Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15914 del 26/06/2017
Cassazione civile, sez. VI, 26/06/2017, (ud. 16/03/2017, dep.26/06/2017), n. 15914
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13008-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
R.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PALESTRO 78,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLO D’INCECCO BAYARD DE
VOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato CATERINA MONTELEONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1239/38/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di TORINO, depositata il 17/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR del Piemonte, relativa a una ripresa a tassazione ai fini Irpef e IVA perchè contestava al contribuente di aver emesso fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, denunciando la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 2727 e 2729 c.c., dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, i giudici d’appello, in luogo di esaminare la censura dell’ufficio alla sentenza di primo grado, relativa al rigetto della contestazione inserita nell’atto impositivo nei confronti del contribuente di aver emesso fatture a favore di terzi per prestazioni mai svolte e dietro corrispettivo, avevano preferito valorizzare la difesa del contribuente, secondo il quale le fatture non sarebbero mai state da lui emesse, perchè quest’ultimo sarebbe stato oggetto di un raggiro non altrimenti provato, tant’è vero che aveva sporto denuncia all’Autorità giudiziaria. In particolare, i giudici d’appello avrebbero interpretato l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, nel cui ambito l’ufficio aveva chiesto spiegazioni, come una manifestazione di dubbio da parte dello stesso ufficio sulla contestazione contenuta nel successivo atto impositivo, ed in ogni caso, gli elementi, su cui l’ufficio aveva disposto la ripresa a tassazione, non sarebbero stati così gravi e precisi, nel senso di sorreggere la pretesa impositiva (in particolare, i giudici d’appello, seguendo il ragionamento dei giudici di primo grado, hanno manifestato dubbi, sul fatto che il contribuente avesse effettivamente emesso, le fatture oggetto di contestazione).
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Il ricorso è fondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. n. 22232/16, sez. un. 8053/14).
Nella specie, ricorre un’ipotesi di motivazione del tutto apparente, che, senza alcuna coerenza logica così da apparire incomprensibile, utilizza argomenti addotti dall’Agenzia per ritenere fondato l’accertamento in ordine all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, come espressione, invece, di dubbi sull’autenticità delle fatture (S.U. 2014/8053) così da non rendere in alcun modo conto del fondamento della decisione adottata.
La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla sezione regionale del Piemonte, in diversa composizione, per il riesame nel merito, della controversia.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale per il Piemonte in diversa composizione.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio, il 16 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017