Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1593 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. III, 24/01/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 24/01/2020), n.1593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24305/2018 proposto da:

S.A., C.C., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ETTORE BERTO’;

– ricorrenti –

contro

F.C.R., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOACCHINO ADRIGNOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.C.R. ha agito nei confronti di S.A. e C.C. per la revocatoria di una donazione che il S. ha fatto alla moglie C.C..

La revocatoria è stata chiesta a tutela del credito alla legittima.

Infatti, il 17.7.2008, a seguito della morte di F.A.M., si è aperta la successione nella quale la F.C. è subentrata quale erede necessario.

Il 30 giugno 2010 il S. ha alienato il bene, ed il (OMISSIS) la F.C. ha agito lamentando la lesione dei suoi diritti di successione.

Il Tribunale, in primo grado, ha accolto la domanda di revocatoria, accertando ossia che la donazione da marito a moglie, dell’unico bene del patrimonio del debitore, fosse elusiva del diritto della F. alla reintegra nella quota di legittima.

I due convenuti hanno censurato la sentenza assumendo, in particolare, che il credito della F. sarebbe sorto successivamente e che il bene oggetto di revocatoria era comunque vincolato da ipoteca a favore di una banca, e non poteva dunque ritenersi pregiudizievole.

La corte di appello ha confermato la decisione di primo grado.

S.A. e C.C., rispettivamente donante e donataria, ricorrono con tre motivi. V’è costituzione della F. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata.

La corte di appello ha ritenuto il credito sorto anteriormente alla donazione, e precisamente al momento della apertura della successione, ed ha dunque ritenuto che la donazione è stata effettuata in frode ai diritti successori, non contestati dal donante in sè e per sè. Ha poi ritenuto irrilevante che il bene fosse gravato da ipoteca a favore di terzi.

2.- Il primo motivo di ricorso è articolato in due censure.

Con la prima delle due, i ricorrenti, S. e C., lamentano una erronea interpretazione dell’art. 2901 c.c..

Ritengono che la norma è stata erroneamente applicata ad un caso in cui il credito è sorto dopo l’atto di donazione. Più precisamente quest’ultimo è del 2010, mentre solo con la citazione del 2011 la F. avrebbe fatto valere, e per la prima volta, il suo diritto.

La corte di merito non avrebbe tenuto conto di questa successione temporale, che inevitabilmente incide sull’elemento soggettivo, non potendo il donante sapere di stare violando un diritto che solo dopo la donazione sorge e viene fatto valere.

Questo motivo è infondato.

Infatti, la corte di merito ha correttamente ritenuto che il credito è sorto al momento dell’apertura della successione, e non già della citazione in giudizio, altra essendo l’insorgenza del credito, altra la sua rivendicazione (Cass. 22161/2019).

Il ragionamento è corretto.

Infatti, il credito alla legittima, quale credito litigioso, che giustifica l’azione revocatoria, sorge al momento della apertura della successione e non già nel momento in cui, con l’atto di citazione, l’erede necessario lo faccia valere (Cass. 23666/2015 in tema di legato).

Con la seconda censura, sempre all’interno del primo motivo, invece, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso.

Si tratta dell’esito del procedimento penale, ed in particolare della deposizione del direttore dell’istituto bancario, il quale avrebbe riferito che è stata la banca a richiedere una garanzia sul bene oggetto di donazione.

Il motivo è inammissibile.

Intanto la censura di omesso esame di fatto rilevante è preclusa dalla doppia motivazione conforme, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

Inoltre, del tutto irrilevante, rispetto alla ratio della decisione, è che sia stata la banca a richiedere la garanzia sul bene donato, posto che non di tale vincolo si discute bensì della donazione medesima, con la conseguenza che la circostanza che la corte non abbia esaminato il suddetto fatto è dipeso dalla irrilevanza che esso aveva ai fini del decidere.

3.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..

La corte di merito avrebbe assunto un fatto sulla base di prove tardivamente richieste ed ammesse, e la cui tardività essi avevano eccepito per tempo.

In particolare, la corte ha ritenuto che, sin dal 2009, la F. aveva accettato con beneficio e redatto il conseguente inventario, e lo avrebbe notificato ai due convenuti prima che questi stipulassero la donazione.

Secondo i ricorrenti questo fatto sarebbe stato allegato tardivamente dalla F., eppure tenuto in conto dai giudici.

Anche questo motivo è inammissibile.

Infatti, posto che la produzione di quei documenti fosse tardiva, e posto che il giudice di primo grado li ha ritenuti ammissibili- si tratta infatti di documenti prodotti con le memorie di cui all’art. 183 c.p.c., la loro inammissibilità (in quanto tardivamente prodotti), andava ribadita in appello, con apposita doglianza.

I due ricorrenti non dimostrano di avere riproposto la questione in appello, e avevano l’onere di farlo, poichè il giudice di primo grado si deve ritenere che avesse ammesso la prova, anche implicitamente, decidendo sulla base di quegli elementi. E questa decisione andava impugnata o comunque riproposta in appello, dove non risulta invece essere stata fatta.

4.- Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 2901 c.c.. Si ritiene che la corte di merito ha erroneamente ammesso che la F. avesse un interesse alla revocatoria, pur essendo il bene oggetto della domanda già ipotecato e dunque vincolato a favore di terzi.

Invero, è regola che l’azione revocatoria opera a tutela dell’effettività della responsabilità patrimoniale del debitore ma non produce effetti recuperatori o restitutori, al patrimonio del medesimo, del bene dismesso, tali da richiederne la libertà e capienza, poichè determina solo l’inefficacia dell’atto revocato e l’assoggettamento del bene al diritto del revocante di procedere ad esecuzione forzata sullo stesso. Ne consegue che la presenza di ipoteche sull’immobile trasferito con l’atto oggetto di revoca non esclude, di per sè, un pregiudizio per il creditore chirografario (e, dunque, il suo interesse ad esperire tale azione), posto che le iscrizioni ipotecarie possono subire vicende modificative o estintive ad opera sia del debitore che di terzi (Cass. 16793/ 2015; Cass. 11892/2016).

Con la conseguenza che correttamente la corte di merito ha ritenuto l’interesse della creditrice ad agire in revocatoria.

Il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite nella misura di 6200,00 Euro, oltre 200,00 Euro per spese generali, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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