Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1593 del 27/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1593 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

ORDINANZA

Data pubblicazione: 27/01/2014

4-wir

sul ricorso 9065-2012 proposto da:
MANCA PAOLO, già legale rappresentante di “Il Pedro Soc. Coop.”,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POFI 6, presso lo studio
dell’avvocato BACCARO RAFFAELLA, che lo rappresenta e difende
giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
IL PEDRO COOP. SOC. IN LIQUIDAZIONE COATTA
AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario Liquidatore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PISANELLI 40, presso lo
studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO LUCIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GUGLIELMUCCI ENRICO giusta
procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 104/2012 della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE dell’8/02/2012, depositata il 20/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;

riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI che ha
concluso come da relazione.

In fatto e in diritto
1. E’ stata depositata in cancelleria e comunicata alle parti la seguente
relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che
Paolo Manca, nella qualità di legale rappresentante della II Pedro
soc.coop. sottoposta a liquidazione coatta amministrativa con
provvedimento del 25.08.2010, con atto notificato il 19 marzo 2012 ha
proposto ricorso per cassazione della sentenza della Corte d’appello di
Trieste n.104/2012, resa pubblica il 20 febbraio 2012 e notificata il
successivo 27 febbraio, che ha rigettato il reclamo proposto avverso la
sentenza con la quale il Tribunale di Udine aveva dichiarato
l’insolvenza della società stessa;
che il Liquidatore della II Pedro soc.coop. resiste con controricorso;
considerato che con il primo motivo di ricorso si denuncia la carenza
di motivazione tanto nella sentenza di primo grado quanto in quella di
secondo grado; con il secondo si denuncia la “erronea interpretazione
delle norme inerenti la liquidazione coatta amministrativa”;
ritenuto che il ricorso si manifesta non meritevole di accoglimento;
che, quanto al primo motivo, la critica alla motivazione del (unico
censurabile) provvedimento impugnato si mostra inammissibilmente
Ric. 2012 n. 09065 sez. M1
-2-

ud. 15-10-2013

udito l’Avvocato Baccaro Raffaella difensore del ricorrente che si

generica: parte ricorrente invero si limita a dolersi del mancato esame
delle allegazioni da essa svolte in primo grado —che dalla esposizione in
fatto precedente l’illustrazione del motivo sembrerebbero riferirsi ai
tentativi di “risanamento” mediante istanze di rateizzazione del debito
con l’Agenzia delle Entrate e con l’INAIL e pagamento di tre delle rate

circostanze dovrebbero considerarsi decisive, a fronte degli elementi
evidenziati nel provvedimento impugnato, cioè la non contestata
esistenza di un grave sbilancio tra il presumibile valore dell’attivo della
liquidazione (€ 21.000) e l’esposizione debitoria (non meno di €
125.730,03) e la (del pari non specificamente censurata) incompatibilità
tra la liquidazione della società e istituti quali la transazione fiscale e la
rateizzazione dei debiti; che, quanto al secondo motivo, la genericità
della indicazione delle norme di legge delle quali si denuncia la
violazione trova collegamento, nella illustrazione del motivo, con
l’assenza di individuazione delle norme o principi normativi disattesi;
che al riguardo l’unico rilievo apparentemente individuabile dall’esame
complessivo del ricorso —quello cioè afferente alla circostanza che la
cooperativa non è stata posta in liquidazione per volontà dei soci o del
legale rappresentante- appare inidoneo a condurre a conclusioni
diverse da quelle esposte dalla Corte di merito, tenendo presente
l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui quando la società
è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5
della legge fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del
patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei
creditori sociali, e ciò in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di
restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al
soddisfacimento dei creditori sociali previa realizzazione delle attività sociali- non è

più richiesto che essa dislponga, come invece la società in piena attività, di credito e
Ric. 2012 n. 09065 sez. M1 – ud. 15-10-2013
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di quest’ultimo debito— senza spiegare le ragioni in base alle quali dette

di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte
(cfr.ex multis: Sez.1 n.19141/06; n.21834/09; n.15442/11;
n.13644/13);
ritiene, pertanto, che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio a norma dell’art.380 bis cod.proc.civ. per ivi, qualora il

2. Il collegio, in esito alla odierna adunanza camerale, condivide
—conformemente alle conclusioni del Procuratore Generale- i motivi
in diritto evidenziati nella relazione, in replica alla quale non è stata
esposta da parte ricorrente alcuna argomentazione.
Si impone dunque il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna
della parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di
cassazione, che si liquidano come in dispositivo.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese, in complessivi € 3.100 —di cui € 100 er spese- oltre
accessori di legge.
Roma, 15 ottobre 2013

collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato.”

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