Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15925 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 08/03/2021, dep. 08/06/2021), n.15925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11667/2013 R.G. proposto da:

P.N., rappresentato e difeso dall’avv. Raimondo

Fulcheri, del Foro di Biella (pec: raimondo.fulcheri.pec.studio.it),

ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Marianna Dionigi n. 29,

presso lo studio dell’avv. Marina Milli (pec:

marina.milli.avvocato.pec.it);

– ricorrente

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 149/28/2012 pronunciata il 26.10.2012 e depositata il

31.10.2012 Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio

dell’8 marzo 2021 dal consigliere Dott. Giuseppe Saieva.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. P.N. ricorre, sulla base di un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia n. 148/28/12 del 26/31.10.2012, che ha dichiarato inammissibile, per mancanza di motivi specifici di impugnazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTP di Varese, in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento ai fini Irpef per gli anni 2005-2008.

2. L’Agenzia delle entrate resiste in giudizio con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza.

3. Il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio dell’8 marzo 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nonchè del cit. D.Lgs., art. 36, e art. 132 c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata si è limitata a ritenere apoditticamente inammissibili i motivi di appello senza alcuna motivazione a sostegno della decisione. Il ricorrente ha precisato di avere, nell’atto di appello, contestato la decisione dei primi giudici e di avere riproposto quali motivi di gravame i motivi già esposti nell’originario ricorso non accolto con la sentenza di primo grado.

2. Il ricorso appare, innanzitutto, rispettoso del principio di autosufficienza, in quanto riporta e ritrascrive testualmente i motivi di gravame proposti nei ricorsi di primo grado e nell’atto di appello; il fatto che tale trascrizione sia stata effettuata espressamente in funzione della formulata richiesta di decisione nel merito da parte della Corte non esclude – diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia controricorrente – che la stessa debba essere tenuta in considerazione anche ai fini della valutazione di autosufficienza del motivo, dovendosi esaminare, a tal fine, l’intero contenuto del ricorso senza indebite parcellizzazioni o compartimentazioni del suo contenuto. Nè risultano obiettivi elementi, d’altro canto, per dubitare che si tratti dei medesimi motivi proposti avanti alla C.T.P. prima ed alla C.T.R. poi; lo stesso confronto fra la loro intitolazione e la conforme elencazione contenuta nella sentenza qui impugnata ne dà ulteriore conferma e l’Agenzia, sul punto, non è andata oltre una contestazione generica, pur avendo la possibilità di evidenziare eventuali difformità o discrasie del contenuto del ricorso avversario rispetto al gravame proposto avanti alla C.T.R., ove le stesse si fossero realmente verificate.

3. Ciò posto, il motivo appare fondato.

3.1. In primo luogo, va osservato che la sentenza non enuncia alcuna ragione che giustifichi la conclusione raggiunta circa l’assenza di specificità dei motivi, con ciò integrando un’ipotesi di carenza assoluta di motivazione o di motivazione apparente. In ogni caso, e per completezza di argomentazione, anche a voler ricollegare la pronuncia di inammissibilità alle ragioni dedotte dall’Ufficio avanti alla C.T.R., cioè all’assenza di censure riferite alla sentenza appellata e non esclusivamente all’atto impugnato, resterebbero comunque ferme – ed, anzi, arricchite di ulteriori profili argomentativi – le conclusioni a sostegno dell’accoglimento del motivo di ricorso in esame.

3.2. In via generale (cfr. Cass. Sez. 5, 20/12/2018, n. 32954), va rilevato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito. Tale principio, più volte applicato quando l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte contribuente a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo (ex plurimis, v. Cass. Sez. 6, 22/1/2016, n. 1200; Cass. Sez. 5, 3/8/2016, n. 16163; Cass. Sez. 5, 24/03/2017, n. 7639; Cass. Sez. 6, 20/04/2018, n. 9937; Cass. Sez. 5, 09/05/2018, n. 11061). Nello stesso senso, si è osservato che “nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito”. (cfr. Cass. Sez. 6-5, 23/11/2018, n. 30525). E’, invero, necessario, in coerenza con quanto statuito dalle Sezioni Unite (Sez. Un., 16/11/2017, n. 27199) con riguardo agli artt. 342 e 434 c.p.c., che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, sicchè alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante in vista della critica, e confutazione, delle ragioni del primo giudice.

3.3. Ciò non significa, peraltro, che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso, infatti, può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (Sez. Un. 16/11/2017, n. 27199), i motivi d’appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto d’appello contenga una esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicchè essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall’intero atto d’impugnazione. Il caso in esame è pienamente riconducibile ai sopraindicati principi, posto che, come emerge dal contenuto dei motivi di appello trasfusi nel ricorso in esame e dalla stessa pronuncia impugnata nella parte in cui riproduce, enumerandoli ed illustrandoli in modo sintetico (numeri da 1 a 7), i punti della decisione di primo grado che aveva integralmente rigettato il ricorso del contribuente, risulta che la parte appellante aveva ribadito nel proprio gravame le medesime ragioni di impugnazione originariamente proposte, che si ponevano in diretto ed oggettivo contrasto con le specifiche ragioni su cui era fondata la pronuncia impugnata.

3.4. Ne consegue che deve essere ribadito il principio secondo cui (cfr. la citata Sez. 5, 20/12/2018, n. 32954) “nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci”.

4. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà all’esame del merito della controversia; alla stessa si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

 

 

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