Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15916 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 20/07/2011), n.15916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI PISA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Celimontana n. 38, presso lo studio

dell’avv. Benito Panariti, rappresentato e difeso dall’avv. LAZZERI

Gloria;

– ricorrente –

contro

BAGNO LUISA S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Giunio Buzzoni n. 1, presso lo

studio dell’avv. Francesco Asciano, rappresentato e difeso dall’avv.

GIOVANNELLI Alberto;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sez. 18, n. 52 del 30 ottobre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

9.6.2011 dal Consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

udito, per il Comune ricorrente, l’avv. Alessandro Ardizzi;

udito, per la società controricorrente, l’avv. Alberto Giovannelli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso, in adesione alla relazione, per il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale il Comune di Pisa, le aveva contestato l’omessa dichiarazione a fini i.c.i., per l’anno 1998, ed il conseguente mancato pagamento dell’imposta, in relazione a stabilimento balneare, insistente su area in parte demaniale e in parte comunale, censita in Catasto in categoria “E/9”;

che, a fondamento del ricorso la società contribuente esponeva che, per espressa previsione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1 lett. b, gli immobili censiti in categoria “E/9” erano esenti dall’imposta;

che – costituitosi il Comune, che negava la rispondenza del classamento alle effettive caratteristiche dell’immobile – l’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello del Comune, dalla commissione regionale;

che, in particolare, i giudici di appello riscontrato in fatto che l’immobile oggetto dell’accertamento risultava catastalmente classificato in categoria E/9 (esente da i.c.i.), con rendita pari a Euro 295,16 – rilevarono che il regime dell’imposizione i.c.i. è imprescindibilmente legato alla qualificazione catastale dell’immobile, cui il Comune è vincolato (salva la facoltà di sollecitare l’Agenzia del Territorio ad una diversa classificazione);

rilevato:

– che, avverso la sentenza di appello, il Comune di Pisa ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi;

– che la società contribuente ha resistito con controricorso;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, il Comune ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 e 7, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione e formulato il seguente quesito di diritto: “… se possa essere considerato esente da imposta un immobile in cui si svolge un’attività commerciale, quale uno stabilimento balneare, in ragione del fatto che al Catasto è erroneamente inserito nella categoria “E/9″ cioè in una categoria, per dichiarazione della stessa Agenzia, non rispondente alla situazione attuale”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, il Comune ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione e formulato il seguente quesito di diritto:

“… se il Comune di Pisa, in quanto ente impositore, possa rinunciare a introitare l’i.c.i. relativa ad immobili inseriti per errore in una categoria esente da imposte, in assenza di casi similari e di scritture contabili depositate, rinunciando così all’obbligo inderogabile di provvedere ad effettuare il dovuto prelievo fiscale”;

– che, con il terzo motivo di ricorso, il Comune ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, in relazione all’art. 53 Cost. e art. 1367 c.c., D.Lgs. n. 504 del 1992 e formulato il seguente quesito di diritto: “… se il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, debba o meno essere interpretato alla luce del principio generale dell’obbligatorietà della contribuzione alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva e comunque nel senso in cui possa avere un qualche effetto e se, applicando tali principi, il Comune possa, o meglio debba, ricorrere ad autonoma stima in relazione a manufatti non denunciati o denunciati in maniera errata al catasto ed in assenza degli altri indici previsti dall’art. 5 sopra detto”;

considerato:

che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dal Comune sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

– che infatti, ai sensi della disposizione indicata il quesito inerente ad una censura in diritto dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);

– che il ricorso è, d’altro canto, infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’attribuzione all’immobile in Catasto di una categoria che preveda l’imposizione i.c.i. deve essere specificamente impugnata (nei confronti dell’Agenzia del Territorio) dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta, restando altrimenti l’immobile assoggettato ad ici; così come, corrispondentemente, il Comune deve impugnare l’attribuzione in Catasto di categoria che esclude l’imposizione i.c.i., al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento dell’immobile ad imposta (cfr. Cass. ss.uu. 18565/09).

Ritenuto:

che il ricorso va, pertanto, respinto, nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la natura della controversia e tutte le peculiarità della fattispecie si ravvisano le ondizioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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