nonchè al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.390,63, oltre accessori di legge.

2. – Il Tribunale di Matera, con sentenza in data 30 aprile 2014, ha respinto l’appello del F., condannandolo al rimborso delle spese di lite, liquidate in Euro 2.200, oltre accessori di legge.

Il Tribunale ha rilevato che l’appellante non risulta avere dato dimostrazione della asserzione concernente la disponibilità dell’auto di proprietà da altro e diverso soggetto, neppure indicando chi ed in che termini avrebbe potuto parcheggiare in zona a pagamento, e senza pagare il ticket, ed utilizzando l’auto che risulta essere di proprietà e deve presumersi essere nella disponibilità dell’appellante medesimo, non potendosi neppure esigere dagli accertatori il riscontro dell’identità soggettiva del conducente dell’auto, dovendo i medesimi limitarsi a rilevare i dati dell’autovettura che non risulta munita di ticket comprovante il pagamento. I relativi accertamenti ed addebiti – ha precisato il Tribunale – possono condursi sulla scorta di tali rilievi di per sè sufficienti, dovendo essere onere del proprietario dell’auto accertare e dimostrare chi abbia circolato con l’auto di sua proprietà e contro il proprio volere.

Il giudice del gravame ha poi sottolineato che dall’esame degli atti istruttori del giudizio emerge idoneo riscontro probatorio in ordine all’avvenuto parcheggio e che l’omesso pagamento oggetto di contestazione è stato confermato dalle dichiarazioni testimoniali.

Dopo avere dato atto che è espressamente contemplata la possibilità di constatare le infrazioni da parte degli stessi dipendenti della società concessionaria, come avvenuto nel caso di specie, il Tribunale ha escluso sia la sproporzione della penale prevista ed irrogata, sia la fondatezza della doglianza sulla eccessività delle spese liquidate in primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 4 novembre 2014, sulla base di due motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sotto un duplice profilo: (a) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per errata applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c.; (b) omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente si duole che il giudice di appello abbia del tutto omesso di valutare gli elementi di prova forniti dal F., costituiti dai tagliandi di pagamento esibiti in atti, “pervenendo alla ingiusta decisione mediante travisamento dei fatti acquisiti in istruttoria”. Anche in appello il F. ha eccepito che i ticket di pagamento versati in atti dal ricorrente sono prova documentale dell’avvenuta corresponsione della tariffa di sosta in aree pubbliche a strisce blu. Detti ticket, esposti sul cruscotto dell’autovettura, sono la prova dell’avvenuto versamento della tariffa oraria di parcheggio. Una volta depositati agli atti del giudizio i citati ticket di pagamento attestanti l’avvenuta corresponsione della tariffa oraria o frazione di essa nelle fasce orarie riportate nelle sanzioni comminate, l’onere probatorio ricadeva esclusivamente sulla società concessionaria. Il giudice avrebbe invertito l’onere probatorio, in violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c.. Ad avviso del ricorrente, i tagliandi di pagamento prodotti agli atti smentirebbe l’assunto degli operatori del traffico assunti come testimoni: le deposizioni dei testi Emanuele Moro e Giuseppe Quarto sarebbero in contrasto con l’evidenza scritta dei ticket di pagamento. Il ricorrente denuncia la discrasia logica della motivazione del giudice di appello per la valorizzazione della prova orale rispetto a quella documentale.

1.1. – Il motivo è infondato.

Il Tribunale – confermando la conclusione alla quale era giunto il Giudice di pace – ha rilevato che dagli atti istruttori del giudizio emerge riscontro probatorio in ordine (a) all’avvenuto parcheggio in zona a sosta tariffata nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nei verbali di contestazione allegati in atti dall’attrice e (b) alla omessa apposizione delle ricevute di pagamento.

Si tratta di una soluzione congruamente motivata, che valorizza non solo i documenti di contestazione degli omessi pagamenti, ma anche le dichiarazioni testimoniali rese in giudizio.

Il ricorrente lamenta che non sia stato dato alcun peso ai ticket di pagamento prodotti nel corso del primo grado di giudizio, ticket che il Giudice di pace ha ritenuto non decisivi in quanto privi di riferimenti certi alle auto e alle situazioni di tempo e di luogo per cui è causa.

Nel dare conferma e continuità alle valutazioni del primo giudice, il Tribunale non ha di certo invertito l’onere della prova. D’altra parte, lo stesso ricorrente, che pure prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in realtà finisce con il dolersi, non del fatto che il giudice del gravame abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma, bensì della complessiva erronea valutazione, da parte del Tribunale, delle risultanze probatorie, come emerge anche dalla contestuale evocazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dalla denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Sennonchè, nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, operata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, ratione temporis applicabile, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti (Cass., Sez. lav., 21 ottobre 2015, n. 21439). E l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora, come nella specie, il fatto storico rilevante in causa (gli omessi pagamenti dei parcheggi oggetto di contestazione) sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. 6-3, 27 novembre 2014, n. 25216).

2. – Il secondo motivo censura errata applicazione dell’art. 33, comma 2, lett. f, del codice del consumo, approvato con il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, e dell’art. 1469 bis c.c., stante la sproporzione tra l’importo evaso (tariffa oraria di Euro 0,50) e la penale (Euro 25,82). Di qui la denuncia della esosità della penale, non informata ai principi di ragionevolezza, trasparenza, chiarezza ed equità, e la conseguente nullità della pretesa creditoria.

2.1. – Il motivo è infondato, perchè l’apprezzamento in ordine all’eccessività dell’importo fissato con la clausola penale applicabile in caso di accertamento del mancato pagamento del ticket per il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza custodia date in concessione, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in sede di legittimità, quando, come nella specie, congruamente motivato.

3. – Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimata in questa sede.

4. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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