Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15912 del 26/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/06/2017, (ud. 08/06/2017, dep.26/06/2017),  n. 15912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17449-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TERMOIDRAULICA DI M.P.G. E MA.FR. S.N.C.

IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 305/21/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’8/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della Termoidraulica snc di M.P.G. e Ma.Fr., in liquidazione, (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 305/21/2016, depositata in data 25/01/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione, da parte della Termoidraulica snc di M.P.G. e Ma.Fr., di avviso di accertamento n. “(OMISSIS)”, emesso – a seguito di annullamento, in autotutela, da parte dell’Amministrazione finanziaria di pregresso avviso n. “(OMISSIS)” – per maggiori IVA ed IRAP dovute dalla società, in relazione all’arino d’imposta 2002, a seguito di recupero a tassazione di un maggior reddito d’impresa correlato a fatture, emesse dalla Termoidraulica nei confronti della terza società Ares srl, nell’ambito di un sub-appalto di lavori edili, appaltati all’imprenditore individuale D.F., ritenute, dall’Ufficio, riconducibili ad operazioni inesistenti ed irregolarmente contabilizzate, – è stata confermata la decisione di primo grado (n. 79/02/2011, adottata dalla C.T.P. di Enna in data “17/10/211”), che aveva accolto il ricorso della contribuente (ritenute sussistenti le operazioni contestate, tenuto conto degli esiti del giudizio penale, a carico del M., conclusosi con assoluzione piena, e dei giudizio tributario di primo grado, di impugnazione dell’atto impositivo notificato all’imprenditore D.F., conclusosi in senso favorevole a detto contribuente).

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che, a fronte delle assoluzioni, in sede penale, dei soggetti imputati a vario titolo per frode fiscale e truffa e della effettiva realizzazione delle operazioni fiscalmente contestate, pur non sussistendo alcuna “necessaria automatica autorità di giudicato della sentenza penale irrevocabile, anche di assoluzione”, con formula piena, nel giudizio tributario, verificati gli elementi addotti dall’Amministrazione, attrice in senso sostanziale, a sostegno della pretesa fiscale, gli stessi erano privi di “certezza” e basati su “affermazioni vaghe e generiche”, così da essere confutate dalla prova contraria offerta dalla contribuente (non solo con le sentenze in sede penale ma anche con le perizie, ivi redatte, asseveranti “la regolarità della condotta della società”).

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per disapplicazione degli artt. 101 e 102 c.p.c., art. 111 Cost., comma 2 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, comma 2 avendo la C.T.R. deciso la controversia nel merito, senza integrare contraddittorio tra società di persone e soci sin da primo grado; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, deli artt. 2697, 2927 e 2929 c.c., in combinato disposto con l’art. 2709 c.c., in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21, 23 e 24 avendo la C.T.R., pur in presenza della riconosciuta inspiegabilità contabile delle divergenze tra le scritture contabili degli imprenditori sottoposti a verifica fiscale (disallineamento delle risultanze delle scritture contabili), ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non avesse fornito indizi gravi convergenti e gravi pei dimostrare presuntivamente l’inesistenza delle operazioni fatturate; 3) con il terzo motivo, la disapplicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 e dell’art. 111 Cost., non avendo i giudici della C.T.R. motivato esaurientemente, sulle prove (in particolare, il contenuto delle perizie, ritenute di valenza decisiva) poste a base del giudizio statico finale di accertamento dell’esistenza delle operazioni effettuate.

2. Preliminarmente, il ricorso può ritenersi ammissibile, malgrado nello stesso si faccia riferimento al primo avviso di accertamento, n. “(OMISSIS)”, notificato alla società, anzichè al secondo e successivo, n. “(OMISSIS)”, emesso, a fronte dello sgravio in autotutela del primo atto impositivo, tenuto conto che l’oggetto del contendere si evince dal contenuto della sentenza impugnata, correttamente indicata in ricorso.

3. Tanto premesso, la prima censura è fondata, con assorbimento delle restanti.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti chiarito, con a sentenza n. 14815 del 2008, che – per il principio per cui i redditi delle società di persone si imputano automaticamente a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (TUIR)) – la rettifica della dichiarazione dei redditi di una società di persone e le conseguenti rettifiche delle dichiarazioni dei redditi dei relativi soci si fondano su un accertamento unitario.

Le Sezioni Unite con successiva pronuncia (Cass. S.U. 10145/2012) hanno anche precisato che, essendo l’Irap imposta assimilabile all’Ilor ed essendo a stessa imposta imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società.

Inoltre, è stato poi precisato da questa Corte (Cass. 26071/2015; Cass. 21340/2015) che “l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci”, ma “qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette, IVA ed IRAP, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del “simultaneus processus” per l’inscindibilità delle due situazioni”.

Dal che discende che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci (salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali), cosicchè in tali casi ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra tutti questi soggetti, con conseguente nullità assoluta, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, del giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari.

Risulta, nella specie, dal ricorso e dall’esame degli atti, che, sin dal primo grado, le posizioni di società e soci, nell’impugnazione dei diversi atti impositivi (IRAP, IVA, sanzioni, da un lato, IRPEF, dall’altro lato), sono rimaste distinte ed hanno avuto decisioni separate.

Invero, sin dal primo grado, sono state trattate separatamente le impugnazioni del M., quale amministratore della società ma in proprio, avverso avviso a carico della società, nonchè quelle del medesimo, quale socio della società, avverso avviso inerente il maggior reddito da partecipazione sociale imputato per trasparenza, del Ma.Fr., quale altro socio della società, sempre avverso il maggior reddito da partecipazione sociale, e della società, avverso sia l’avviso di accertamento inerente maggiori IRAP ed IVA dovute, sia di contestazioni di sanzioni correlato.

In particolare (anche ai fini dell’impossibilità di sanare la violazione del litisconsorzio necessario attraverso la riunione, in questa sede, dei distinti ricorsi, in presenza di pronunce riguardanti la società ed i soci adottate dallo stesso collegio in identica composizione, nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, alla luce dei precedenti di questa Corte nn. 3830/2010, 2907/2010), risulta che, mentre le posizioni relative all’amministratore M., al medesimo M. quale socio, all’altro socio Ma., alla società, ma in relazione all’atto di contestazione di sanzioni, sono state trattate separatamente ma contestualmente, in primo grado (dalla C.T.P. di Enna Sez. 2 all’udienza del 7/04/2011) ed in secondo grado (dalla C.T.R. della Sicilia, sez. 21, all’udienza dell’11/01/2016), la posizione relativa alla società, avente ad oggetto l’impugnazione, da parte della stessa, dell’avviso di accertamento inerente IVA ed IRAP dovute per il 2002, è stata trattata distintamente (dalla C.T.P. di Enna, sez. 2, all’udienza del 17/10/2011, come si evince dalla sentenza, e dalla C.T.R. della Sicilia, Sez. 21, all’udienza del 25/01/2016), rispetto a quelle dei due soci ed all’impugnazione dell’atto impositivo inerente le sanzioni.

Stante pertanto l’assenza di un “simultaneus processus” nei gradi di merito, posto che la causa riguardante la pretesa azionata, per IVA ed IRAP, nei confronti della società, è stata decisa in primo grado ed in appello in udienze diverse rispetto a quelle relative all’amministratore, ai soci, alla società, quanto all’atto di contestazione di sanzioni, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio, con rinvio alla C.T.P. di Enna.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, va cassata la sentenza impugnata con declaratoria della nullità dell’intero giudizio e rinvio alla C.T.P. di Enna in diversa composizione, per nuovo esame a contraddittorio integro con gli altri soci e la società. Sussistono giusti motivi, considerato lo sviluppo processuale della vicenda, per disporre la compensazione delle spese processuali dell’intero giudizio.

PQM

 

La Corte in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e dichiara la nullità dell’intero giudizio, con rinvio alla Commissione Tributaria Provinciale d Enna per nuovo esame a contraddittorio integro con soci e società; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

Così deciso, in Roma, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017

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