Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15933 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 08/06/2021), n.15933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 30118 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

P.O., in qualità di socio accomandatario e rappresentante

legale della Red House Immobiliare s.a.s., N.F.,

P.F., P.E., in qualità di soci accomandanti della della

Red House Immobiliare s.a.s., rappresentati e difesi, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Cesare Zingoni,

domiciliati presso la cancelleria della Corte di cassazione;

– ricorrenti –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana n. 1290/29/14, depositata in data 27 giugno

2014, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

23 febbraio 2021 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di

Nocera Maria Giulia.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– P.O., in qualità di socio accomandatario della Red House Immobiliare s.a.s., N.F., P.F., P.E., in qualità di soci accomandanti, impugnavano dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze diversi avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate, per gli anni 2006-2008, ai sensi del TUIR, art. 5, ai fini Irpef, a titolo di maggior reddito di partecipazione relativamente alle quote possedute nella s.a.s. Red House;

– tali avvisi erano stati preceduti da altri atti impositivi nei confronti della Red House Immobiliare s.a.s., ai fini Irap e Iva, per i medesimi anni di imposta, non impugnati dalla società;

– la CTP di Firenze, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della società Red House a sentenza n. 113/09/12, aveva rigettato nel merito i ricorsi dei soci;

– avverso la sentenza di primo grado, Red House Immobiliare s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, P.O., in qualità di socio accomandatario, N.F., P.F., P.E., in qualità di soci accomandanti, avevano proposto appello dinanzi alla CTR della Toscana, che, con la sentenza n. 1290/29/14, depositata in data 27 giugno 2014, lo aveva rigettato;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che dalla documentazione in atti si evinceva la definitività dell’accertamento nei confronti della società per mancata impugnazione dei relativi atti impositivi da parte del legale rappresentante della stessa, per cui l’integrazione del contraddittorio disposto dalla CTP nei confronti di quest’ultima, ai fini del corretto svolgimento del processo, non poteva costituire il mezzo per una surrettizia remissione in termini della società; infatti, con la costituzione in giudizio della medesima non era stata scalfita la definitività dell’accertamento a suo carico, in quanto il ricorso introduttivo risultava inammissibile, essendo stato proposto oltre il termine previsto per l’impugnazione; da ciò derivava che il maggiore reddito accertato doveva essere attribuito anche ai soci;

– avverso la sentenza della CTR, P.O., in qualità di socio accomandatario e rappresentante legale della Red House Immobiliare s.a.s., N.F., P.F., P.E., in qualità di soci accomandanti della della Red House Immobiliare s.a.s., propongono ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste, con controricorso l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in Camera di Consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, per avere la CTR – confondendo gli avvisi di accertamento notificati alla società, ai fini Irap e Iva, divenuti definitivi per mancata impugnazione, con gli avvisi di accertamento notificati ai soci, ai fini Irpef, regolarmente impugnati – erroneamente affermato che la definitività degli avvisi di accertamento notificati alla società, aveva comportato, a prescindere dal ricorso dei soci, la legittimità dell’accertamento svolto in capo ai soci; in particolare, ad avviso dei ricorrenti, la mancata impugnazione dell’accertamento da parte della società non poteva essere opponibile ai soci che avevano il diritto di difendersi nel merito della pretesa tributaria (quanto alla ripresa a tassazione dell’asserito autoconsumo con riferimento agli immobili della società), essendo la disposta integrazione del contraddittorio nei confronti della società finalizzata non ad una rimessione in termini di quest’ultima ma a garantire alla stessa, in caso di vittoria, la possibilità di fare valere la sentenza favorevole in sede di impugnazione della cartella o di opposizione agli atti esecutivi, con il solo limite della irripetibilità di quanto già versato;

– il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;

– è stato significativamente affermato che “Premesso che tutte le norme imponenti una responsabilità a carico di un soggetto dell’ordinamento vanno intese, salvo espressa (e solo in tal caso incostituzionale) previsione in contrario, nel senso che sia data possibilità al soggetto onerato di avvalersi della tutela, è manifestamente infondata, in relazione all’art. 24 Cost., la questione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 5, a proposito della posizione fiscale del socio accomandante di una società in accomandita semplice; in assenza di un orientamento interpretativo consolidato in contrario, tale disposizione, infatti, non preclude, in base all’interpretazione “secundum costitutionem”, che detto socio, quand’anche privo di legittimazione processuale nel giudizio relativo alla definizione del reddito societario, abbia pur sempre la possibilità, di fronte all’accertamento del proprio reddito personale di partecipazione, di contestare il pur definitivo accertamento del reddito della società”(Corte Costituzionale, ord. n. 5/1998); anche questa Corte si è espressa nel senso che “la disposizione contenuta nel detto D.P.R. n. 597 del 1973, art. 5, va, infatti, letta in conformità del principio, affermato dalla Corte costituzionale nella sent. n. 5 del 1998, secondo il quale tutte le norme che prevedono responsabilità di soggetti dell’ordinamento debbono essere interpretate nel senso che sia data la possibilità al soggetto onerato di avvalersi della tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost. quale “diritto inviolabile”, derivandone che “al socio accomandante (nella specie, di società di persone), privo di legittimazione processuale nel giudizio relativo all’accertamento del reddito societario ai fini dell’ILOR, deve sempre ritenersi consentita, allorchè gli sarà notificato l’accertamento del suo reddito personale, la possibilità di tutelare i suoi diritti, contestando anche nel merito l’accertamento del suo reddito di partecipazione, nonostante l’intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario ai fini ILOR” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12376 del 22/08/2002);

– questa Corte ha poi precisato che “In tema di imposte sui redditi, alla luce del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, l’accertamento compiuto nei confronti della società di persone è destinato a riverberare i suoi effetti sui soci, i quali, tuttavia, ove non abbiano preso parte al giudizio relativo alla determinazione del reddito sociale, promosso dalla sola società, possono impugnare – e sono tenuti a farlo, qualora intendano contestarlo – l’accertamento del loro reddito personale, facendo valere i propri diritti a prescindere dalle sorti dell’accertamento indirizzato alla società, e ancorchè esso sia divenuto definitivo, esercitando il diritto di difesa a ciascuno di essi garantito dall’art. 24 Cost.. L’atto di accertamento individuale emesso nei confronti del socio è, infatti, atto distinto, per cui su di esso non spiega effetti l’impugnazione dell’accertamento nei confronti della società, ove non sia effettuata anche dal socio” (Cass., sez. 5, n. 14498 dell’11/10/2002; nello stesso senso, circa il diritto del socio – ove non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società – di contestare autonomamente il maggior reddito accertato nei confronti della società di cui è partecipe, riflettendosi esso direttamente, “ex lege”, sul proprio reddito Sez. 5, Sentenza n. 21570 del 07/11/2005);

– l’orientamento che ha contrassegnato successivamente l’evoluzione giurisprudenziale, muove dall’intervento delle Sezioni Unite del 04 giugno de 2008, n. 14815, successivamente ribadito dalle sezioni semplici (cfr. Cass. n. 27337 del 2014; n. 11459 del 2009; n. 13073, n. 17925 e n. 23096 del 2012; n. 1047 del 2013; n. 25300 e 27337 dei 2014; n. 2094 del 2015; n. 11727 e n. 13737 del 2016), secondo cui “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario”;

– come precisato dalle richiamate sezioni unite della Corte (Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815), “nel giudizio avente ad oggetto l’accertamento dei redditi di società ed associazioni, ove, in violazione dei principi dei litisconsorzio necessario, si formino giudicati “parziali” relativi a singole posizioni, i rapporti fra il giudicato parziale e le posizioni dei soggetti nei cui confronti non sì sia formato il giudicato debbono essere risolti in base ai principi del contraddittorio e del diritto di difesa, per cui il terzo può trarre beneficio dal giudicato inter alios, ma non esserne pregiudicato”. Con la conseguenza, ha ulteriormente puntualizzato la Corte (Cass., ord. 6 giugno 2014, n. 12793), che la formazione di un giudicato a carico di uno dei litisconsorti impedisce la concreta attuazione del litisconsorzio processuale, e tale giudicato -ove sia sfavorevole- non pregiudica la posizione degli altri litisconsorti. Principi, questi, che, espressi in relazione alla formazione del giudicato, sembrano a maggior ragione applicabili in un’ipotesi in cui si sia prodotta, anche se soltanto in relazione alla società, l’irretrattabilità dell’avviso per mancata impugnazione, essendo pacifica, tra le parti, la circostanza che di tale avviso non si era proceduto a notifica al socio odierno ricorrente (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17360 del 2014, secondo cui “l’avviso di accertamento del reddito di società di persone, pur se divenuto irretrattabile per mancanza di impugnazione da parte di quest’ultima, non può considerarsi definitivo in pregiudizio dei soci ai quali l’atto non è stato notificato”);

– il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto-in una fattispecie in cui pacificamente gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società non erano stati notificati ai singoli soci – ha ritenuto che la definitività, per mancata impugnativa, dell’accertamento nei confronti della società avesse precluso ai soci l’impugnativa degli avvisi di accertamento loro notificati successivamente, ai sensi del TUIR, art. 5; in particolare, confondendo i due piani dell’impugnativa degli avvisi di accertamento notificati alla società e dell’impugnativa degli avvisi relativi al maggiore reddito di partecipazione notificati successivamente ai soci, ha erroneamente ritenuto che non potendo la costituzione in giudizio della società – nei cui confronti era stato integrato il contraddittorio – equivalere ad una rimessione in termini per l’impugnativa dell’accertamento già divenuto definitivo nei confronti della medesima, andava confermato anche il maggiore reddito da partecipazione accertato nei confronti dei soci;

– in conclusione, il ricorso va accolto; con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte:

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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