Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15920 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 29/07/2016), n.15920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26627-2011 proposto da:

R.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

LIEGI 32, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CLARICH,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO LONGO;

– ricorrente –

contro

C.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA

COLOMBARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 323/2010 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato Longo Francesco difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avv. Albini Carlo con delega depositata in udienza dell’Avv.

Andrea Manzi difensore del controricorrente che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 C.G. proprietario di un immobile in Cordenons, convenne davanti al Tribunale di Pordenone il vicino R.F. lamentando una serie di illeciti, tra cui, per quanto ancora interessa, una sopraelevazione ad altezza superiore a quella indicata negli elaborati progettuali relativi alla ristrutturazione dell’edificio.

Il Tribunale, con sentenza 837/2005 – sempre per quanto interessa – respinse la domanda di danni per la sopraelevazione e compensò le spese, ma la Corte d’Appello di Trieste fu di diverso avviso e, con sentenza 19.8.2010, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’attore, accolse la domanda risarcitoria quantificandola in Euro 6.000,00 comprensivi di interessi e rivalutazione monetaria.

Per giungere a tale conclusione, la Corte triestina, osservò:

– che l’estinzione del reato urbanistico per prescrizione, non comportando un proscioglimento nel merito, consentiva al giudice di pronunziarsi sugli effetti civili scaturenti dalla condotta illecita e in particolare sul risarcimento del danno provocato dalla maggiore altezza realizzata nella sopraelevazione rispetto alla previsione della concessione edilizia;

– che era pacifica la violazione della concessione ed in particolare l’aumento di altezza da mt. 6,00 a mt. 6,70;

– che, come accertato dal CTU, l’immobile dell’attore aveva subito un deprezzamento per l’aumento del cono d’ombra nel giardino e l’impatto visivo del muro di confine;

– che la sanatoria ottenuta dal R. non incideva sulla sussistenza del danno, non potendo incidere sui diritti dei terzi;

– che l’esito complessivo della lite era stata favorevole all’appellante per cui il R. doveva essere condannato al pagamento delle spese di entrambi i gradi.

Il R. ricorre per cassazione con sette motivi a cui resiste il C. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

l Con un primo motivo si denunzia il difetto di giurisdizione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 osservandosi che la materia dell’edilizia e dell’urbanistica è devoluta al giudice amministrativo come previsto dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34 poi dalla L. n. 205 del 2005, e infine dall’art. 133 del codice amministrativo. La Corte d’Appello non poteva pertanto sindacare, ai fini della valutazione della domanda risarcitoria, la legittimità della concessione edilizia e la portata della sanatoria.

2 Col secondo motivo si denunzia violazione della L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 31 rimproverandosi alla Corte di Appello di avere ravvisato il pregiudizio patrimoniale sulla base della difformità della costruzione rispetto alla concessione edilizia e non dalla violazione della normativa regolamentare che, nel caso di specie, risultava osservata.

3 Col terzo motivo si denunzia il vizio di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la Corte d’Appello, da un lato ha escluso il vizio di ultrapetizione denunziato dall’attore appellante (con riferimento al rigetto della domanda risarcitoria per ritenuta conformità alla normativa urbanistica locale a fronte di una richiesta fondata sulla difformità rispetto agli elaborati progettuali e alla concessione edilizia) e poi ha accolto la domanda risarcitoria sulla scorta della mera sopraelevazione.

4 Col quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 651 c.p.p., art. 872 c.c. e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte giuliana, dal mancato proscioglimento nel merito del convenuto (per effetto della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione) ha finito per invertire l’onere probatorio del fatto illecito, addossando al convenuto, non prosciolto nel merito in sede penale, l’onere di dimostrare l’insussistenza dei fatti contestati.

5 Col quinto motivo si denunzia violazione degli artt. 115, 116, 132 e 201 c.p.c., art. 2697 c.c. in relazione all’art. 872 c.c. e ancora violazione degli artt. 1223 e 1226 nonchè 2727 cc..

6 Col sesto ed ultimo motivo il ricorrente denunzia infine la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. dolendosi della condanna alle spese e della mancata compensazione.

7 Col settimo motivo il ricorrente si duole ancora della condanna alle spese, sotto il profilo del vizio di motivazione (360 c.p.c., n. 5).

8 Il primo motivo, che pone la questione di giurisdizione, è privo di fondamento perchè il giudice di merito si è limitato non già a sindacare la legittimità dell’atto amministrativo ma a rilevare la difformità dell’intervento di sopraelevazione rispetto alla originaria concessione edilizia ai soli fini della tutela risarcitoria in una controversia tra privati: non vi è stata dunque nessuna invasione della sfera riservata al giudice amministrativo.

9 Appare invece meritevole di accoglimento il secondo motivo.

L’argomentazione che costituisce il nucleo della censura si fonda sulla asserita conformità della sopraelevazione alla previsione del piano regolatore. Sotto questo profilo va subito chiarito che il ricorso risponde senz’altro al criterio di autosufficienza (art. 366 c.p.c.): se è vero infatti che si discute di norme non integrative del codice civile e che pertanto non spetta al giudice di ricercarle e conoscerle, è pur vero che il ricorso alle pagg. 5 e 6 riporta la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui dava atto della altezza “inferiore a quella massima indicata dalla normativa urbanistica vigente” e della possibilità della realizzazione della sopraelevazione, sulla scorta della relazione del CTU, a sua volta riportata, per quanto occorre, in ricorso, nella nota a pag. 4 (“l’innalzamento è una variante costruttiva rientrante nelle previsioni dì piano”). Ancora, a pag. 16 riporta nuovamente fedelmente le conclusioni del consulente sulla regolarità sotto il profilo urbanistico.

Tale affermazione del resto non è mai stata contestata dall’attore che si era doluto della “altezza superiore a quella indicata negli elaborati progettuali relativi alla ristrutturazione” e “nella concessione edilizia ottenuta” ma non di una violazione di normativa urbanistica (v. sentenza impugnata a pagg. 4 e 6).

Ciò chiarito, rileva il Collegio che l’art. 872 c.c. attribuisce la tutela risarcitoria al soggetto danneggiato dalla violazione delle norme di edilizia.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte – a cui va data continuità – la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonchè dalle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori generali locali. Ne consegue che, ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto la esistenza della concessione (salva la ipotesi della cosiddetta licenza in deroga), quanto il fatto di avere costruito in conformità alla concessione, non escludendo tali circostanze, in sè, la violazione dei diritti dei terzi di cui al codice civile e agli strumenti urbanistici locali; è del pari irrilevante la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopraindicate (v. Sez. 2, Sentenza n. 12405 del 28/05/2007 Rv. 597809; Sez. 2, Sentenza n. 6038 del 11/05/2000 Rv. 536405; Sez. 2, Sentenza n. 4208 del 06/05/1987 Rv. 452965; v. altresì Sez. 2, Sentenza n. 17286 del 12/08/2011 Rv. 618885 non massimata).

Nel caso di specie la Corte di Trieste si è discostata da questo principio perchè, pur essendo partita da una premessa giuridicamente corretta (l’irrilevanza della sanatoria nei rapporti tra i privati) ha però desunto l’illiceità della condotta del R. unicamente dalla violazione della originaria concessione edilizia (con riferimento all’altezza ivi prescritta) rilevando che l’aumento di 70 centimetri aveva aumentato il cono d’ombra nel giardino e l’impatto visivo dato dal muro a confine. Nessuna verifica la Corte d’Appello ha compiuto sulla conformità o meno della sopraelevazione alla normativa urbanistica locale, cioè sul problema fondamentale, perchè solo una risposta negativa all’interrogativo avrebbe potuto legittimare la tutela risarcitoria a prescindere dalla conformità o meno delle opere alla concessione edilizia.

La violazione di legge è palese e comporta la cassazione della sentenza. Il giudice di merito riesaminerà la vicenda attenendosi al citato principio.

Resta logicamente assorbito l’esame delle altre censure.

PQM

accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste che provvederà anche sulle spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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