Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15925 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi G. – rel. Consigliere –

Dott. ORILLA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8642-2012 proposto da:

ASL BN1 GESTIONE LIQUIDATORIA, EX USL 5/6/7/8/9 (OMISSIS) in persona

del Commissario Liquidatore Delegato pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO FROGIERO;

– ricorrente –

contro

D.G.E., D.G.V., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato

ENNIO LUPONIO, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO CAMILLERI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 572/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI;

udito l’Avvocato FROGIERO Antonio, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi al ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – La A.S.L. B.N. 1 – Gestione liquidatoria ex U.S.L. 5-9 della Regione Campania convenne in giudizio D.G.E. e D.G.V., chiedendo che venisse dichiarata la nullità dell’atto di donazione con la quale il padre dei convenuti aveva donato agli stessi un fondo sito in (OMISSIS) – in realtà di proprietà di essa attrice – sul presupposto dell’avvenuto acquisto della proprietà di esso per usucapione; chiese ancora che i convenuti fossero condannati al rilascio dell’immobile.

Nella resistenza dei D.G., che eccepirono l’acquisto per usucapione della proprietà dell’immobile da parte del loro dante causa, il Tribunale di (OMISSIS) rigettò la domanda attorea.

2. – Sul gravame proposto dall’attrice, la Corte di Appello di Napoli confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la A.S.L. B.N. 1 – Gestione liquidatoria ex U.S.L. 5-9 della Regione Campania, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso D.G.E. e D.G.V..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1418 e 1158 c.c., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che il fondo per cui è causa fosse usucapibile e per non aver considerato che, in ogni caso, erano trascorsi solo otto anni tra la data (23.12.1978) in cui l’ente provinciale antitracomatoso di (OMISSIS) – originario proprietario del fondo – ebbe a confluire nella U.S.L. e la data (23.3.1986) in cui D.G.D. donò ai figli la proprietà del fondo stesso.

Unitamente a tale motivo, va esaminato – stante la stretta connessione – il terzo motivo di ricorso, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 826 e 1159 c.c., per avere la Corte di Appello escluso che il fondo per cui è causa appartenesse al patrimonio indisponibile dell’ente pubblico e per avere, conseguentemente, riconosciuto la sua usucapibilità.

Le censure sono infondate.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, affinchè un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826 c.c., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio (Sez. U, Sentenza n. 14865 del 28/06/2006, Rv. 590191; Sez. U, Sentenza n. 24563 del 03/12/2010, Rv. 614925; Sez. U, Sentenza n. 10733 del 02/12/1996, Rv. 500970; Sez. 2, Sentenza n. 26402 del 16/12/2009, Rv. 610544).

In altre parole, perchè un bene possa considerarsi appartenente al patrimonio indisponibile dell’ente pubblico a norma dell’art. 826 c.c., comma 3, non è sufficiente la determinazione dell’ente pubblico di destinarlo ad un pubblico servizio, ma è necessario altresì che esso abbia concreta ed effettiva destinazione a quel servizio; in difetto di tali condizioni, il bene non è ascrivibile al patrimonio indisponibile e va ricompreso nel patrimonio disponibile dell’ente, con la conseguenza che esso rimane soggetto al diritto comune e – come tale – è alienabile e usucapibile.

Nella specie, la Corte territoriale, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, ha escluso che il fondo fosse destinato in modo effettivo ed attuale ad uso pubblico (altra cosa essendo la mera intenzione di adibire l’immobile alla costruzione di una scuola per minorati di cui è cenno nell’atto di compravendita stipulato nell’anno 1966); legittimamente, perciò, la Corte di Napoli ha concluso che l’immobile faceva parte del patrimonio disponibile dell’ente pubblico e – come tale – fosse usucapibile.

Infondata è poi la pretesa della ricorrente di far decorrere il dies a quo del possesso ad usucapionem dalla data (23.12.1978) in cui l’ente provinciale antitracomatoso di (OMISSIS) – originario proprietario del fondo – confluì nella U.S.L., non essendovi ragione per non tener conto – come bene hanno fatto i giudici di merito – anche del periodo temporalmente precedente a tale data in cui il dante causa dei convenuti ha esercitato il possesso, trattandosi di bene che era usucapibile anche prima del 1978 in quanto facente parte del patrimonio disponibile dell’ente pubblico.

2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1158 e 1159 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza del possesso di buona fede ai fini dell’usucapione decennale e per non aver tenuto conto della colpa grave del D.G.D..

Anche questa doglianza è infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza della buona fede del donante e dei convenuti, escludendo la colpa grave degli stessi.

Stante tale accertamento di fatto, che – in quanto tale – non è sindacabile in cassazione essendo riservato all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non sussiste la lamentata violazione di legge, essendo stata correttamente riconosciuta l’usucapione abbreviata in presenza del requisito della buona fede. Nè il ricorrente ha lamentato il vizio della motivazione sul punto.

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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