Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15936 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.B., residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso

per procura a margine del ricorso dall’Avvocato Picerni Giuseppe,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3/08 della Commissione tributaria regionale

del Veneto depositata il 25 gennaio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 maggio 2010 dal consigliere relatore dott. BERTUZZI Mario;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del dott. FEDELI

Massimo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio:

letto il ricorso proposto da M.B. per la cassazione della sentenza n. 3/08 del 25.1.2008 della Commissione regionale del Veneto, che aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento che gli contestava, in relazione all’annualita’ 2003, un maggior reddito di fabbricati;

letto il controricorso dell’Agenzia delle Entrate;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere delegato dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso osservando che:

– “gli undici motivi del ricorso sono tutti inammissibili in quanto i quesiti con cui si concludono appaiono manifestamente generici, limitandosi a chiedere se risultano violate le disposizioni indicate in rubrica oppure a formulare una domanda astratta, senza contenere, nell’uno e nell’altro caso, qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, alle questioni controverse ed affrontate dalla decisione ed alle specifiche ragioni esposte dalla sentenza impugnata, nonche’ l’affermazione del diverso principio di diritto di cui si chiede l’applicazione”;

– “in merito al tema dei requisiti di contenuto del quesito che il ricorrente ha l’onere di formulare ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – applicabile nella fattispecie essendo stata la sentenza impugnata depositata dopo il 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) – questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che il quesito di diritto non puo’ rimanere puo’ risolversi e restare circoscritto al mero interrogativo se una determinata norma sia stata violata ovvero se sussista il vizio denunziato ne’ in un’affermazione di diritto astratta ed avulsa dal caso concreto, ma deve consistere in un interrogativo che deve necessariamente contenere, sia pure sintetizzandola, l’indicazione della questione di diritto controversa e la formulazione de diverso principio di diritto rispetto a quello che e’ alla base del provvedimento impugnato – di cui il ricorrente, in relazione al caso concreto, chiede l’applicazione al line di ottenere la pronuncia di cassazione, in modo da circoscrivere l’oggetto di quest’ultima nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso (Cass. S.U. n. 23732 del 2007; Cass. S. U. n. 20360 e n. 36 del 2007; Cass. n. 14682 del 2007);

rilevato che la relazione e’ stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dal esame degli atti di causa, che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte in tema di applicazione dell’art. 366 bis c.p.c. (ex multis: Cass. n. 8463 del 2009; Cass. n. 7197 del 2009);

che, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

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