Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15911 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. un., 08/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 08/06/2021), n.15911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25346/2017 proposto da:

B.J., T.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

GRAZIANI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAURA

BORGNA;

– ricorrenti –

contro

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE E RISCOSSIONE, quale successore di

Equitalia Servizi di riscossione s.p.a.), in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 661/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/03/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2021 dal Consigliere LUCIO NAPOLITANO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

ALESSANDRO PEPE, il quale chiede che la Corte, a sezioni unite,

affermi i principi di diritto di cui in motivazione e, qualora

decida nel merito, respinga il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I coniugi T.R. e B.J., a seguito di declaratoria di difetto di giurisdizione resa dall’adita Commissione tributaria provinciale di Novara, chiesero, con atto di citazione in riassunzione notificato il 12 aprile 2012, che il Tribunale di Novara dichiarasse l’inefficacia dell’iscrizione d’ipoteca effettuata, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 77, da Equitalia Sestri S.p.A. nei confronti di T.R. in data 30 ottobre 2008, a garanzia del credito portato dalla cartella di pagamento n. (OMISSIS), su beni facenti parte del fondo patrimoniale costituito dai coniugi con atto per notaio C. dell’11 aprile 1989, regolarmente annotato a margine dell’atto di matrimonio, con conseguente ordine al competente Conservatore di provvedere alla relativa cancellazione dell’iscrizione ipotecaria.

Nel contraddittorio con Equitalia Sestri S.p.A., che contestò l’avversa domanda, chiedendone il rigetto, il Tribunale di Novara accolse la domanda degli attori, condannando Equitalia Nord S.p.A., nelle more subentrata all’originaria convenuta, al pagamento delle spese di lite.

La sentenza di primo grado, a seguito di appello proposto da Equitalia Nord S.p.A., fu riformata dalla Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 661/2017, pubblicata il 21 marzo 2017 che, in accoglimento del secondo motivo di gravame proposto, ritenne che gli attori non avessero assolto l’onere probatorio su di loro incombente ex art. 170 c.c., relativo alla circostanza che il debito per cui si procedeva fosse stato contratto per scopi estranei ai bisogni familiari e che il creditore ne fosse a conoscenza.

Avverso detta pronuncia i coniugi T. – B. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, con atto notificato il 23 ottobre 2017 al difensore di Equitalia Nord S.p.A. per essa costituito nel giudizio a quo.

Resiste con controricorso, spedito per la notifica il 16 febbraio 2018, Agenzia delle entrate – Riscossione (di seguito, per brevità, AdER), quale successore ex lege di Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., quest’ultima, a sua volta, già incorporante Equitalia Nord S.p.A..

Dette problematiche furono riassunte in questi termini:

“a) se, entrata in vigore la riforma del settore di cui al D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1 dicembre 2016, n. 225, sia rituale l’instaurazione del contraddittorio per il giudizio di legittimità mediante notifica del ricorso al procuratore o difensore costituito per l’estinta società del gruppo Equitalia nel grado concluso con la sentenza impugnata, anzichè alla neoistituita Agenzia delle Entrate – Riscossione: e, in particolare, se debba applicarsi la regola generale, oppure l’eccezione, prevista da Cass. Sez. U. 04/07/2014, n. 15295 (seguita, quanto alla prima, dalla giurisprudenza successiva, tra cui, da ultimo, Cass. ord. 09/10/2018, n. 24845) e, così, se possa considerarsi validamente ultrattivo il mandato conferito al professionista, oppure se debba ritenersi, con l’estinzione di questo o per altra causa, malamente evocata in giudizio una parte non corrispondente a quella giusta, trattandosi di soggetto formalmente e notoriamente estinto;

b) se sia poi legittimo e su quali presupposti ed entro quali termini, viepiù ove ne vada confermata la qualificazione di successione a titolo particolare già data dalla giurisprudenza della sezione tributaria di questa Corte (nonostante la lettera del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 3, conv. con modif. in L. 225 del 2016: Cass. ord. 15/06/2018, n. 15869; Cass. ord. 09/11/2018, n. 28741; Cass. ord. 24/01/2019, n. 1992; Cass. ord. 15/04/2019, n. 10547), il dispiegamento di attività difensiva nel giudizio di legittimità ad opera della detta Agenzia – secondo le regole sul patrocinio in giudizio come precisate da Cass. Sez. U. 19/11/2019, n. 30008, che nella specie sono comunque rispettate – mediante notifica del ricorso alla singola società dante causa, agente della riscossione”.

A sua volta, con ordinanza interlocutoria n. 17710, depositata il 25 agosto 2020, il succitato collegio ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di questione ritenuta di massima di particolare importanza.

Fu osservato, in particolare, nell’ordinanza da ultimo citata, che le problematiche già evidenziate nella prima ordinanza interlocutoria, come sopra riportate, apparissero strettamente connesse a questioni già scrutinate dalle Sezioni Unite, in tema di ultrattività del mandato alle liti (di cui a Cass. S.U. 4 luglio 2014, n. 15295) e degli eventuali limiti di operatività a detto principio, anche alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale successiva (tra cui, in primis, Cass. S.U. ord. int. 30 gennaio 2020, n. 2087); ovvero riguardassero questioni d’interesse generale, come la qualificazione di AdER in termini di successore a titolo universale o particolare delle società del gruppo Equitalia; o, ancora, fossero attinenti a questioni, come l’ammissibilità e gli eventuali limiti di ammissibilità dell’intervento di terzi nel giudizio di cassazione, su cui la giurisprudenza di legittimità non sempre ha registrato soluzioni uniformi.

Disposta quindi dal Primo Presidente l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite, in prossimità dell’udienza il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Alessandro Pepe, ha reso conclusioni scritte, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le quali ha chiesto confermarsi i principi già espressi dalle Sezioni Unite riguardo all’inoperatività del principio di ultrattività del mandato, già conferito al difensore nel giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di ricorso per cassazione, nel caso della successione, automatica ed ex lege, di AdER alle società estinte del gruppo Equitalia; all’invalidità, in termini di nullità, della notifica del ricorso per cassazione, eseguita a norma dell’art. 330 c.p.c., comma 1, ad AdER presso il difensore di Equitalia, già costituito nel precedente grado di giudizio; alla sanatoria, con efficacia ex tunc, di detto vizio in caso di svolgimento di attività difensiva nel giudizio, anche di legittimità, del successore AdER, o, in mancanza, a seguito di ordine di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., senza, peraltro, che detta rinnovazione debba disporsi presso l’Avvocatura Generale dello Stato; infine chiedendo rimettersi la decisione sui motivi di ricorso alla sezione semplice o, in caso di decisione sui medesimi da parte delle Sezioni Unite, respingersi il ricorso.

Non essendo stata fatta, secondo la succitata norma, nel termine ivi previsto, richiesta di discussione orale, la causa è stata decisa all’odierna camera di consiglio delle Sezioni Unite, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, come convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. Le posizioni delle parti sul merito della controversia.

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello fondato la propria decisione sulla presunzione che ogni esercizio di attività d’impresa verrebbe ad essere per ciò stesso intrapreso e svolto per esigenze di tutela della famiglia e per avere posto a carico del debitore un onere probatorio in palese violazione dei principi che regolano la distribuzione dell’onere della prova, che avrebbe dovuto comportarne l’assunzione a carico del creditore.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che l’interpretazione dell’art. 170 c.c., offerta dalla Corte d’appello, in relazione al riparto dell’onere probatorio, oggetto di censura con il primo motivo di ricorso, comporta che si pervenga a conseguenze diverse da quelle previste dalla norma stessa, ciò determinando a sua volta la violazione dell’art. 12 preleggi.

II. Le questioni di cui all’ordinanza interlocutoria n. 17710/20.

a) Il quadro normativo e convenzionale di riferimento.

3. Vanno preliminarmente esaminate le questioni, come innanzi riportate, poste dall’ordinanza interlocutoria n. 17710/20, a seguito della quale è stata disposta l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite.

3.1. Delle medesime, in effetti, le Sezioni Unite hanno già avuto modo di occuparsi, in larga parte, direttamente o indirettamente, in precedenti arresti (oltre alla già citata Cass., S.U., ord. int. n. 2087/20, si vedano la coeva Cass., S.U., ord. int. 30 gennaio 2020, n. 2088, ed infine, Cass., S.U., 23 febbraio 2021, n. 4845), sicchè in questa sede si cercherà, per un verso, di offrire una ricostruzione sistematica, nel quadro normativo di riferimento, dei principi già espressi, per giungere ad assicurare ulteriore continuità agli approdi interpretativi di cui all’ultima citata pronuncia; per l’altro, di approfondire questioni espressamente lasciate, a suo tempo, impregiudicate dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U., 19 novembre 2019, n. 30008, par. 32, in motivazione), come la natura della successione di Agenzia delle Entrate – Riscossione alle società del gruppo Equitalia, in quanto esulanti dall’ambito delle tematiche a suo tempo ivi devolute, che, proprio nel sopravvenuto contesto di riferimento determinato dalle citate pronunce del 2020 e 2021, richiede da parte di queste Sezioni Unite un ulteriore intervento chiarificatore, come del resto espressamente sollecitato su tale questione, come ritenuta di massima di particolare importanza, dalla summenzionata ordinanza interlocutoria n. 17710/20.

Detta esigenza si pone, specificamente, riguardo alla verifica della tenuta o meno, dell’affermata, da parte dalla giurisprudenza consolidata delle sezioni semplici della Corte in materia, natura a titolo particolare della successione di Agenzia delle Entrate Riscossione alle società del gruppo Equitalia, con i principi già espressi da queste Sezioni Unite in punto d’identificazione della “giusta parte del processo”, riguardo ai limiti al principio di ultrattività del mandato alle liti.

3.2. Pare utile, in ogni caso, premettere la ricostruzione del quadro normativo e convenzionale di riferimento, analogamente a quanto già delineato da queste Sezioni Unite nella citata sentenza n. 30008/19.

Il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, quale convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, recante la rubrica “Disposizioni in materia di soppressione di Equitalia e di patrocinio dell’Avvocatura dello Stato”, al comma 1, per quanto di qui di interesse, stabilisce che “(a) decorrere dal 1 luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte, a esclusione della società di cui alla lettera b) del comma 11”, cioè Equitalia Giustizia S.p.A., “che svolge funzioni diverse dalla riscossione. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione (…)”.

Il comma 2 del succitato art. 1 prevede che “(d)alla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, è attribuito all’Agenzia delle entrate di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 62, ed è svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3”.

Quest’ultimo stabilisce che “(a)l fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è istituito, a far data dal 1 luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato “Agenzia delle entrate-Riscossione”, ente strumentale dell’Agenzia delle entrate sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. L’ente può anche svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi della L. 31 dicembre 2009, n. 196, art. 1, comma 3, con esclusione delle società di riscossione, e, fermo restando quanto previsto dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17, commi 3 bis e 3 ter, delle società da esse partecipate. L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Sono organi dell’ente il presidente, il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra i magistrati della Corte dei conti”.

Il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 9, quale convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225/2016, prevede che “(t)enuto conto della specificità delle funzioni proprie della riscossione fiscale e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, per assicurarle senza soluzione di continuità, a decorrere dalla data di cui al comma 1 il personale delle società del Gruppo Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato e determinato, fino a scadenza, in servizio alla data di entrata in vigore del (…) decreto, senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data del trasferimento, è trasferito all’ente pubblico economico di cui al comma 3, ferma restando la ricognizione delle competenze possedute, ai fini di una collocazione organizzativa coerente e funzionale alle esigenze dello stesso ente. A tale personale si applica l’art. 2112 c.c.”.

Ai sensi dell’art. 1, precedente comma 8, del citato decreto, per quanto qui d’interesse, “N’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2”.

Tra le norme richiamate dal D.L. n. 193 del 2016, succitato art. 1, comma 8, quale convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, conviene, per quanto qui rileva, riportare il contenuto delle seguenti disposizioni.

L’art. 43, del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, recita:

“L’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto.

Le disposizioni e i provvedimenti anzidetti debbono essere promossi di concerto coi Ministri per la grazia e giustizia e per le finanze.

Qualora sia intervenuta l’autorizzazione, di cui al comma 1, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni.

Salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza.

Le disposizioni di cui ai precedenti commi sono estese agli enti regionali, previa deliberazione degli organi competenti”.

Il comma 5 del medesimo art. 1, al quarto periodo, dispone che “(i)I comitato di gestione” di AdER “su proposta del presidente, delibera le modifiche allo statuto e gli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione ed il funzionamento dell’ente, bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese che impegnano il bilancio dell’ente per importi superiori al limite fissato dallo statuto”.

Il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 4, recita: “L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”.

Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2, come modificato dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. d), prevede: “L’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, nonchè dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato”.

Il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 8, come convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, laddove richiama il succitato R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, è stato quindi oggetto di interpretazione autentica ad opera del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4 novies, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, il quale recita: “Il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, si interpreta nel senso che la disposizione dell’art. 43, comma 4, del testo unico di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate – Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio”.

Tra le fonti di natura convenzionale va in primo luogo menzionato il protocollo d’intesa del 22 giugno 2017 tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle entrate – Riscossione, che, in particolare, per quanto qui d’interesse, al paragrafo 3.4., disciplina il contenzioso afferente l’attività di riscossione, stabilendo che (par. 3.4.1.):

“L’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nei seguenti casi:

– azioni risarcitorie (con esclusione di quelle radicate innanzi al Giudice di Pace anche in fase di appello);

– azioni revocatorie, di simulazione e ogni altra azione ordinaria a tutela dei crediti affidati in riscossione;

– altre liti innanzi al Tribunale Civile e alla Corte di Appello Civile, nelle ipotesi in cui sia parte anche un ente difeso dall’Avvocatura dello Stato;

– liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria”.

Va altresì ricordato il par. 3.2. del succitato protocollo d’intesa, che, riguardo a controversie rilevanti, stabilisce che “(l’Avvocatura, sentito l’Ente, assicura il patrocinio, anche innanzi alle Magistrature Superiori, nelle controversie in cui vengono in rilievo questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico o dei principi di diritto in discussione”.

Infine, in tema di controllo e patrocinio legale, vanno ricordati l’art. 4 del Regolamento di amministrazione dell’ente, deliberato dal Comitato di Gestione il 26 marzo 2018 ed approvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 19 maggio 2018, ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 60, e la successiva deliberazione del Comitato di Gestione dell’ente del 17 dicembre 2018, di conferma, a quella data, della validità degli incarichi conferiti a professionisti del libero foro, dalla data di costituzione dell’ente (1 luglio 2017), a quella di assunzione della delibera, sulla base dei criteri di cui al regolamento bando di AdER approvato con delibera n. 1158 del 9 novembre 2016.

b) L’eccezione alla regola dell’ultrattività del mandato

alle liti.

4. Nel quadro normativo di riferimento sopra delineato va assicurata, in primo luogo, continuità, al principio di diritto espresso da queste Sezioni Unite nella succitata ord. int. n. 2087/20, nella parte in cui viene affermato che “(i)n tema di giudizio di legittimità, l’ultrattività del mandato in origine conferito al difensore dell’agente della riscossione, nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso avverso la sentenza pronunciata nei confronti dell’agente della riscossione originariamente parte in causa, poichè la cessazione di questo e l’automatico subentro del successore sono disposti da una norma di legge, quale il D.L. n. 193 del 2016”, di seguito ribadito dalla citata Cass., SU, n. 4845/21.

5. Già, infatti, queste Sezioni Unite (cfr. Cass., S.U., 4 luglio 2014, n. 15295) nel precisare le condizioni ed i limiti in presenza dei quali possa trovare applicazione la regola dell’ultrattività del mandato alle liti in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti (in senso conforme, si vedano, tra le molte, Cass. sez. 5, 23 novembre 2018, n. 30341; Cass. sez. lav. ord. 9 ottobre 2018, n. 24845), chiarirono che si pongono in termini di eccezione alla regola dell’ultrattività del mandato alle liti l’evenienza della certezza dell’evento successorio e l’incontrovertibilità della sua conoscibilità alla controparte.

5.1. Non vi è dubbio che, nel caso di specie, detti elementi ricorrano entrambi, essendo state (salvo, come si è visto, Equitalia Giustizia S.p.A.), le società del gruppo Equitalia – già fuse per incorporazione, con atto del 17 giugno 2016, con effetti giuridici dal primo luglio 2016 in Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. – sciolte con decorrenza dal primo luglio 2017, per effetto di disposizione di legge, il succitato D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 1, (pubblicato in G.U. 24 ottobre 2016, n. 249), convertito, con modificazioni, nella L. n. 225 del 2016, che ha altresì stabilito che le stesse fossero cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che fosse esperita alcuna procedura di liquidazione.

c) La natura della successione di Agenzia delle entrate Riscossione alle società del gruppo Equitalia.

6. Anche alla luce delle ultime succitate pronunce rese in materia da queste Sezioni Unite riguardo all’inapplicabilità, nella fattispecie in esame, della regola dell’ultrattività del mandato, si ritiene che vada parzialmente rimeditato, nelle premesse, non già, per quanto di seguito esposto (si veda infra, par. 8 -9.3), sul piano degli effetti conseguenti, l’orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte in plurime pronunce rese dalle sezioni semplici (tra le molte, si vedano Cass. sez. 5, 23 aprile 2020, n. 8084; Cass. sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33738; Cass. sez. 1, ord. 17 maggio 2019, n. 13393; Cass. sez. 3, 15 maggio 2019, n. 12879; Cass. sez. 6-5, ord. 15 aprile 2019, n. 10547; Cass. sez. 5, ord. 24 gennaio 2019, n. 1992; Cass. sez. 5, ord. 9 novembre 2018, n. 28741; Cass. sez. 5, ord. 15 giugno 2018, n. 15689), ove si è affermato il principio in virtù del quale “In tema di riscossione dei tributi, per effetto della cancellazione d’ufficio delle società del gruppo Equitalia dal registro delle imprese, a decorrere dalla data del 1 luglio 2017, in virtù del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 1, conv. nella L. n. 225 del 2016, la successione a titolo universale, prevista dal comma 3 di tale disposizione, in favore dell’Agenzia delle Entrate-riscossione, non costituisce successione nel processo ai sensi dell’art. 110 c.p.c., bensì successione nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 c.p.c., poichè, in ragione del “venir meno” della parte, è stato individuato sul piano normativo il soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuite alla stessa, sicchè i giudizi pendenti proseguono, con il subentro del successore, senza necessità di interruzione”.

6.2. Tale orientamento, per quanto sotteso all’esigenza di garantire – escludendo che possa trovare in essi applicazione l’istituto dell’interruzione – una maggiore stabilità ai processi pendenti a quella data, incontra il limite della definizione normativa, che descrive, indubbiamente, un fenomeno tendenzialmente riferibile ad una successione in universum ius, nell’ambito della quale confluiscono, quindi, anche i rapporti processuali pendenti.

6.3. Nè pare che alla diversa soluzione cui sono pervenute le succitate pronunce possa offrire valido supporto il richiamo a pregresse vicende – come l’istituzione della stessa Agenzia delle entrate ed alla giurisprudenza in tale contesto formatasi, dove, a fronte dell’istituzione del nuovo soggetto dotato di personalità giuridica, non si verificava l’estinzione dell’ente, il Ministero delle Finanze, che era già parte dei giudizi pendenti – inquadrata da queste Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U. 14 febbraio 2006, n. 3116 e successiva giurisprudenza conforme), come fattispecie di successione a titolo particolare nel diritto controverso, al pari, ancora, ad esempio della stessa successione di Equitalia S.p.A. (già Riscossione S.p.A.) e delle società che ne hanno poi costituito articolazioni territoriali, alle anteriori, rispetto al sistema delineato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, concessionarie del servizio di riscossione (cfr. Cass. sez. 5, 28 marzo 2014, n. 7138), avendo nel contempo la Regione Sicilia mantenuto una propria autonomia, ivi operando Riscossione Sicilia S.p.A., già Serit S.p.A..

6.4. In effetti queste Sezioni Unite, sebbene con riferimento a fattispecie differenti di successione tra enti, hanno affermato che “in tema di successione nel processo, qualora il trasferimento del rapporto controverso da un ente all’altro avvenga in corso di causa, qualunque ne sia la ragione, si verifica successione nel diritto stesso non già a titolo universale ex art. 110 c.p.c., bensì a titolo particolare secondo la disciplina dell’art. 111 dello stesso codice sempre che l’ente trasferente non si estingua per soppressione o altra causa -, con la conseguenza che quest’ultimo ente conserva la qualità di parte nei giudizi pendenti e rimane titolare dell’interesse alla proposizione dei mezzi d’impugnazione” (Cass. S.U. 31 ottobre 2018, n. 27754; Cass., S.U., 26 agosto 2019, n. 21690), dove dunque, affinchè possa correttamente farsi riferimento alla disciplina dell’art. 111 c.p.c., condicio sine qua non, evidenziata nell’inciso di cui sopra, è che non si sia verificata l’estinzione dell’ente trasferente per soppressione o altra causa.

6.5. Nella fattispecie invece qui in esame, come d’altronde ritenuto dalla prevalente dottrina, che ha avuto modo di analizzare il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, convertito con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, l’estinzione ex lege di tutte le società del gruppo Equitalia esercenti l’attività di riscossione, ha determinato un fenomeno equiparabile alla “morte” di Equitalia, ciò che dovrebbe condurre a ritenere applicabile l’art. 110 c.p.c. (Successione nel processo), per effetto del quale “(q)uando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto”, alla stregua della tradizionale equiparazione, sul piano degli effetti, dell’evento morte, riferibile alla persona fisica, all’estinzione della persona giuridica.

6.6. Tale affermazione, che, a sua volta, porterebbe ad affermare, secondo la richiamata dottrina, l’applicabilità, ricorrendone i rispettivi presupposti, delle norme di cui agli artt. 299 e 300 c.p.c., in tema d’interruzione del processo – dovendo ulteriormente, quindi, approfondirsi, se, verificatosi l’evento nei riguardi della parte già costituita a mezzo di procuratore, l’interruzione operi automaticamente alla data dell’evento (primo luglio 2017, o richieda invece la dichiarazione in udienza del procuratore costituito, ovvero la notifica, ex art. 170 c.p.c., alle altre parti, richiede, tuttavia, per poter essere condivisa, un’ulteriore verifica su di un duplice piano: a) quello relativo all’applicabilità tout court dell’art. 110 c.p.c.; b) quello concernente la sussistenza o meno dei presupposti relativi alla ratio giustificatrice delle disposizioni in tema d’interruzione del processo.

Segue: Il subentro di Agenzia delle entrate – Riscossione alle soppresse società del gruppo Equitalia come successione tra enti pubblici.

7. In ordine al primo profilo, è necessario premettere come la successione di Agenzia delle entrate – Riscossione alle società del gruppo Equitalia, già incorporate per fusione in Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., debba qualificarsi come successione tra enti pubblici.

Invero, sebbene Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. fosse strutturata come società per azioni, avuto riguardo al fine istituzionale dell’ente, la riscossione coattiva su tutto il territorio nazionale, era già, in modo condivisibile, sottolineato in dottrina che Equitalia fosse soggetta ad una disciplina in deroga a quella comune secondo le norme del diritto privato, proprio in forza dello stretto legame di strumentalità intercorrente con l’Amministrazione finanziaria.

Il dettato del succitato D.L. n. 193 del 2016, art. 1, attribuisce a detta affermazione, in relazione all’ente di nuova istituzione, espressa base normativa. Nello stabilire, infatti, al comma 1, lo scioglimento, dalla data del primo luglio 2017, delle società del gruppo Equitalia, con cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese, senza il previo esperimento di alcuna procedura di liquidazione, ha quindi, al successivo comma 2, attribuito, con decorrenza dalla stessa data, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale all’Agenzia delle entrate, demandandone lo svolgimento all’ente di nuova istituzione Agenzia delle entrate-Riscossione, qualificato ente pubblico economico, strumentale dell’Agenzia delle entrate.

7.1. Se, dunque, detta successione riguarda una successione tra enti pubblici, va ribadito quanto a suo tempo espresso, in motivazione, da queste Sezioni Unite, in un’ormai risalente pronuncia (Cass., SU, 24 luglio 1958, n. 2689), secondo cui “in tema di successione tra enti pubblici non vige un principio generale che regoli, ex se, il fenomeno successorio come successione a titolo universale; ma (…) nella carenza di norme in via generale regolatrici della particolare materia, non vige neppure il principio inverso, posto invece per le persone giuridiche private, secondo il quale, in caso di estinzione, il trasferimento dei beni di regola avviene, dopo liquidazione, a titolo particolare e limitatamente ai beni residui”, potendo altresì “su tali direttrici affermarsi che, quante volte si sia in presenza del permanere degli scopi dell’ente pubblico soppresso in capo ad altro ente e risultino anche attuati il passaggio, sia pure parziale delle strutture, funzionalmente intese, e quello del complesso delle posizioni giuridiche già in testa all’ente soppresso, ivi si è pure in presenza di un fenomeno di successione in universum ius da uno ad altro ente”.

Nella fattispecie della successione di Agenzia delle entrate-Riscossione alle società del gruppo Equitalia, incaricate della riscossione sul territorio nazionale, già incorporate per fusione nella soppressa Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., due sono le norme essenziali regolatrici per mezzo delle quali il nuovo ente istituito subentra a quello soppresso senza l’esperimento di alcuna procedura di liquidazione, quella di cui al summenzionato comma 3 del suddetto art. 1, dove è previsto che l’ente pubblico economico denominato Agenzia delle entrate – Riscossione, istituito con decorrenza dalla stessa data del primo luglio 2017 “(a)I fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione”, “subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II e al titolo II, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602”. L’altra, quella dell’ugualmente sopra trascritto comma 9, del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, in esame, secondo cui, per quanto qui rileva, tenuto conto della specificità delle funzioni proprie della riscossione fiscale e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, per assicurarle senza soluzione di continuità, a decorrere dalla stessa data del primo luglio 2017, il personale delle società del gruppo Equitalia, senza soluzione di continuità, e con la garanzia della conservazione della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data del trasferimento, è trasferito all’ente pubblico economico di nuova istituzione.

7.2. Ciò induce a ritenere che la specifica disciplina del subentro ex lege del nuovo ente pubblico economico, espressamente qualificata dal D.L. n. 193 del 2016, art. 1, citato comma 3, “a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali”, alle cessate società del gruppo Equitalia, con l’assunzione, da parte del nuovo ente, della qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, descriva, pur nel quadro della riconduzione della fattispecie estintiva delle società del gruppo Equitalia ad una successione in universum ius, piuttosto il trasferimento tra enti pubblici, senza soluzione di continuità, del munus publicum riferito all’attività della riscossione, essenziale per il soddisfacimento delle esigenze della collettività, nell’ambito di un assetto organizzativo ritenuto più razionale, volto al perseguimento dei principi di efficienza e di efficacia, oltre che d’imparzialità, nell’ottica di una leale collaborazione con il contribuente, cui deve essere ispirata, secondo l’art. 97 Cost., l’azione della pubblica amministrazione. Successione nel munus che la giurisprudenza amministrativa descrive come fenomeno di natura pubblicistica, che si concretizza nel passaggio di attribuzioni tra amministrazioni pubbliche, con trasferimento sia della titolarità delle strutture burocratiche, sia dei rapporti attivi e passivi pendenti, contraddistinta da una stretta linea di continuità tra l’ente che si estingue e l’ente che subentra, senza, quindi, maturazione dei presupposti per aversi evento interruttivo ai sensi del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 79, comma 2, (cod. proc. amm.), che rinvia alla disciplina dell’interruzione del processo, secondo le norme del codice di procedura civile (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. 5, 12 maggio 2015, n. 2354, in fattispecie riguardante il subentro della città metropolitana alla Provincia di Bologna; Cons. Stato, sez. 6, ord. 11 settembre 2014, n. 4630; Cons. Stato sez. 6, 3 luglio 2014, 3369, relativamente alla successione dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) all’Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti della Pubblica Amministrazione (INPDAP); TAR Lazio, sez. 3, 28 ottobre 2014, n. 10779, in fattispecie relativa al subentro dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) all’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici (AVCP).

7.3. Ciò consente di affermare che la continuità sostanziale nell’esercizio, appunto, ininterrotto, della medesima attività di riscossione, già svolta dalle estinte società del gruppo Equitalia, da parte del nuovo ente pubblico economico, Agenzia delle entrate Riscossione, strumentale di Agenzia delle entrate, si riverberi anche sul piano processuale, senza dunque che il fenomeno legato al trasferimento del munus publicum comporti la necessità d’interruzione del processo in relazione a quanto disposto dagli artt. 299 e 300 c.p.c..

Segue: L’insussistenza, nella fattispecie, della ratio fondante la disciplina dell’interruzione del processo.

8. Non ignora la Corte che, in relazione a pregresse vicende relative ad ipotesi di successione ex lege tra enti pubblici, nell’esame di diverse fattispecie, qualificate come successioni in universum essa sia giunta a conclusioni differenti, in tema di ritenuta applicabilità delle norme in materia d’interruzione del processo.

Senza alcuna pretesa di esaustività ed a mero titolo esemplificativo, possono ricordarsi:

Cass., SU, 22 novembre 1996, n. 10328, in fattispecie relativa al subentro, D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 479, ex art. 4, dell’INPDAP all’Istituto Nazionale per l’Assistenza dei Dipendenti degli Enti Locali (INADEL), cui ha fatto seguito la costante giurisprudenza della sezione lavoro;

Cass., sez. lav., 7 agosto 1998, n. 7765, riguardante il subentro dell’INPS al soppresso Servizio Contributi Agricoli Unificati (SCAU);

Cass., sez. lav., 25 marzo 1999, n. 2846, relativamente a fattispecie inerente al subentro dell’ente pubblico di nuova istituzione, di seguito poi a. sua volta soppresso, Istituto di previdenza per il Settore Marittimo (IPSEMA), alle soppresse Casse Marittime, ai sensi del citato D.Lgs. n. 479 del 1994, art. 2;

Cass. sez. 1, 13 marzo 2013, n. 6208, relativa alla soppressione, ai sensi della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, con il trasferimento delle relative funzioni all’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia;

Cass., sez. 6-3, ord. 3 settembre 2020, n. 18279, che, in fattispecie riguardante la successione dell’INPS all’Ente Nazionale di Assistenza Magistrale (ENAM) attraverso il già avvenuto subentro dell’INPDAP all’ENAM, ha affermato che “(I)a soppressione di un ente pubblico, anche per incorporazione in altro, equivale ad estinzione ed è causa di interruzione del processi”.

8.1. Occorre, preliminarmente, osservare come

tradizionalmente si ritiene che la problematica dell’interruzione del processo esuli da talune tipologie di giudizi.

8.2. Richiamata la costante giurisprudenza della Corte (cfr., Cass., sez. 3, 10 novembre 2008, n. 26897; Cass., sez. 3, 13 giugno 1994, n. 5721; Cass., sez. 3, 24 luglio 1969, n. 2807), in punto d’inoperatività della disciplina in tema d’interruzione del processo nelle procedure di esecuzione forzata, ancora va ribadito l’indirizzo costante che esclude che l’interruzione del processo riguardi il giudizio di cassazione, trattandosi di procedimento dominato dall’impulso d’ufficio (cfr., più di recente, Cass., sez. 1, 12 febbraio 2021, n. 3630; in senso conforme si vedano anche Cass., sez. lav., 22 maggio 2014, n. 11382; Cass., sez. lav., 6 giugno 1994, n. 5458), trovando, in ogni caso, in pendenza del termine di proposizione dell’impugnazione, l’inoperatività del principio dell’ultrattività del mandato, fondamento nella necessità, per chi debba proporre l’impugnazione, di munirsi di procura speciale, ex art. 365, c.p.c..

9. Ciò premesso, in relazione ai giudizi per i quali può assumere rilievo la problematica dell’applicabilità o meno delle norme del codice di rito, riguardanti l’interruzione nelle ipotesi tendenzialmente riconducibile alla successione in universum ius tra enti pubblici, va rilevato come il principio espresso dalla citata Cass., ord., n. 18279/20, nella massima sopra riportata, nella sua portata di carattere generale, non sia consonante con la necessità, già posta in risalto da queste Sezioni Unite (cfr. Cass., SU, n. 2689/1958, cit.), in assenza di un principio di carattere generale che regoli la successione tra enti pubblici, dell’indagine sulla specifica disciplina in forza della quale detta successione sia stata attuata.

Laddove poi ci si dovesse soffermare più in dettaglio sulla diversità delle fattispecie relative alle pronunce sopra richiamate, potrebbe verificarsi come, anche in relazione alle ipotesi più direttamente assimilabili alla presente fattispecie, per le quali si è, in passato, affermata la necessità, comunque, in relazione all’affermata natura di successione in universum ius, (si veda, in proposito, la citata Cass., SU, n. 10328/1996), nella ricorrenza dei relativi presupposti, dell’interruzione del giudizio, l’enunciato, condiviso, principio della non applicabilità della regola dell’ultrattività del mandato, debba trovare, piuttosto, la propria ragione giustificativa non in relazione all’applicabilità delle norme in tema d’interruzione del processo, ma nel diverso principio dell’individuazione della giusta parte da evocare nel processo, alla stregua degli oneri di diligenza gravanti sulla controparte.

9.1. Ribadito quanto sopra osservato, circa la riconducibilità del subentro di AdER, senza soluzione di continuità, alle estinte, senza previa liquidazione, società del gruppo Equitalia, nell’esercizio dell’attività di riscossione, al trasferimento del relativo munus publicum, può ulteriormente rilevarsi come, nella fattispecie in esame, non sia ravvisabile quell’esigenza di tutela dell’effettività del contraddittorio, che è alla base della disciplina in tema d’interruzione del processo, di cui all’art. 299 c.p.c. e ss., cioè quella di consentire alla parte colpita dall’evento interruttivo di difendersi senza pregiudizio, utilizzando tutti i poteri e le facoltà che la legge le riconosce, come chiarito dalla Corte costituzionale (si vedano Corte Cost., 27 gennaio 2010, n. 17; Corte Cost., 18 marzo 2005, n. 109).

9.2. Invero – qui pare davvero cogliersi la vicenda successoria in esame come una sorta di quid unicum anche sul diverso, ma parallelo, tema della rappresentanza processuale del nuovo ente, già oggetto di esame da parte di queste Sezioni Unite con la citata Cass. n. 30008/19 – il nuovo ente pubblico economico è stato posto, sin dalla propria costituzione (si veda anche infra, par. 10.3), in condizione di svolgere, anche in relazione ai giudizi pendenti, le proprie difese, secondo quanto stabilito dalla norma primaria di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 8, sopra citato, cui hanno fatto seguito, per quanto qui d’interesse, l’art. 4 del regolamento di amministrazione deliberato dal Comitato di Gestione di AdER del 26 marzo 2018, approvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 19 maggio 2018, ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 60, che, in particolare, al comma 3, ha stabilito che l’ente possa, oltre che del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, continuare ad avvalersi, in via residuale, di avvocati del libero foro, ed il verbale di adunanza e deliberazione del Comitato di Gestione del 17 dicembre 2018, laddove, al punto 5.3, si assume la delibera di confermare la piena validità degli incarichi conferiti a professionisti del libero foro, dalla data di costituzione dell’ente, cioè dal primo luglio 2017, alla data di assunzione della delibera medesima.

9.3. In tale contesto, anche in relazione al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ove si ritenessero comunque applicabili le norme del codice di procedura civile in tema d’interruzione del processo, la conseguenza sarebbe quella di gravare oltre modo la parte avversa, il contribuente, degli oneri relativi alla riassunzione, senza che ciò sia essenziale alle finalità di realizzare il contraddittorio e, quindi, il giusto processo.

9.4. L’inapplicabilità, dunque, nella fattispecie in esame, del principio di ultrattività del mandato al difensore di Equitalia Nord S.p.A. già costituito nel giudizio di merito, in ragione dell’essere sopravvenuta l’istituzione del nuovo ente pubblico economico, operante, senza soluzione di continuità, nell’esercizio della medesima attività di riscossione, in pendenza del termine per proporre l’impugnazione avverso la sentenza di appello, si pone, pertanto, unicamente, in ragione dell’onere d’individuazione della giusta parte del processo (cfr. Cass., SU, 12 marzo 2013, n. 6070), alla stregua dell’onere di diligenza gravante sulla parte, stante la conoscibilità dell’evento, trattandosi di estinzione in virtù di norma di legge, oggetto di pubblicazione in G.U.

d) Natura dell’invalidità della notifica del ricorso per cassazione presso il difensore costituito nel giudizio di merito e sanatoria della stessa.

10. Affermata l’inapplicabilità alla fattispecie in esame del

principio di ultrattività del mandato alle liti conferito in origine nel giudizio di merito al difensore della società poi estinta, va ulteriormente prestata adesione a quanto già rilevato da queste Sezioni Unite nella succitata ord. n. 2087/20, nella parte in cui hanno affermato che “pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore “ex lege”, cioè l’Agenzia delle entrate – Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’agenzia stessa, vuoi a seguito della rinnovazione dell’atto introduttivo del giudizio, da ordinarsi, in caso di carenza di attività difensiva della parte intimata, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.”, ciò, secondo quanto già in quella sede osservato, nel solco dell’evoluzione in senso restrittivo della nozione d’inesistenza nella giurisprudenza di questa Corte a partire da Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916.

10.1. L’ultimo passaggio del principio di diritto affermato dalla citata Cass. S.U. ord. int. n. 2087/20, laddove si è ritenuto che, qualora la sanatoria del vizio di nullità della notifica non sia conseguita alla spontanea costituzione dell’agenzia stessa (come invece avvenuto, come si è visto, nel presente giudizio), debba procedersi alla rinnovazione, ex art. 291 c.p.c., del ricorso presso la competente avvocatura dello Stato, da identificarsi nell’Avvocatura generale in Roma, è già stato oggetto di rimeditazione da parte di queste Sezioni Unite nella pronuncia (Cass., S.U., 23 febbraio 2021, n. 4845), che, nel definire il medesimo giudizio, ne ha corretto il principio di diritto ivi enunciato nei seguenti termini: “in tema di giudizio di legittimità, la notifica del ricorso eseguita al successore ex lege dell’agente della riscossione già parte in causa, cioè alla sopravvenuta Agenzia delle Entrate – Riscossione, è invalida se eseguita al difensore nominato dal precedente agente della riscossione, perchè l’ultrattività del mandato in origine conferito a quest’ultimo prima dell’istituzione del nuovo Ente, così nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso, poichè la cessazione dell’originario agente della riscossione ed il subentro automatico del suo successore sono disposti da una norma di legge, quale il D.L. n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore ex lege, cioè l’Agenzia delle Entrate Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida, ma tale invalidità integra una nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’Agenzia, vuoi a seguito della rinnovazione di quella notificazione, da eseguirsi, ove non già avvenuta, all’Agenzia stessa nella sua sede o al suo indirizzo di posta elettronica certificata”.

10.2. A detto principio, così come riformulato da queste Sezioni Unite, va assicurata ulteriore continuità, ponendosi esso in coerente linea evolutiva con le argomentazioni già svolte da queste Sezioni Unite nella precedente citata sentenza n. 30008/19, laddove, quanto alla rappresentanza processuale sul lato attivo del nuovo ente Agenzia delle entrate – Riscossione, si è osservato che “non vi è alcun rapporto di regola ad eccezione tra avvalimento dell’avvocatura erariale e di avvocati del libero foro, ma semplicemente applicazione delle due facoltà in ragione della classificazione delle possibili evenienze” (pagg. 15-16, in motivazione), che comportano, per quanto qui rileva che, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle entrate – Riscossione si avvalga dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, del citato regio decreto, di avvocati del libero foro, nel rispetto degli D.Lgs. n. 50 del 2016, artt. 4 e 17, e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5, in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura dello Stato, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio”.

10.2.1. Ciò evidenzia come la rappresentanza in giudizio di AdER da parte dell’Avvocatura dello Stato – anche nei casi in cui quest’ultima ne debba assumere il patrocinio sulla base dell’intervenuta convenzione, tra i quali, come si è visto, i giudizi dinanzi alle sezioni civili della Corte di cassazione, ivi compresa la sezione tributaria – non è declinabile in termini di esclusività, ciò che vale anche per la rappresentanza dal lato passivo, stante il carattere peculiare di detto patrocinio rispetto alle ordinarie ipotesi di patrocinio c.d. autorizzato R.D. n. 1611 del 1933, ex art. 43, comma 4, sicchè pare doversi escludere che possa trovare applicazione nella fattispecie l’art. 11, del medesimo regio decreto, che è riferito ai casi di patrocinio obbligatorio delle Amministrazioni dello Stato da parte dell’Avvocatura erariale.

10.2.2. Ne deriva che la sanatoria della nullità della notifica del ricorso per cassazione indirizzata al difensore già costituito nel giudizio di merito per la società estinta, dante causa di AdER, possa ritenersi conseguente alla rinnovazione ex art. 291 c.p.c. presso la sede legale di AdER, ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata.

10.3. Tale soluzione, come da ultimo affermata dalla citata Cass., S.U., n. 4845/21, oltre che porsi in linea di ulteriore, coerente sviluppo delle considerazioni già svolte nella citata Cass. S.U. n. 30008/19, nell’ambito del delineato quadro normativo e convenzionale di riferimento, è altresì consona ad assicurare, avuto riguardo all’ingente contenzioso in tema di riscossione, ineludibili esigenze di carattere organizzativo, che la stessa succitata convenzione di cui al protocollo d’intesa del 22 giugno 2017 tra Avvocatura dello Stato ed Agenzia delle entrate – Riscossione ha mostrato di tenere ben presenti nella parte in cui, proprio con riferimento alla gestione dei ricorsi per cassazione (par. 3.8), ha espressamente previsto specifici obblighi di cooperazione a carico dell’ente (si vedano, in particolare, per quanto qui rileva, i paragrafi 3.8.12. e 3.8.13), affinchè, laddove il ricorso sia notificato presso la sede centrale dell’ente, l’Avvocatura dello Stato sia posta in condizione di approntare tempestivamente le proprie difese, mediante la predisposizione del controricorso e dell’eventuale ricorso incidentale.

e) Rilievo della sanatoria conseguita alla spontanea “costituzione” di AdER riguardo alla notifica del controricorso.

11. Resta da esaminare l’incidenza dell’anzidetta sanatoria riguardo alla posizione processuale della controricorrente Agenzia delle entrate- Riscossione.

11.1. Va premesso che, nella fattispecie in esame, sebbene l’epìgrafe del controricorso non menzioni B.J., quest’ultima debba, al pari del coniuge T.R., con il quale è congiuntamente rappresentata in giudizio dai medesimi difensori, presso i quali il controricorso è stato notificato, intendersi anch’essa univocamente destinataria del controricorso, rilevandosi come a pag. 3 del controricorso (primo periodo), la stessa B. sia espressamente indicata insieme al coniuge quale parte ricorrente, dovendo pertanto configurarsi l’omissione in rubrica dell’indicazione della B. come mera irregolarità; ove mai, peraltro, detta omissione dovesse intendersi come nullità, essa risulterebbe in ogni caso sanata, ex art. 156 c.p.c., comma 3, dal conseguimento dello scopo, avendo depositato la stessa ricorrente B., in uno al coniuge, senza alcunchè rilevare in proposito, memoria dinanzi alla sesta sezione civile in replica all’avverso controricorso.

11.2. Ciò premesso, quanto sopra osservato in ordine alla decorrenza ex tunc, per parte ricorrente, della sanatoria della nullità della notifica del ricorso, per effetto della spontanea “costituzione” di AdER nel giudizio di legittimità, deve intendersi produrre analogo effetto riguardo a parte controricorrente che – a causa della nullità della notifica del ricorso per cassazione – non sia stata posta in condizione di osservare il termine di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1, per la notifica del controricorso (venti giorni dal deposito del ricorso, ovvero quaranta giorni dalla notifica del ricorso medesimo).

11.3. Affinchè possa operare una decadenza, il decorso del termine perentorio stabilito, appunto, a pena di decadenza, postula che la parte sia stata posta in grado di esercitare il relativo diritto potestativo, secondo le condizioni previste dalla legge.

11.4. Ne consegue che, stante la nullità della notifica del ricorso per cassazione avvenuta in data 23 ottobre 2017 alla società estinta presso i difensori costituiti nel giudizio di merito, nel notificare il proprio controricorso in data 16 -18 febbraio 2018, depositandolo nei successivi venti giorni, in tal modo sanando la nullità originaria riguardo all’instaurazione del contraddittorio nel giudizio di legittimità, in alcun modo l’Avvocatura dello Stato, che ha assunto il patrocinio di AdER nel giudizio di legittimità secondo la menzionata disciplina convenzionale, può ritenersi incorsa in decadenza ai fini della proposizione del controricorso, diversamente da quanto eccepito dai ricorrenti nella succitata memoria.

III. L’esame dei motivi di ricorso.

12. Può passarsi, infine, da parte di queste Sezioni Unite, all’esame dei motivi di ricorso proposti dai ricorrenti avverso la sentenza impugnata.

13. Essi, in quanto tra loro strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.

13.1. La Corte d’appello di Torino – disatteso il primo motivo d’appello dell’allora Equitalia Nord S.p.A. circa la dedotta non assoggettabilità dei beni compresi nel fondo patrimoniale ad iscrizione ipotecaria in ragione della natura cautelare della stessa, che, si assumeva, da parte dell’appellante, fosse tale da escludere a monte l’applicabilità dell’art. 170 c.c., relativo ai limiti perchè potesse farsi luogo all’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi – ha quindi ritenuto legittima tale iscrizione, contestata dai coniugi T. – B., perchè costituita a fronte di debiti contratti dal T. nell’esercizio della sua attività imprenditoriale, essendo egli titolare di ditta individuale esercente attività di autotrasporti.

13.2. Rilevato che il debito tributario di cui alla succitata cartella aveva come causale l’omesso versamento di contributi previdenziali dei dipendenti dell’impresa individuale del T., la Corte d’appello, nel richiamare l’ampia nozione di “bisogni della famiglia”, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche della famiglia, ha ritenuto legittima l’iscrizione ipotecaria sul presupposto che i coniugi, ai quali incombeva il relativo onere probatorio, non avevano offerto alcuna prova del fatto che il debito di cui alla cartella esattoriale fosse stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari e che il creditore procedente fosse a conoscenza di detta estraneità.

13.3. La Corte d’appello risulta avere, quindi, fatto corretta applicazione dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che – evidenziato che dette circostanze non possano ritenersi dimostrate, nè escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 23 novembre 2015, n. 23876) – ha quindi chiarito (cfr., più di recente, Cass. sez. 3, 23 agosto 2018, n. 20998, con specifico riferimento ad ipoteca iscritta D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 77; cfr. anche Cass. sez. 5, 28 maggio 2020, n. 10166), che “(i)n tema di riscossione coattiva, l’iscrizione ipotecaria di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicchè è legittima solo se l’obbligazione tributaria (…) sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, gravando in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa”.

13.4. Gli stessi ricorrenti hanno mostrato, nella memoria già depositata dinanzi alla sesta sezione civile, di avere chiari i principi di diritto sopra esposti da questa Corte in materia, che possono dirsi ormai consolidati, senza che peraltro il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza resa dalla Corte d’appello di Torino si sia fatto carico di esporre nuovi argomenti che potessero indurre la Corte a modificare il suddetto indirizzo interpretativo.

14. Dato atto altresì che i ricorrenti non hanno in alcun modo censurato la sentenza impugnata, nei limiti consentiti dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito in punto d’inosservanza da parte dei debitori opponenti dell’onere probatorio su di loro incombente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1), (cfr. Cass., SU, 21 marzo 2017, n. 7155; Cass., sez. 2, ord. 28 dicembre 2020, n. 29629).

15. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, anche con riferimento alla redazione del controricorso da parte della difesa erariale, alla stregua delle considerazioni svolte nel precedente par. 11, non potendo ritenersi inammissibile il controricorso per intervenuta decadenza e non potendo quindi trovare applicazione, nella fattispecie in esame, il principio, invocato dai ricorrenti, secondo il quale non può essere posto a carico del ricorrente soccombente il compenso professionale in relazione a controricorso inammissibile per tardività della notificazione (cfr., già, con riferimento ad onorario, Cass., sez. 3, 2 novembre 2010, n. 22269; Cass., sez. 1, 16 maggio 1962, n. 1094).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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