Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15934 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 318272/2006 proposto da:

RAVENNA ENTRATE SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo

studio dell’avvocato CANNAS Luciana, che lo rappresenta e difende,

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

LE ROMAGNOLE COOP. AGRICOLA SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2006 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 19/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BOSCO, delega Avvocato CANNAS, che

si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

in subordine accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Le Romagnole società cooperativa agricola s.p.a. impugnava il provvedimento di diniego del Comune di Ravenna al rimborso a detta società dell’ICI versata per l’anno 2000 innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna. Esponeva la contribuente di essere proprietaria di diversi immobili siti nel territorio del Comune di Ravenna, ove era svolta attività di trasformazione e manipolazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci. Ad avviso della società gli immobili erano da considerarsi fabbricati rurali di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, in quanto strumentali alla attività agricola di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 29 (T.U. imposte sui redditi).

Si costituiva il Comune di Ravenna negando che gli immobili in questione potessero essere qualificati come fabbricati rurali in quanto mancava la coincidenza tra il titolare del possesso degli immobili e quello dei terreni da cui provenivano i prodotti agricoli da trasformare, richiesta dal citato art. 29 T.U.I.R., sicchè la attività svolta doveva essere qualificata come commerciale.

La Commissione respingeva il ricorso.

Proponeva appello la società e la Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna con sentenza n. 36/20/06, in data 22-2-2006, depositata in data 19-4-2006, notificata il 10-8-2006, accoglieva il ricorso affermando la natura rurale degli immobili pertanto esclusi dall’ICI. Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione Ravenna Entrate s.p.a. quale titolare delle attività e funzioni del Servizio Tributi del Comune di Ravenna, con un motivo.

La società cooperativa non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 1994, e del D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nel riconoscere la natura rurale dei fabbricati ritenuti strumentali allo svolgimento della attività agricola, in quanto, anche a riconoscere che l’attività di trasformazione dei prodotti conferiti dai soci della cooperativa possa ritenersi strumentale a tal fine, manca il requisito essenziale della coincidenza tra proprietario dell’immobile e titolare o conduttore dei terreni, richiesta dall’art. 29 cit. T.U.I.R., e pertanto il requisito di ruralità degli immobili, presupposto della esenzione dall’ICI, viene a cadere.

Formula il seguente quesito di diritto: “dica il supremo Collegio se D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, ex art. 9, comma 3 bis, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, spetta la esenzione ICI alle cooperative agricole quando manca la identità soggettiva tra la Cooperativa proprietaria dei fabbricati, ma non utilizzatrice dei terreni dei soci, ed i soci stessi, proprietari dei terreni agricoli, ma non proprietari o possessori dei fabbricati nella cooperativa (come nel caso di specie)”. La questione trattata, oggetto nel passato di interpretazioni contrastanti da parte di questa Corte, ha trovato soluzione in forza dello “ius superveniens” costituito dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni nella L. n. 14 del 2009, definito di “interpretazione autentica” del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), ed in relazione alla pregressa giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte, che dava pregiudiziale importanza al classamento catastale degli immobili. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 18565 del 2009, hanno espresso il seguente principio di diritto: “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convcrtito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.

Nella fattispecie, non si evince nè dal ricorso, nè dalla sentenza se l’immobile fosse o meno iscritto in catasto, nè in quale categoria. La ricorrente, preso atto del principio giurisprudenziale sopra citato, ha dichiarato, nella memoria presentata ex art. 378 c.p.c., che gli immobili non sono accatastati come rurali. Di tale enunciazione non può tenersi conto, non essendo ammissibile dedurre nuove circostanze di fatto nella memoria illustrativa, e comunque l’affermazione mancherebbe palesemente di autosufficienza. Ne consegue che il tema del classamento catastale rimane estraneo alla presente controversia.

Ne deriva che il principio enunciato nel quesito di diritto è errato, alla luce della novella interpretativa di cui sopra, laddove è fondato, su un piano generale, quello espresso dalla CTR. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione della intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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