Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15914 del 25/06/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15914 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 18611-2005 proposto da:
BIONDO
.

GIACOMO

(c.f.

BNDGCM57P03D883G),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI
113,

presso

l’avvocato

GRASSO

ROSALBA,

Data pubblicazione: 25/06/2013

rappresentato e difeso dall’avvocato GABELLONE
GIOVANNI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
contro

787

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
,q

,

del

Ministro

pro

tempore,

MINISTERO

DELLE

1

INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del
Ministro pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti

D’APPELLO di LECCE, depositata il 20/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 08/05/2013 dal Consigliere
Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito,

per

il

ricorrente,

l’Avvocato ORONZO

D’AGOSTINO, con delega, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 456/2004 della CORTE

2

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Lecce,in riforma della decisione
4 marzo 2002 del Tribunale, con sentenza del 20 luglio
2004 ha respinto la domanda di pagamento di interessi

legali ed anatocistici avanzata da Giacomo
Biondo,cessionario del credito di Antonio Napoli nei
confronti dei Ministeri dell’economia e delle
finanze,nonché dei Trasporti per il canone di concessione
di un bene demaniale determinato per l’anno 1989 nella
misura di £.87.575.000,invece che in quella di
£.14.640.000. Ha osservato al riguardo: a)che titolare
della relativa obbligazione era soltanto il Ministero
delle Finanze che aveva ricevuto il pagamento della
maggiore somma e provveduto alla restituzione della
differenza; b)che al momento della determinazione del più
elevato canone detto Ministero era in buona fede per
essere la determina antecedente alla nuova
normativa;sicchè, essendo stata la differenza restituita
al concessionario in epoca anteriore alla domanda
giudiziale,lo stesso art.2033 cod. civ. escludeva la
corresponsione degli interessi,a maggior ragione
anatocistici.
Per la cassazione della sentenzahil Biondo ha proposto
ricorso per due motivi;cui resistono entrambi i Ministeri
con controricorso.
3

Motivi della decisione
Con il primo motivo ì,i1 Biondo, deducendo violazione
dell’art.32 cod. nav.) censura la sentenza impugnata per
avere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del
Ministero dei trasporti e della navigazione,e ritenuto,

invece, titolare dell’obbligazione restitutoria il
Ministero delle Finanze cui invece la menzionata
disposizione codicistica attribuisce la legittimazione
soltanto in ordine alle controversie aventi per oggetto la
tutela dei beni demaniali.
La doglianza è infondata.
Proprio perché oggetto del giudizio,come rilevato dal
Biondo, è un’ipotesi di indebito oggettivo derivante dal
canone di concessione in misura non dovuta,deve trovare
applicazione la consolidata giurisprudenza di questa Corte
tratta dal l ° comma dell’art.2033 cod. civ. secondo la
quale la ripetizione suddetta rappresenta un’azione
restitutoria, non risarcitoria, a carattere personale, che
riflette l’obbligazione insorta tra il “solvens” ed il
destinatario del pagamento privo di “causa acquirendi”; ed
è perciò circoscritta esclusivamente tra detti soggetti.
Pertanto siccome nel caso la sentenza impugnata ha
accertato > senza contestazioni della controparte, che
destinatario del canone per cui è causa è stato il
Ministero delle Finanze, a favore del quale è avvenuto il
pagamento del maggiore importo non dovuto,peraltro
4

restituito proprio da questa amministrazione,i1 principio
appena menzionato comporta che soltanto il suddetto
accipiens potesse essere considerato in linea astratta il
titolare passivo dell’obbligazione di corrispondere oltre
alla sorte anche gli interessi legali e quelli
richiesti

(Cass.7871/2011;11073/2003;

anatocistici
5926/1995).

Con il secondo motivoil Biondo, deducendo vizi di
motivazione, si duole che la sentenza impugnata abbia
omesso di considerare la normativa vigente -art.10 d.l. 77
del 1989,convertito nella legge 160/1989- alla data di
determinazione

del

canone,la

quale:a)fissava

nuovi

parametri per detta determinazione che escludevano
qualsiasi discrezionalità del Ministero e pervenivano ad
importi assai inferiori; b)ha abrogato le precedenti norme
del codice della navigazione e del regolamento,nonché ogni
altra disposizione contraria ai nuovi criteri; imponeva
all’amministrazione di non superare comunque il limite
posto dal 2 ° comma del menzionato art.10,perciò escludendo
la buona fede del Ministero allorchè il canone di
£.87.575.000 fu determinato e preteso per l’anno 1989.
Anche questo motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte,ai cui principi il
Collegio intende dare continuità, hanno in tal modo
ricostruito la normativa per la determinazione del canone
relativo alla concessione di bene demaniale attribuita al
5

dante causa del ricorrente (sent. 411/2007; 22662/2006;
7861/2001): I) In relazione alla normativa antecedente
alla legge 160 del 1989,costituita dall’art. 2 della legge
n. 1501 del 1961, dall’art.16, comma terzo d.P.R. n. 328
del 1952, e poi,dall’art. 5, comma primo D.L. n. 546 del

1981, la P.A. concedente era titolare di un ampio potere
discrezionale di stabilirne l’ammontare, come risulta
dalla previsione di un canone minimo e di aumenti
calcolati in rapporto alle caratteristiche oggettive, ed
alle capacità reddituali dei beni, nonché alle effettive
utilizzazioni consentite; II)tale regime è stato
modificato dall’art.10 D.L. 4 marzo 1989, n. 77, conv. in
L. 5 maggio 1989, n. 160, concernente “disposizioni
urgenti in materie di trasporti e concessioni
marittime”,i1 quale ha attribuito al Ministro della
marina mercantile di concerto con il Ministro delle
finanze la potestà di fissare criteri per la
– determinazione dei canoni per le concessioni di aree e
pertinenze demaniali marittime e di zone di mare
territoriale; ha abrogato (comma 8 ° ) le norme del codice
della navigazione, del regolamento per l’esecuzione del
codice medesimo ed ogni altra normativa in contrasto con
le disposizioni del detto decreto; ed ha previsto (comma
5 0 ) che la prima applicazione di tali criteri avrebbe
avuto effetto dall’1.1.1989; III) In applicazione di tale
D.L. è stato emanato il D.M. 19 luglio 1989,i1 cui art.1
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ha statuito: “l. In applicazione del D.L. 4 marzo 1989, n.
77, art. 10, convertito, con modificazioni, in L. 5 maggio
1989, n. 160, i canoni annui per concessioni di aree,
pertinenze demaniali marittime e di specchi acquei per i
quali si applicano le disposizioni relative alle

utilizzazioni del demanio marittimo, sono determinati,
nelle seguenti misure:a) L. 1.600 per ogni metro quadrato
di area scoperta;b) L. 3.000 per ogni metro quadrato di
area occupata con impianti di facile rimozione;c) L. 3.600
per ogni metro quadrato di area occupata con impianti di
difficile rimozione. 2. Alle misure di cui alle lett. b) e
c) del comma precedente si aggiungono, per la parte degli
impianti a quota superiore o inferiore ai metri 2,7
rispetto al piano di campagna, L. 3.200 per ogni metro
cubo di volume fino al raggiungimento della misura massima
corrispondente a L. 10.000, oltre alla misura di cui al
precedente comma, per ogni metro quadrato della superficie
sulla quale insiste l’impianto”.
Completatosi dunque il citato quadro normativo per effetto
del d.m. 19 luglio 1989 , con riguardo al periodo di tempo
considerato,non era più ravvisabile per la determinazione
dei canoni concessori un potere discrezionale della P.A.
concedente, nella previsione di un canone minimo e di
aumenti discrezionali calcolati come nel precedente
regime, spettando alla p.a. solo il compito di un
accertamento tecnico, in merito alla rilevazione delle
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superfici nonché degli altri elementi individuati dal
nuovo decreto;con la conseguenza che il canone dovuto dal
Napoli per l’anno 1989 ha dovuto essere rideterminato dal
Ministero in base ai nuovi parametri vincolanti nella
misura di £.14.640.000,assai inferiore a quella di

£.87.575.000 corrisposta per il precedente anno 1988.
Sepnonchè questa determinazione per l’anno 1989,come
accertato dalla sentenza impugnata senza contestazioni al
riguardo del ricorrente,è stata eseguita e pretesa dal
Ministero in epoca antecedente al d.m. 19 luglio 1989
nonché

“provvisoriamente”,in attesa di conoscerne le

nuove indicazioni; ed il relativo importo è stato versato
dal concessionario in data 16 giugno 1989 (pag.7),allorchè
dunque era vigente la precedente normativa che per le
considerazioni svolte ne consentiva il calcolo in tale più
elevato importo: divenuto “indebito” soltanto dopo
l’introduzione dei nuovi criteri. Ed è del pari pacifico
che l’importo non dovuto gli è stato restituito prima
dell’inizio del giudizio, sicchè del tutto correttamente la
Corte di appello alla stregua di detti elementi ha
qualificato da un lato,”in buona fede” la richiesta del
canone maggiore;ed applicato dall’altro

il disposto

dell’art. 2033 cod. civ. che il debito dell'”accipiens” a meno che questi sia in mala fede – produce interessi
solo a seguito della proposizione di un’apposita domanda
giudiziale: non essendo sufficiente al riguardo un
8

qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore,
perché trova qui applicazione la tutela prevista per il
possessore di buona fede – in senso oggettivo – dall’art.
1148 cod. civ., a norma del quale questi è obbligato a
restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale,

della sentenza (Cass.sez.un. 14886/2009,nonché 25847 e
5520/2008; 17558/2006).
Le spese processuali gravano sul soccombente Biondo e si
liquidano in favore del Ministero come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte,rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali,che liquida in favore
del Ministero in complessivi e 6.000,00 oltre alle spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma 1’8 maggio 2013.

alla cui data di proposizione retroagiscono gli effetti

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