Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1591 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2021, (ud. 20/11/2020, dep. 26/01/2021), n.1591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10535/2013 R.G. proposto da:

D.C.D., elettivamente domiciliato in Roma, via della

Ferratella in Laterano n. 33, presso lo studio dell’avv. Aurora

Spaccatrosi, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Mifsud, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/12/12 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata in data 16 ottobre 2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 novembre

2020 dal Consigliere Dott. Fraulini Paolo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto l’impugnazione proposta da D.C.D. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), contenenti ripresa a tassazione di maggior reddito di impresa, accertato nei confronti della società di fatto Maxwell Jennifer, imputato al contribuente come socio al 50%, relativamente all’anno di imposta 2003.

2. Ha rilevato il giudice di appello che sussisteva in atti prova della generazione dei reddito imponibile da parte della società di fatto, cui erano state contestate operazioni inesistenti. Prove indicate nel verbale degli accertatori, richiamato per relationem dal processo verbale di constatazione, nell’accertata presenza di lavoratori nella sede sociale, nel riscontro di acquisti in esenzione fiscale dell’IVA intracomunitaria, nell’assenza di dichiarazioni fiscali, nell’assenza di sede legale e nell’esame delle operazioni bancarie.

3. Per la cassazione della citata sentenza D.C.D. ha proposto ricorso affidato a otto motivi, cui ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso lamenta:

a. “Primo mezzo: Violazione e/o errata e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e s.s. e degli artt. 342 e 343 c.p.c., sulla forma dell’appello – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver valutato l’appello inammissibile, siccome proposto in violazione delle prescrizioni del suo contenuto-forma come previste dalla normativa indicata come lesa, allorquando il gravame conteneva in effetti tutti i requisiti di validità previsti dalla citata legislazione.

b. “Secondo mezzo: Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; omessa pronuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, deducendo la nullità della sentenza per non aver pronunciato sulla questione concernente la nullità dell’avviso di accertamento per contraddittorietà della motivazione, come dedotto nel primo motivo dell’appello.

c. “Terzo mezzo: In via subordinata al primo mezzo: violazione e/o errata e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies e dei principi in tema di motivazione degli atti impositivi, in base ai quali è nullo per carenza assoluta di motivazione l’avviso di accertamento che indichi presupposti di fatto e ragioni giuridiche fra loro contrastanti (quali sono l’esistenza della ” D.C.D. E MAXWELL JENNIFER SOCIETA’ DI FATTO”, sostenuta nell’avviso di accertamento, ed il ruolo del sig. D.C.D. di “amministratore di fatto” della ditta individuale Maxwell Jennifer, asserito nel pvc, cui l’avviso di accertamento rinvia per relazionem) – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″.

d. “Quarto mezzo: carenza di motivazione della sentenza sul rigetto della domanda per vizio formale dell’avviso di accertamento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, deducendo la nullità della sentenza per carenza o apparenza di motivazione sul tema della motivazione dell’atto impositivo.

e. “Quinto mezzo: violazione e/o errata e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver omesso di rilevare la mancanza di qualsiasi prova sull’esistenza della società di fatto dedotta dall’Ufficio, della quale era onerata la parte pubblica.

f. “Sesto mezzo: violazione e/o errata e/o falsa applicazione degli artt. 2247 e s.s. c.c., degli artt. 2251 e s.s. c.c., dell’art. 2697 c.c., in tema di società di fatto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver affermato esistente la prova della società di fatto.

g. “Settimo mezzo: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver omesso di valutare i fatti storici ricostruiti nel pvc, dai quali emergeva l’impossibilità di configurare l’esistenza di una società di fatto al 50% tra il contribuente e la Maxwell.

h. “Ottavo mezzo: violazione e/o errata e/o falsa applicazione del TUIRD.P.R. n. 917 del 1986, art. 1 e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver valutato come elementi positivi di reddito non dichiarato gli importi delle fatture per operazioni inesistenti contestati alla società Maxwell.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’inammissibilità dell’avversa impugnazione, di cui chiede comunque il rigetto.

3. Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.

4. Il primo motivo è fondato. La CTR afferma, in esordio della parte motiva delle decisione, che l’appello del contribuente sarebbe inammissibile, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e degli artt. 342 e 343 c.p.c., in quanto riproponente le medesime censure contenute nel ricorso introduttivo e rigettate dai primi giudici. Tale affermazione si palesa, da un lato, apodittica, in quanto non spiega da quali concreti elementi sia stata tratta;

dall’altro, è smentita dalla trascrizionei motivi di appello contenuti nella censura in esame, dai quali si evince che le censure erano mosse alla decisione di primo grado e non contenevano affatto una pedissequa riproposizione dei motivi del ricorso introduttivo.

5. Tanto comporta la cassazione della sentenza sul punto, dovendosi dichiarare inammissibili tutti gli altri motivi di ricorso. Invero, una volta che il giudice abbia ritenuto di pronunciarsi su una questione preliminare, di rito, come di merito, si spoglia della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, quand’anche abbia poi accogliere svolto argomentazioni anche a tal proposito e quand’anche, come pure accaduto nella specie, il dispositivo non contenga una conseguente statuizione di carattere processuale (Cass. Sez. U. n. 15122 del 2013; Cass. n. 17004 del 2015; id. n. 30393 del 2017; id. n. 15399 del 2018). Infatti, per il principio di correlazione logica tra profili processuali e profili sostanziali della decisione, l’accoglimento di un profilo processuale, del tutto a prescindere dalla formula più o meno perentoria utilizzata nella motivazione, comporta l’automatica conseguenza della implicita declaratoria di inammissibilità dell’atto esaminato per tale ragione, con l’ulteriore conseguenza che tutte le considerazioni svolte nel merito della controversia vanno considerate come svolte ad abundantiam, prive di giuridica rilevanza e i relativi motivi debbono quindi essere giudicati in questa sede inammissibili e non già meramente assorbiti, in quanto rivolti contro una parte di decisione che non ha alcun effetto giuridicamente rilevante ai fini della giustificazione della decisone resa (Cass. Sez. U. n. 31024 del 2019).

6. La sentenza va dunque cassata e le parti rinviate innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà altresì a regolare le spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibili gli altri motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà altresì a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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