Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15928 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18209-2012 proposto da:

C.R., B.G.L., B.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAPRANICA 78, presso lo studio

dell’avvocato FEDERICO MAZZETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PIERLUIGI BONGIORNO GALLEGRA;

– ricorrenti –

contro

R.M., R.G., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

ORTI DELLA FARNESINA 116, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

COLICA, che le rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

R.S., R.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1152/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato BONGIORNO GALLEGRA Pierluigi, difensore dei

ricorrenti che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato COLICA Roberto difensore delle resistenti che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Genova, depositata il 19 novembre 2011, che ha rigettato l’appello proposto da C.R., B.M. e B.G.L. avverso la sentenza del Tribunale di Chiavari n. 533 del 2004, e nei confronti di R.G. e R.M..

1.1. – Il giudizio era stato promosso nel 1999 dai sigg. C. – B. con domanda di accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione della proprietà del fabbricato rurale e del terreno adiacente, situati in Comune di (OMISSIS), censiti al foglio 5 mappali 442 e 464. Le convenute R.G. e R.M. avevano formulato in via riconvenzionale domanda di rilascio dei beni e di risarcimento del danno, mentre R.S. e R.R. avevano eccepito di non essere legittimate passive per avere ceduto la proprietà dei beni oggetto di causa dal 1959.

1.2. – Il Tribunale, previa declaratoria della carenza di legittimazione passiva di R.S. e R.R., aveva rigettato la domanda di usucapione e condannato gli attori al rilascio dei beni e al risarcimento del danno da spoglio, da determinarsi in separato giudizio.

2. – La Corte d’appello ha confermato la decisione.

Con riferimento al rigetto della domanda di usucapione, la Corte di merito ha osservato che dalle prove espletate era emerso il perdurante uso promiscuo del fabbricato rurale nel corso dei decenni, e ciò era incompatibile con il possesso esclusivo e continuo per venti anni, necessario ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione.

Quanto all’accoglimento della domanda riconvenzionale di rilascio dei beni, la Corte d’appello ha rilevato che si trattava di domanda non connessa ad alcuna pretesa di carattere petitorio e che il rilascio era funzionale alla illegittimità del possesso vantato dalla controparte.

3. – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso C.R., B.M. e B.G.L., sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso R.G. e R.M..

Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

1.1. – Con il primo motivo è dedotto vizio di motivazione, per insufficienza e contraddittorietà, circa il fatto decisivo del possesso esercitato dagli attori sull’immobile. I ricorrenti contestano che la Corte d’appello non avrebbe valutato compiutamente le prove addotte a sostegno della domanda di usucapione, e assumono che la decisione sarebbe basata sulle deposizioni rese da soggetti inattendibili, in quanto legati da rapporti di parentela o affinità con i convenuti sigg. R., e in assenza di confronto con le deposizioni rese dai testi indotti dagli attori.

1.2. – La doglianza è infondata.

La valutazione delle risultanze probatorie è infatti governata dal principio del libero convincimento del giudice, e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione che deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza e deve essere dedotto con la specificazione dei punti decisivi sui quali si contesta l’illogicità della motivazione (ex plurimis, Cass., sez. 1, sentenza n. 14267; Cass., sez. L, sentenza n. 6023 del 2009).

Nel caso in esame, la Corte d’appello, dopo avere effettuato il confronto tra le prove di segno diverso offerte dalle parti, ha ritenuto non raggiunta la prova del possesso ad escludendum per un tempo sufficiente a determinare l’acquisto a titolo originario. La motivazione così resa risulta sufficiente e congrua.

1.3. – Priva di fondamento risulta anche la contestazione in ordine alla attendibilità delle dichiarazioni rese dai testi di parte convenuta.

In linea generale, l’attendibilità del testimone – che opera su un piano diverso dalla capacità di testimoniare – afferisce alla veridicità della deposizione, che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva – la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni – e di carattere soggettivo – la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite – (ex plurimis, Cass., sez. 3, sentenza n. 7763 del 2010). Il giudizio di attendibilità è evidentemente implicito nella utilizzazione delle dichiarazioni testimoniali da parte del giudice, e non può per ciò solo essere censurato. L’onere di motivazione esplicita sulla attendibilità del testimone sorge solo in caso di specifica contestazione, e in quel caso il contenuto della motivazione o, prima ancora, la mancanza della motivazione può diventare oggetto del sindacato di legittimità, che altrimenti si risolverebbe nell’inammissibile ripetizione del giudizio di attendibilità, che spetta esclusivamente al giudice del merito.

Tanto premesso, nel caso di specie non risulta nè dalla sentenza impugnata nè dall’illustrazione del motivo di ricorso che gli odierni ricorrenti, appellanti principali, avessero contestato le dichiarazioni testimoniali oggi censurate sotto il profilo dell’attendibilità, sicchè la Corte d’appello non aveva l’onere di motivare al riguardo.

1.4. – Non sussistono ragioni per procedere alla correzione della motivazione della sentenza, richiesta nel controricorso con riferimento alla valutazione della capacità testimoniale di R.S. e R.R., alla tardività della indicazione dei testi e alla individuazione dell’oggetto della domanda di usucapione.

2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c., e si contesta l’accoglimento della domanda riconvenzionale di rilascio del fabbricato in favore delle sigg. R. in assenza di prova della proprietà in capo alle stesse.

2.1. – La doglianza è fondata.

Come evidenziato dai ricorrenti, il rigetto della domanda di usucapione degli immobili in oggetto non comportava, come conseguenza automatica, l’accoglimento della domanda riconvenzionale di rilascio ex adverso proposta. Erano e sono necessarie, a tal fine, la qualificazione della domanda – se personale o reale – e quindi la verifica della fondatezza, sulla base del relativo regime probatorio.

La Corte d’appello, invece, dopo un riferimento generico al profilo possessorio, peraltro non configurabile nell’ambito del giudizio petitorio incardinato con la domanda di usucapione, ha qualificato la domanda di rilascio come personale e l’ha accolta senza spiegare il fondamento del diritto delle convenute – appellate alla restituzione dei beni.

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 7305 del 2014, “l’azione personale di restituzione A è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo. In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poichè il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica”.

L’azione di rilascio, dunque, assume carattere personale e segue il relativo regime probatorio quando veicola una pretesa collegata al venir meno di un negozio giuridico, cioè di un titolo, che si assuma giustificasse la relazione di fatto tra la cosa e il soggetto dal quale si pretende la restituzione. Diversamente, essa introduce una rivendica, anche quando si assuma finalizzata a ripristinare una situazione possessoria venuta meno per effetto dell’altrui abusiva occupazione, giacchè la tutela del possesso nel nostro ordinamento è possibile solo attraverso il ricorso alle azioni tipiche (Cass., sez. 2, sentenza n. 705 del 2013).

3. – All’accoglimento del secondo motivo di ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà ad un nuovo esame della domanda riconvenzionale di rilascio dei beni, e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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